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Il commercio di pellicce nel mirino degli animalisti

Nel 2014 il commercio di pellicce in Svizzera ha raggiunto livelli che non si registravano più dagli anni '90. 13 Photo

Da alcuni anni sono di nuovo in crescita le importazioni di pellicce, di cui buona parte sarebbero prodotte in allevamenti con pessime condizioni di vita per gli animali. Considerando non sufficiente l’obbligo attuale di dichiarazione dell’origine dei prodotti, i difensori degli animali chiedono un divieto di importazione. 

Fa freddo a Berna in questa giornata invernale. Per le strade della città tutti i passanti sono vestiti con abiti caldi, ad eccezione di una donna. Indossa solo indumenti intimi, una sciarpa e stivali. E un cartello, sul quale sta scritto: “Preferisco girare (quasi) nuda piuttosto che portare una pelliccia”. 

La donna sta raccogliendo firme per una petizioneCollegamento esterno che chiede di vietare l’importazione di pellicce prodotte maltrattando gli animali. “Sta andando molto bene, tante persone sono favorevoli. Ho già raccolto così tante firme che dovrò cercare altri formulari”, dice Daniela a swissinfo.ch. Un attimo dopo, una donna con un cappotto di pelliccia le passa accanto, lanciandole uno sguardo cattivo. 

Secondo la petizione, promossa dal Partito svizzero degli animaliCollegamento esterno, la produzione commerciale di articoli di pellicceria è legata a “rilevanti sofferenze fisiche e psichiche degli animali”. In Svizzera, già da molti anni non esistono più allevamenti di animali da pelliccia industriale. Le pellicce provengono quindi soprattutto dall’estero e vengono prodotte “ignorando i principi centrali del diritto svizzero”. 

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“Le disposizioni svizzere sulla protezione degli animali vengono aggirate mediante l’importazione di articoli di pellicceria”, prosegue il testo. “Questi prodotti provengono per la maggior parte da allevamenti di animali maltrattati, con fino a 100’000 esemplari, oppure da sistemi di caccia avversi alla protezione degli animali (arnesi per uccidere le foche, tagliole, trappole con funi o a scatto per visoni e volpi), che in Svizzera violano l’articolo di legge sulla protezione degli animali”. 

La petizione, firmata finora da circa 7’000 persone, viene sostenuta da una dozzina di organizzazioni e da diversi rappresentanti politici, tra cui Andrea Geissbühler, deputata dell’Unione democratica di centro. 

“I bambini e gli animali, in particolare, hanno bisogno della nostra protezione poiché non possono difendersi. Per questo partecipo alla campagna per proteggere gli animali torturati “, spiega Andrea Geissbühler. Assieme alla senatrice socialista Pascale Bruderer Wyss, ha chiesto al governo d’introdurre un divieto contro l’importazione di pellicce prodotte con metodi crudeli nei confronti degli animali. 

“Respingo la caccia e la macellazione praticate con metodi inumani che contraddicono diametralmente i principi sul benessere degli animali sanciti dal diritto svizzero”, dichiara Pascal Bruderer Wyss. “Negli ultimi anni, le vendite di pellicce importate sono aumentate in modo significativo”. 

Nel 2014, la Svizzera ha importato 431 tonnellate di pellicce sotto forma di pelli intere o di vestiti e accessori per l’abbigliamento. In gran parte provengono dalla Cina, dove sono stati girati dei filmati raccapriccianti che mostrano animali maltrattati e, addirittura, scorticati vivi. Da notare che, nel 1999, il totale delle importazioni era di circa 153 tonnellate e il principale fornitore era la Germania. 

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Obbligo di dichiarazione 

La Svizzera è l’unico paese in cui vige un obbligo di dichiarazione per le pellicce. L’obbligo è entrato in vigore il 1° maggio 2014, quando era ormai finita la stagione fredda, ma finora solo pochi commercianti farebbero uso di un marchio. L’anno scorso l’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (USAV) ha ispezionato 90 negozi, siti web e cataloghi di vendita per corrispondenza in tutto il paese. Su 48 pellicce messe in vendita, ben 41 non avevano un’etichetta conforme alle disposizioni legali. 

In base alla legge, le etichette dovrebbero fornire le seguenti informazioni: tipo di animale, paese di origine e metodo con cui è stata prodotta la pelliccia. Dovrebbe quindi anche essere specificato, in che modo un animale selvatico è stato ucciso o in che modo un animale da allevamento è stato allevato. 

La televisione svizzera di lingua tedesca SRF ha visitato recentemente degli allevamenti di visoni in Danimarca, paese con una grande produzione di pellicce. Dal filmato risulta che gli animali vivono in piccolissime gabbie di metallo. Un tipo di allevamento considerato “non appropriato”, da Kaspar Jörger, responsabile della divisione Protezione degli animali presso l’USAV.

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Una breve vita da visone negli allevamenti danesi

Questo contenuto è stato pubblicato al La maggior parte delle pellicce di visone importate in Svizzera proviene dalla Danimarca. Autorizzata a visitare alcuni allevamenti danesi, la televisione svizzera di lingua tedesca SRF mostra le condizioni in cui sono tenuti gli animali. (SRF / swissinfo.ch)

Di più Una breve vita da visone negli allevamenti danesi

Dall’inchiesta dell’USAV risulta che i negozi specializzati in pellicce erano più in regola con la legge rispetto alle boutique che vendono ogni tipo di abbigliamento. Miglioramenti andrebbero fatti in particolare per quanto riguarda l’indicazione dell’origine delle pellicce e il metodo con cui sono state prodotte. L’USAV rileva tuttavia che può essere difficile per i negozi ottenere tali informazioni, anche perché una pelliccia può passare in diverse mani, dall’allevamento fino alla lavorazione e la vendita. 

Pelliccia “etica” 

Per Max Dössegger, che gestisce assieme a sua moglie un negozio di pellicce a Berna, il nuovo obbligo di dichiarazione non ha avuto particolari ripercussioni per il suo lavoro. 

I clienti dovrebbero sapere da dove provengono i prodotti che acquistano. swissinfo.ch

“Quale negozio specializzato e membro di SwissFur, utilizziamo volontariamente già dal 1996 un metodo analogo di dichiarazione”, indica Max Dössegger, che vende  pellicce provenienti da tutto il mondo e soprattutto dall’Europa. Per quanto riguarda un eventuale divieto delle pellicce prodotte con metodi crudeli, il commerciante ritiene che, “in linea di principio non dovrebbe essere un problema importare prodotti conformi alle leggi in vigore in una nazione”. 

Il negozio vende anche le pellicce svizzere SwissRedFox, provenienti da 30’000 volpi eliminate ogni anno nel quadro di un programma di gestione della fauna selvatica in Svizzera. L’etichetta si è posizionata come alternativa “etica” rispetto alle pellicce che derivano da paesi con leggi sulla protezione degli animali meno rigorose o inesistenti. 

Tuttavia, per i difensori degli animali non esiste la pelliccia “etica”. Il Partito svizzero degli animali chiede anche un divieto di caccia delle volpi e dei tassi, che vengono spesso stanati con l’aiuto di cani. 

Traduzione di Armando Mombelli

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