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Perché lo scioglimento dei ghiacciai riguarda ognuno di noi

La fine del ‘ghiaccio eterno’

vetta alpina
Il permafrost, il "collante" delle montagne svizzere, è presente oltre i 2'500 metri di quota. Il suo scioglimento è stato all'origine di una frane sul Cervino (nell'immagine) nell'estate del 2003. Keystone / Alessandro Della Bella

La Svizzera è un Paese pioniere nello studio del permafrost. Lo scioglimento di questo terreno perennemente ghiacciato è sempre più marcato e le conseguenze possono essere planetarie.

La gente del posto lo chiama “la porta dell’inferno” a causa dei rumori che proverrebbero dalle profondità della Terra. Per gli scienziati, il cratere di Batagaika, nella Siberia orientale, non ha invece nulla di diabolico. È semplicemente il risultato di un fenomeno geofisico noto da tempo: il disgelo del permafrost, lo strato di suolo perennemente ghiacciato.

cratere
Lungo un chilometro e mezzo e profondo fino a 100 metri, quello di Batagaika è il più grande cratere al mondo causato dal disgelo del permafrost. ©yuri Kozyrev / Noor

Questo cambiamento innescato dal riscaldamento globale non riguarda soltanto la tundra siberiana, ma una superficie che nell’emisfero settentrionale è di approssimativamente 23 milioni di km2, oltre due volte l’estensione degli Stati Uniti. Distribuito principalmente nelle regioni artiche, dalla Russia al Canada, il permafrost è presente anche in alta montagna e in particolare sull’arco alpino. In Svizzera, lo si trova a partire dai 2’500 metri di quota.

Oltre a causare grosse voragini nel terreno, lo scioglimento del permafrost può compromettere la stabilità dei versanti montani e dare origine a disastri naturali. Un’evoluzione che preoccupa le popolazioni che vivono nelle regioni interessate e che diventa ancor più inquietante se si considerano le possibili ripercussioni a livello globale. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite del 2019, il degrado del permafrost è una delle cinque principali minacce ambientali più sottovalutateCollegamento esterno.

Permafrost sempre più caldo

Il permafrost è presente sul 5% del territorio della Svizzera, soprattutto nei terreni ricoperti da detriti pietrosi e nelle pareti rocciose ad altitudini elevate. A titolo di paragone, la proporzione di superficie occupata dai ghiacciai è di circa il 2,5%.

“È un’evidenza: negli ultimi vent’anni, la temperatura del permafrost è aumentata quasi ovunque sulle Alpi svizzere”, ci spiega Jeannette Noetzli, collaboratrice scientifica dell’Istituto per lo studio della neve e delle valanghe (SLF).

Non è solo la temperatura dell’aria a determinare lo stato del permafrost, puntualizza. A incidere sono anche l’irradiazione solare e la copertura nevosa.

A differenza delle cime al di sopra dei 4’000 metri e delle zone polari, dove il permafrost è freddo, nelle regioni alpine in cui è maggiormente diffuso la sua temperatura è vicina allo zero, rileva Noetzli. “Abbiamo quindi meno ‘riserva’ termica e siamo molto più vicini al disgelo”.

A crescere è anche lo spessore del cosiddetto ‘strato attivo’, ovvero lo strato superficiale del permafrost che si scongela durante l’estate e si ricongela in inverno, sottolinea la ricercatrice.

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Sensori e telecamere sul Cervino

Jeannette Noetzli è responsabile di PERMOSCollegamento esterno, la rete di monitoraggio del permafrost in Svizzera. Creata nel 2000, è la prima rete nazionale per lo studio dell’evoluzione del permafrost. La Svizzera è anche il Paese che possiede la collezione di dati più importante sul permafrost di montagna, tra cui una serie cronologica che copre un periodo di oltre 30 anni.

“In Svizzera, ci sono misure continue sul permafrost dal 1987 e nel 2000 abbiamo iniziato ufficialmente un’osservazione a lungo termine in diversi siti”, afferma. Un lavoro tutt’altro che evidente, dato che “a differenza dei ghiacciai, il permafrost non si vede”.

I ricercatori si avvalgono delle tecnologie più avanzate: sonde che scendono fino a cento metri di profondità, apparecchi per la misurazione della resistenza elettrica del terreno, dispositivi GPS, sensori wireless e telecamere ad alta risoluzione. Sulla cresta dell’Hörnli sul Cervino, a 3’500 metri di quota, una rete di 17 sensori trasmette dati in tempo reale al centro di calcolo del Politecnico federale di Zurigo (progetto PermaSenseCollegamento esterno).

persona che si arrampica su una parete rocciosa
Sostituzione di un apparecchio per la misurazione della temperatura al di sopra del ghiacciaio roccioso del Corvatsch-Murtèl, nei Grigioni. Jeannette Noetzli, PERMOS

Caduta di rocce e frane

Il disgelo del permafrost compromette la stabilità dei versanti delle montagne siccome viene a mancare l’effetto ‘collante’, spiega Cécile Pellet del dipartimento di geoscienze dell’Università di Friburgo.

“La sua sparizione può favorire cadute di rocce e frane”, afferma al quotidiano vallesano Le Nouvelliste. Tuttavia, puntualizza Pellet, anch’essa ricercatrice di PERMOS, le cause all’origine di questo tipo di eventi, come nel caso di Bondo nel 2017, sono molteplici. Anche la geologia del luogo, ad esempio, può avere un influsso.

Non si può generalizzare e affermare che le Alpi diventeranno più pericolose a causa del riscaldamento e dello scioglimento del permafrost, sottolinea anche Jeannette Noetzli. “Osserviamo tuttavia cambiamenti significativi nelle aree sensibili. Di conseguenza, bisognerà forse modificare il tracciato di alcune vie seguite dagli alpinisti”.

Altri sviluppi

Un pericolo per le infrastrutture turistiche

Quello che invece è certo, è che il degrado del permafrost e l’accelerazione dello spostamento del materiale detritico rappresentano un potenziale problema per gli edifici e le strutture costruite in alta montagna (rifugi alpini, funivie, ferrovie, impianti di telecomunicazioni, protezioni antivalanga…).

Tali infrastrutture svolgono un ruolo importante per il turismo, la comunicazione, l’approvvigionamento di energia e la protezione contro i pericoli naturali in Svizzera. La ferrovia del Gornergrat, nei pressi del Cervino, e quella della Jungfrau nell’Oberland bernese, sono ad esempio state in parte costruite nel permafrost.

I gestori di impianti di risalita devono quindi procedere a importanti opere di risanamento per ridare solidità ai piloni su cui poggiano le infrastrutture di trasporto. Nel Cantone di Uri, si è dovuto realizzare una base di cemento per il pilone della funivia del Gemsstock, a 2’900 metri di quota. Una guidaCollegamento esterno dell’istituto SLF fornisce indicazioni su come costruire sul permafrost.

Conseguenze più inquietanti a livello globale

Le ripercussioni del disgelo del permafrost non si manifestano solo a livello locale o regionale.

Con lo scioglimento, antichi microorganismi intrappolati nel ghiaccio potrebbero liberarsi nell’aria e riattivarsi, infettando esseri umani e animali. Leggete a questo proposito il nostro articolo su quella che lo svizzero Beat Frey, ricercatore del WSL ed esperto di permafrost alpino, definisce “una grande incognita”.

Inoltre, il carbonio organico accumulatosi nei millenni nello strato ghiacciato viene progressivamente rilasciato nell’atmosfera sottoforma di CO2 e metano, ciò che accelera ulteriormente il riscaldamento globale in un pericoloso circolo vizioso.

Il problema concerne soprattutto le regioni artiche, dove l’aumento delle temperature – da due a quattro volte superiore alla media mondiale – sta causando il collasso del permafrost, avvertonoCollegamento esterno gli esperti. Secondo le stimeCollegamento esterno, i terreni ghiacciati conterrebbero 1’600 miliardi di tonnellate di carbonio, il doppio della quantità presente nell’atmosfera.

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