La televisione svizzera per l’Italia

Perché i ticinesi gufano l’Italia

Willy gufa Corrado Mordasini

di Gino Ceschina

Ogni due anni, in occasione di Mondiali e Europei di calcio, i ticinesi si dividono in due categorie: chi tifa Italia e chi (la maggioranza) tifa contro l’Italia.

Ovviamente si tratta di un’iperbole. Il ticinese, com’è giusto che sia, tifa in primo luogo Svizzera, e molti al di là della nazionale rossocrociata, si disinteressano completamente delle sorti delle altre squadre. Ma è innegabile che gli azzurri suscitino forti emozioni (nel bene e nel male) anche nella Svizzera italiana.

Quest’anno l’apice è stato raggiunto sabato scorso con la partita Italia-Germania, che ha tenuto banco sui social già dal giorno prima e fa discutere tutt’ora.

Post chilometrici con scontri epici tra filoazzurri ed antiazzurri che se ne dicono di ogni tipo, come se la cosa potesse in qualche modo incidere sul risultato.

Ma il bello è che il nodo della discordia è tutto fuorché sportivo: non si disquisisce infatti delle capacità tecniche di questo o quel giocatore, o delle disposizioni tattiche, o –incredibile ma vero- della prestazione dell’arbitro.

Il tema della grande maggioranza dei post è relativo alla libertà.

Si avete capito bene: la libertà. Libertà di tifare per chi ti pare ma anche di gufare chi ti pare.

In effetti, si sa, il gufaggio è ormai una pratica diffusissima e per chi lo subisce pure fastidiosa.

“Non è sportivo –dicono i filoazzurri– tifate a favore di chi volete, ma perché tifare contro? È un atteggiamento da perdenti. La Svizzera è stata eliminata e allora tifate contro i vicini”.

D’altro canto gli antiazzurri replicano rivendicando il diritto di gufare chi gli pare, e quindi giù post con bandiere improbabili: prima il Belgio, poi la Spagna e infine la Germania. Con la Mannschaft eretta a giustiziera per aver eliminato Conte & Co.

Come detto, la cosa va al di là dello sport. Tanto che il ritornello più diffuso fra i filoazzurri recita che se il ticinese medio parla italiano, mangia italiano, fa la spesa in Italia e ci va in vacanza, dovrebbe anche tifare Italia nel calcio.

Come se il tifo fosse una cosa ragionevole e scientifica. Come se le abitudini quotidiane c’entrassero qualcosa con la passione sportiva.

D’altro canto anche le motivazioni addotte dagli antiazzurri non è che siano luminosamente obiettive: “quando vince l’Italia fanno i caroselli in auto strombazzanti e non riesco a dormire”, “i tifosi italiani se la tirano”, “Conte e Bonucci mi stanno sullo stomaco”. Non proprio delle affermazioni convincenti, diciamo.

E allora a tanti viene il sospetto che, sotto, ci sia di più.

Che in questo periodo l’atmosfera in Ticino verso l’Italia e gli italiani non sia generalmente idilliaca è cosa risaputa. L’alto numero di frontalieri (un quinto della popolazione residente circa), la concorrenza dei piccoli imprenditori italiani (specie nel ramo immobiliare) sul suolo ticinese, una certa mal digerita sudditanza culturale verso il paese di Leonardo, Dante e Galileo, covano sotto la cenere e, come spesso avviene, i grandi eventi sportivi sono l’occasione di piccoli sfoghi.

Ma c’è da dire che l’antipatia verso la nazionale italiana non è una novità. Era tale ad esempio anche nell’82. E la cosa particolarmente buffa è che gran parte dei gufi sono tifosissimi di squadre di club italiane: in Ticino è pieno di Juventus/Inter/Milan club.

Come si spiega allora? Invidia? Campanilismo?

Chi sa rispondere è bravo, ma un indizio lo possono dare i cugini francofoni e tedescofoni dei ticinesi. Se ci si sposta a nord della alpi, infatti, si scopre che gli azzurri non sono affatto odiati, anzi. E si scopre anche che nella Svizzera tedesca si gufa la Germania, e in quella romanda si tifa contro la Francia.

E allora forse questo modo di vivere il calcio deriva proprio dall’essere svizzeri. Storicamente questo piccolo paese ha sempre dovuto fare i conti con vicini ingombranti: l’impero romano, Carlo Magno, l’impero austriaco, Napoleone, Hitler. E da sempre gli svizzeri hanno lottato per la propria indipendenza non solo politica, ma anche sociale e culturale.

Ecco, forse questo campanilismo su larga scala è spiegabile così: con ragioni storiche. Ragioni che spiegherebbero anche altri atteggiamenti molto svizzeri: l’orgoglio nazionale, la diffidenza verso gli stranieri, la difesa a oltranza dei valori rossocrociati, il no all’Unione Europea.

Se avete viaggiato in Svizzera avrete forse notato in quanti giardini sventola la bandiera rossocrociata, anche in mancanza di grandi eventi che potrebbero giustificarlo. Questo capita in pochissimi paesi. In Svizzera è la normalità.

Illustrazione di Corrado Mordasini

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