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Per porre fine alle esportazioni di armi

Nel 2005, la Svizzera ha venduto armi e tecnologia militare per un importo di 258 milioni di franchi Keystone

Un gruppo pacifista ha lanciato ufficialmente a Berna un'iniziativa popolare che esige il divieto di qualsiasi esportazione di materiale bellico.

I promotori del progetto si dicono fiduciosi, nonostante l’insuccesso registrato nove anni fa da un’iniziativa di carattere analogo.

Annunciata già da diversi mesi, l’iniziativa “Per il divieto di esportare materiale bellico” è stata presentata venerdì nel corso di una conferenza stampa da un comitato promotore, denominato “Lega contro esportazioni di materiale bellico”, che comprende rappresentanti della sinistra, dei verdi e di movimenti pacifisti.

Lanciata sull’ondata pacifista emersa nel 2003, in margine all’inizio della guerra in Iraq e al vertice del G8 ad Evian, l’iniziativa vuole concretizzare gli obbiettivi di questo movimento popolare contro la guerra, ha dichiarato Ruth Genner, presidente del Partito ecologista svizzero.

A spingere i promotori a dare vita a questa iniziativa vi sarebbe stata inoltre la decisione del governo svizzero di inviare in Iraq, attraverso gli Emirati arabi, carri armati non più utilizzati dall’esercito svizzero.

Priorità sbagliate

Secondo il consigliere nazionale del Partito ecologista Josef Lang, la maggioranza degli svizzeri non vuole che materiale bellico, prodotto in Svizzera, finisca ad esempio direttamente o indirettamente in Iraq. Per il deputato bisogna opporsi a questa guerra per il petrolio, che crea soltanto nuovo terrorismo.

Sarebbe più intelligente lottare contro la miseria nel mondo, piuttosto che fornire materiale bellico e alimentare le guerre in paesi poveri, ha dichiarato Josef Lang, a nome del comitato di iniziativa.

Con l’esportazione di armi, la Svizzera rafforza i regimi di diversi paesi che seguono priorità sbagliate, ha affermato Remo Gysin, consigliere nazionale del Partito socialista. Il deputato ha citato a titolo di esempio l’Oman, paese importatore di armi svizzere, il cui governo impiega più soldi per l’esercito che non per l’educazione e la salute.

L’articolo costituzionale proposto dall’iniziativa proibisce l’esportazione e il transito di materiale bellico, comprese le armi leggere e di piccolo calibro, come pure beni militari e tecnologie di importanza fondamentale per lo sviluppo, la produzione e l’utilizzazione di armi.

Eccezioni sono previste per apparecchi di sminamento, armi per lo sport e per la caccia, a condizione che non possano essere usate a scopi di combattimento.

Promotori fiduciosi

Ideata dal Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE), l’iniziativa è sostenuta da un trentina di organizzazioni, tra cui “A gauche toute”, Gioventù socialista svizzera e Servizio cristiano per la pace.

I promotori dell’iniziativa popolare “Per il divieto di esportare materiale bellico” hanno tempo fino al 27 dicembre 2007 per raccogliere le centomila firme necessarie. La Cancelleria federale ha infatti pubblicato giovedì scorso il testo sul Foglio federale, dopo aver stabilito che “soddisfa formalmente le esigenze legali”.

Nonostante il fallimento di un progetto analogo, lanciato dai socialisti e bocciato dal popolo in votazione federale nove anni fa, il comitato d’iniziativa si dice convinto delle possibilità di successo di questo nuovo tentativo.

I promotori ritengono che il testo verrà firmato e sostenuto dalla maggior parte delle persone, soprattutto giovani, che erano scese tre anni fa sulle strade per protestare contro la guerra in Iraq.

swissinfo e agenzie

L’iniziativa, lanciata dal Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE), concerne il materiale di guerra e le tecnologie destinate a fabbricare armi.

Le proposte mirano tra l’altro ad abolire le esportazioni di velivoli da addestramento militare, come i Pilatus, le armi di piccolo calibro e le loro munizioni, come pure materiale bellico obsoleto, non più impiegato dalle forze armate svizzere.

Non è la prima volta che la sinistra e i movimenti pacifisti tentano di porre freno alle esportazioni di armi. Nel 1997, un’iniziativa lanciata dal Partito socialista era stata bocciata dal 77,5% dei votanti.

Nel 2005, la Svizzera ha esportato armi per un importo totale di 258 milioni di franchi (meno dello 0,2% di tutte le esportazioni). L’industria militare svizzera occupa un migliaio di persone.

L’iniziativa popolare permette ai cittadini di proporre una modifica della Costituzione. Per essere valida, deve essere sottoscritta da almeno 100’000 aventi diritto di voto nello spazio di 18 mesi.
Il Parlamento può decidere di accettare o rifiutare l’iniziativa, elaborando eventualmente un controprogetto. In ogni caso viene comunque organizzato un voto popolare.
Per essere adottata, l’iniziativa deve ottenere il voto di una maggioranza di cittadini e di cantoni.

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