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Perù: le sfide di Castillo, da maestro a presidente

Pedro Castillo con l'inseparabile sombrero. KEYSTONE/EPA/Paolo Aguilar sda-ats

(Keystone-ATS) Dovrà scendere dal cavallo bianco utilizzato in campagna elettorale, Pedro Castillo, il maestro elementare, contadino e sindacalista di 51 anni, che domani entrerà ufficialmente nella Casa de Pizarro a Lima come 130/o presidente della Repubblica del Perù.

E lo farà, fra l’altro, in un giorno speciale, perché esattamente 200 anni fa, il 28 luglio 1821, il Libertador e generale argentino, José de San Martín, si insediava alla guida del nuovo e indipendente Stato peruviano.

Sia pure ottenuta di giustezza con un vantaggio di 44.263 voti sulla leader di destra Keiko Fujimori, la vittoria al ballottaggio di Castillo con il partito di sinistra Perú Libre ha avuto l’effetto di una sferzata per la classe politica peruviana impegnata in interminabili faide di potere.

Avvenuti all’interno di un Congresso (Parlamento unicamerale) frastagliato in una miriade di partiti, questi scontri hanno visto avvicendarsi in cinque anni a Lima ben quattro presidenti della Repubblica.

Nelle sue prime decisioni Castillo, che ha promesso di governare “per tutti i peruviani”, dovrà per forza di cose essere prudente, visto anche che i partiti di destra hanno mostrato la loro forza aggiudicandosi di recente la presidenza del Congresso.

Ma i suoi obiettivi sono chiari: smantellare le istituzioni statali che a suo giudizio operano solo a favore delle fasce benestanti del Paese, e giungere alla definizione di una nuova Costituzione, archiviando quella del 1993, voluta dall’allora presidente Alberto Fujimori, autore di un ‘autogolpe’ che portò allo scioglimento del Parlamento.

Per far capire la sua filosofia di governo, Castillo ha annunciato che rinuncerà allo stipendio di presidente per mantenere quello di maestro elementare, chiedendo un gesto di austerità anche a ministri e parlamentari.

Sul piano internazionale, il Perù abbandonerà l’area conservatrice e filo-statunitense, attualmente maggioritaria in America latina, per spostarsi su posizioni più avanzate, vicine a quelle di Paesi come Messico, Argentina e Bolivia, che hanno salutato con entusiasmo la sua elezione.

Va ricordato che Castillo ha criticato l’embargo e le sanzioni imposte dagli Stati Uniti a Cuba e Venezuela, lasciando intendere di non voler più sostenere il ‘Gruppo di Lima’ attraverso cui Usa, Canada, Brasile e Colombia spingevano per far cadere il ‘regime’ del presidente venezuelano Nicolás Maduro.

Comunque, da domani sarà la politica interna ad attrarre le preoccupazioni del nuovo capo dello Stato. Lo ha lasciato capire anche l’ultimo sondaggio dell’istituto specializzato Ipsos che, assegnandogli un 52% di favore da parte dell’opinione pubblica, ha sottolineato che la gente si aspetta rapidi miglioramenti per la salute e il contrasto del Covid-19, per l’economia e l’occupazione, e per l’istruzione.

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