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Pene severe per gli ecoterroristi

Oltre ai giudici e agli imputati, al TPF di Bellinzona erano presenti diversi poliziotti. Keystone

Considerandoli «turisti del crimine» e deciso a infliggere una pena «esemplare», il Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona ha condannato venerdì tre membri di un gruppo anarchico italiano a pene di prigione di oltre tre anni.

“Costa”, “Billy” e Silvia, sostenuti durante tutto il processo da una cinquantina di attivisti inviperiti, sono stati condannati rispettivamente a tre anni e otto mesi, tre anni e mezzo e tre anni e quattro mesi di carcere.

I tre dovranno anche pagare i costi del procedimento penale mentre “Billy”, il ticinese, dovrà scontare altri 22 giorni per una precedente condanna per danneggiamento, la cui condizionale è stata revocata dalla Corte.

Insomma, una volta tanto non solo il TPF presieduto dal giudice Walter Wüthrich ha interamente confermato l’atto d’accusa del Ministero pubblico della Confederazione (MPC), ma è andato oltre. Per la grande soddisfazione del procuratore Hansjörg Stadler, il quale aveva richiesto mercoledì condanne tra i tre e i tre anni e mezzo.

«Ci voleva un esempio» ha detto compiaciuto il magistrato alla stampa poco dopo la sentenza, quando il gruppo di anarchici e autonomi venuti da ogni dove manifestava rumorosamente il suo dissenso davanti al Pretorio di Bellinzona, sede della polizia cantonale e, provvisoriamente, anche del TPF.

Nessuna attenuante

Malgrado “Billy”, “Costa” e Silvia – un ticinese di 26 anni residente in Italia, un agricoltore piemontese di 34 anni e sua moglie, una studentessa di 29 – fossero stati prosciolti dall’accusa di trasporto illegale di materiale esplosivo, non è stato loro riconosciuta alcuna attenuante. L’accusa di trasporto illegale non è stata ritenuta in quanto non sostenuta da una prova tangibile secondo la quale il materiale sequestrato nell’auto dei tre fosse davvero entrato clandestinamente in Svizzera.

Detto ciò i prevenuti – arrestati il 15 aprile 2010 nei pressi di Langnau am Albis (Zurigo) mentre si apprestavano a fare saltare il centro di ricerca sulle nanotecnologie dell’IBM a Rüschlikon – erano pienamente coscienti della gravità dell’atto che stavano per compiere. Sapevano che se l’attentato non fosse stato sventato per un pelo, avrebbe provocato gravi danni alla struttura,allora in costruzione, e avrebbe potuto anche fare delle vittime.

La difesa che chiedeva l’assoluzione per i tre imputati è invece stata interamente sconfessata dal TPF. La Corte non ha dato credito alla versione degli avvocati secondo i quali il perito in esplosivo citato alla sbarra non ha fornito «nessuna prova concreta» dell’effettiva pericolosità del materiale sequestrato, se fosse stato utilizzato. Ha anche respinto i sospetti sollevati sulle modalità dell’arresto dei tre, secondo cui il fermo non sarebbe stato casuale ma orchestrato dalla giustizia italiana con le autorità svizzere.

L’ombra di Camenisch sul processo

L’ombra del movimento anarchico-insurrezionale e degli ecoterroristi ha aleggiato sull’intero processo. Dall’apertura dei dibattimenti, martedì scorso, una cinquantina di giovani autonomi e anarchici venuti dai centri ticinesi, dal resto della Svizzera ma anche da Italia, Francia, Germania e Spagna, si sono accampati davanti alla sede del TPF.

Sbandierando striscioni inneggianti alla liberazione dei tre imputati nonché di Marco (ndr: Camenisch), il loro idolo e modello, e scandendo slogan in favore dell’anarchia e contro lo Stato, la giustizia e la stampa, gli attivisti hanno messo a dura prova i nervi della polizia – schierata in forza – e della Corte.

Tuttavia gli agenti non hanno risposto alle provocazioni continue e palesi, evitando così che la situazione degenerasse più del dovuto. Alcuni tafferugli sono infatti stati segnalati martedì sera nella città vecchia di Bellinzona e mercoledì davanti al penitenziario cantonale della Stampa a Lugano, dove gli accusati erano stati trasferiti da Thun, Berna e Bienne.

Venerdì dopo la sentenza, i simpatizzanti dei condannati hanno dapprima fatto sentire il loro dissenso con grida, urla, scoppi e suoni di sirene. La tensione si è allentata dopo circa un’ora quando i manifestanti si sono allontanati. Stando alla polizia però, l’allarme permane in quanto i ragazzi e le ragazze riconoscibili ai loro vestiti neri e ai capelli rasta potrebbero organizzare un’azione di protesta in Ticino o altrove.

Intanto, accompagnati dai saluti d’incoraggiamento dal pubblico in sala, “Billy”, “Costa” e Silvia hanno lasciato l’aula scortati dai poliziotti che li tenevano per il braccio. Per loro tre, che non hanno mai parlato durante i dibattimenti né mai si sono distanziati dalla loro azione, le porte del carcere si riaprono per una lunga permanenza.

15 aprile 2010: due italiani e uno svizzero sono arrestati nei pressi di Langnau am Albis (canton Zurigo) in possesso di un’importante quantità di esplosivo. I tre sono sospettati di aver voluto commettere un attentato contro il laboratorio di nanotecnologia della IBM a Zurigo.

5 ottobre 2010: una bomba di fabbricazione artigianale inesplosa è rinvenuta davanti all’ambasciata di Svizzera a Roma. Su un muro viene tracciata la scritta «Libertà per Costa, Silvia e Billy».

1-2 novembre 2010: l’ambasciata svizzera e altre rappresentanze diplomatiche a Atene sono oggetto di tentativi di attentati con pacchi bomba. L’ordigno non causa vittime.

23 dicembre 2010: una lettera bomba ferisce alle mani un dipendente di 53 anni dell’ambasciata svizzera nella capitale italiana. Lo stesso giorno un ordigno esplode all’ambasciata del Cile a Roma. Un uomo rimane gravemente ferito al viso e alle mani. Nel rivendicare gli attentati, la Federazione anarchica informale fa riferimento alle tre persone arrestate in aprile.

17 gennaio 2011: sconosciuti tentano senza successo di appiccare il fuoco al Tribunale penale federale di Bellinzona, dove qualche settimana prima erano stati processati tre giovani anarchici. Su un muro viene tracciata un’A cerchiata.

31 marzo 2011: un’altra lettera bomba scoppia nei locali di Swissnuclear a Olten, ferendo due donne. Anche questa volta l’attentato è rivendicato dalla Federazione anarchica informale. Lo stesso giorno, sono prese di mira la caserma della brigata di paracadutisti “Folgore” a Livorno (un ufficiale ferito) e il carcere greco di Koridallos (il pacco è disinnescato).

6 maggio 2011: il Ministero pubblico della Confederazione trasmette il suo atto d’accusa contro i due italiani e il cittadino svizzero al TPF di Bellinzona.

22 luglio 2011: i tre imputati sono condannati a pene di oltre 3 anni di carcere.

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