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Divieto di esportare i farmaci che uccidono

Nel 2015, tutte le 28 esecuzioni capitali negli Stati Uniti sono state eseguite tramite iniezioni letali. Keystone

Il colosso farmaceutico americano Pfizer ha annunciato che non fornirà più i farmaci utilizzati per le iniezioni letali negli Stati Uniti. In Svizzera, una nuova legge introduce il divieto di esportare medicamenti che possono servire per giustiziare dei prigionieri. Una misura davvero efficace?

Questo contenuto è stato pubblicato il 25 maggio 2016 - 07:00
swissinfo.ch

La morale ha vinto sul profitto. È quanto si potrebbe dedurre in prima analisi dalla decisione dell’azienda farmaceutica PfizerLink esterno, che il 13 maggio ha annunciato l’introduzione di severi controlli sulla distribuzione dei suoi farmaci. Il motivo: fare in modo che non vengano più utilizzati nei bracci della morte degli Stati Uniti.

«Pfizer fa prodotti per migliorare e salvare la vita dei pazienti ed è fortemente contraria all’impiego dei suoi farmaci per confezionare iniezioni letali usate per le esecuzioni capitali», ha comunicato l’azienda.

Negli ultimi cinque anni, una ventina di ditte farmaceutiche americane ed europee hanno adottato misure simili. Anche le svizzere Novartis e Roche, che in passato hanno prodotto analgesici e tranquillanti utilizzati nei cocktail letali, si sono unite al movimento contro la pena di morte vietando la distribuzione nei 32 Stati americani che ancora giustiziano i prigionieri, rammenta il quotidiano svizzero Tages-Anzeiger.

Nel 2015, tutte le esecuzioni capitali negli Stati Uniti (in totale 28) sono state eseguite tramite iniezioni letali, indica Amnesty InternationalLink esterno. L’anno scorso, le persone giustiziate nel mondo sono state almeno 1'634, un terzo in più rispetto al 2014, secondo l’organizzazione.

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La legge svizzera vieta l’esportazione di medicamenti che sono proibiti nel paese di destinazione o che possono essere destinati a scopi illeciti. Ma siccome la pena di morte è di fatto legale in alcuni Stati, non vi è per ora alcuna base legale che vieta l’esportazione di tali farmaci.

Una situazione però destinata a cambiare. Nel marzo 2016, il parlamento ha accolto una nuova disposizione legislativa del governo, che allinea la Svizzera alle disposizioni già in vigore nell’Unione europea. Il testo, frutto di una mozioneLink esterno della deputata popolare democratica Barbara Schmid-Federer, stabilisce che «l’esportazione o il commercio all’estero di medicamenti è vietato se vi è motivo di ritenere che servano a giustiziare esseri umani».

Poiché i medicamenti interessati, ad esempio i barbiturici, possono essere utilizzati anche per scopi medici legittimi, l’istituto svizzero per gli agenti terapeutici Swissmedic sarà tenuto a verificare, al momento del rilascio di un’autorizzazione di esportazione, se le sostanze saranno impiegate per l’esecuzione di esseri umani.

La nuova Legge federale sui medicamenti e i dispositivi mediciLink esterno non dovrebbe entrare in vigore prima della primavera 2017, secondo le informazioni dell’Ufficio federale di sanità pubblica. Seppur soddisfatta, Barbara Schmid-Federer ha però fatto notare che la regolamentazione «non risolve tuti i problemi». Non si può infatti escludere che i farmaci giungano in America, o in altri paesi, tramite intermediari.

Nel 2011, l’unità di Novartis Sandoz ha fornito del tiopentale (un baribiturico) agli Stati Uniti via un intermediario. Lo stesso anno, la casa farmaceutica Naari di Basilea ha fornito il medesimo farmaco tramite un intermediario indiano. Entrambe le aziende hanno ripudiato l’uso del loro prodotto come farmaco letale.

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