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Pedofilia: un dramma che si può prevenire

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Nessun bambino è al riparo dalle insidie pedofile. Ogni bambino può però essere preparato a riconoscere il pericolo e a chiedere aiuto a un adulto di cui si fida. Ce ne parla Myriam Caranzano-Maitre, pediatra che vanta una lunga esperienza nella prevenzione degli abusi sull'infanzia.

Il problema “va affrontato a monte”, sottolinea la specialista. Per combattere questa piaga occorre in primo luogo “promuovere il rispetto del bambino”. Un tema di attualità, visto che il 20 novembre è la Giornata internazionale dei Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La data corrisponde all’anniversario della conclusione, nel 1989 a New York, della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo.

“Penso che questa Convenzione sia un potentissimo strumento di educazione al rispetto del bambino. Se fosse applicata quotidianamente sarebbe una rivoluzione”, afferma Myriam Caranzano-Maitre, osservando che “anche da noi è raro che un bambino cresca veramente rispettato”.

Il rispetto si insegna con l’esempio. Così si fa capire al bambino che non si può fare del male a qualcun’altro, spiega la pediatra. Ciò consentirebbe di “interrompere la catena delle violenze e degli abusi”. Infatti, da varie ricerche è emerso che molti pedofili “nella loro infanzia hanno subito maltrattamenti fisici o psicologici da parte di un adulto”.

Un altro fattore fondamentale nella prevenzione è l’educazione sessuale. Oggi, nella vita quotidiana si è “bombardati di immagini sessualizzate” sin dalla più tenera età. “Il dramma è che tantissimi ragazzi crescono con questi messaggi come unico riferimento”, poiché i loro genitori sono incapaci di educarli sessualmente. Cosicché “hanno una concezione della sessualità in cui tutto è lecito. È logico che così si possa arrivare a situazioni di abusi”.

Non capita solo agli altri

D’altra parte se la pedofilia non è più un tabù nei dibattiti pubblici e come tema affrontato dai media, quando il problema diventa concreto le cose cambiano. Tendenzialmente ognuno pensa che si tratti di “cose che possono succedere solo agli altri”. Ma la realtà è ben diversa, poiché il pedofilo nella stragrande maggioranza dei casi non è un “mostro sconosciuto”, bensì un insospettabile che fa parte della cerchia di persone frequentate regolarmente dal bambino.

Inoltre “tanti genitori vorrebbero affrontare la questione con i figli, ma non sanno come”, indica l’esperta. Nel caso in cui hanno il sospetto che il figlio o la figlia abbia subito abusi, oltre a “stargli vicino e creare un clima di fiducia”, i genitori dovrebbero consultare immediatamente uno specialista.

L’ideale sarebbe tuttavia che i genitori agissero prima che ci sia una situazione di abuso. Dovrebbero rivolgersi alle associazioni o agli enti statali che offrono programmi di educazione sessuale e di prevenzione degli abusi.

La prevenzione è efficace

Studi negli Stati Uniti e in Italia hanno dimostrato che il rischio di rimanere vittima di abusi sessuali “è almeno dimezzato” per i bambini che hanno seguito un programma di prevenzione, sottolinea la pediatra. E quei bambini che, nonostante abbiano beneficiato della prevenzione, “cadono nella trappola di un pedofilo, hanno bisogno della metà del tempo per riconoscere che qualcosa non va e parlarne a un adulto”.

Myriam Caranzano-Maitre e i suoi collaboratori dell’Associazione svizzera per la protezione dell’infanzia (ASPI) dal 2003 conducono programmi di prevenzione nelle scuole in Ticino che coinvolgono bambini, genitori e docenti. Essi sono basati sull’intelligenza emotiva.

“Si insegna al bambino ad ascoltare le proprie emozioni, oltre alla ragione. Il bambino impara che se la pancia e la testa dicono la stessa cosa, significa che tutto va bene, mentre se dicono due cose diverse deve parlarne il più presto possibile con un adulto di cui si fida”.

La pediatra vanta anche una lunga esperienza in corsi e seminari sui maltrattamenti e gli abusi sull’infanzia. In questo ambito ha incontrato parecchi adulti che le hanno confidato di essere stati vittime di pedofili.

Un caso che l’ha profondamente toccata è stato quello di un uomo di più di 70 anni che le ha rivelato di avere subito abusi per oltre un anno a partire da 9 anni. Un segreto che non aveva mai svelato a nessuno prima di quel momento. “Ciò significa che si è tenuto dentro questa sofferenza per più di 60 anni”.

Paura e bisogno di essere creduti

I lunghi silenzi sono una caratteristica diffusa delle vittime. Le ragioni del mutismo sono tante e complesse. “Uno dei motivi principali è la paura di non essere creduti. Tanti adulti che mi hanno raccontato quello che avevano subito nell’infanzia, dopo mi chiedevano se li credevo”, ci racconta la dottoressa.

Essere credute è anche il bisogno che accomuna tutte le vittime quando decidono di rompere il silenzio. Una necessità primordiale, che supera nettamente il desiderio di vendetta.

“Per alcune vittime è importante, addirittura fondamentale, che l’autore degli abusi sia riconosciuto colpevole dalla giustizia e punito. Altre, invece, paradossalmente non vogliono che il loro aggressore sia perseguito. Ma tutte le vittime che ho incontrato avevano bisogno di essere credute, riconosciute nella loro sofferenza”.

swissinfo, Sonia Fenazzi

La problematica della pedofilia è attualmente fonte di dibattiti pubblici in Svizzera, poiché il 30 novembre si voterà sull’iniziativa popolare che chiede l’imprescrittibilità di questi tipi di reati.

Promosso dall’associazione per la lotta contro la pedocriminalità Marche Blanche, il testo è combattuto da governo, parlamento e quasi tutti i partiti. Soltanto l’Unione democratica di centro (destra nazional-conservatrice) lo sostiene.

Gli avversari – fra cui l’Associazione svizzera per la protezione dell’infanzia – preferiscono la via scelta da governo e parlamento: hanno modificato le disposizioni penali, in modo che le vittime abbiano 15 anni di tempo dal giorno in cui diventano maggiorenni per sporgere denuncia.

Pediatra, lei stessa madre di quattro figli, presiede il Gruppo regionale della Svizzera italiana dell’Associazione svizzera per la protezione dell’infanzia (ASPI).

È membro del Consiglio di fondazione dell’ASPI a livello nazionale e della Società internazionale per la prevenzione dell’abuso e della trascuratezza del bambino (ISPCAN).

Impegnata attivamente nella prevenzione degli abusi sui bambini, dirige programmi, conduce seminari e impartisce corsi.

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