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Gli archeologi in Svizzera si preparano al dopoguerra in Siria

La didascalia di questa foto non datata rilasciata il 25 agosto del 2015 su un social media utilizzato dai militanti dello Stato Islamico recita: "Il momento della detonazione del tempio pagano di Baalshamin nella città di Palmira". Il tempio era stato costruito 2'000 anni fa. Keystone

Mentre la Siria continua a essere teatro di morte e distruzione e la fine delle violenze non è in vista, tre archeologi hanno parlato a swissinfo.ch dell’importanza di preservare il patrimonio culturale del paese, di come gli svizzeri possono aiutare a formare specialisti in questo ambito, e del ruolo di “rifugio” che può svolgere la Confederazione.

A cosa pensa un archeologo quando vede i siti storici o gli artefatti millenari esposti nei musei fatti esplodere o demoliti?

“In quanto siriano, sono ovviamente molto, molto triste. È una tragedia per la nostra eredità culturale”, ha detto Mohamad Fakhro, docente d’archeologia all’Università di Aleppo, una delle città più colpite dalla guerra civile. 

TEDx

TED (Technology Entertainment and Design) è una serie di conferenze internazionali la cui missione si riassume nello slogan “Ideas worth spreading” (idee meritevoli di essere diffuse). Consistono generalmente di brevi discussioni di circa 10 minuti.

Gli eventi TEDx sono pianificati e coordinati in modo indipendente previa autorizzazione gratuita da parte di TED, di cui devono rispettare le linee guida.

“Tuttavia, quando sento notizie come quella della distruzione del Tempio di Baalshamin a Palmira, penso subito al modo in cui questi luoghi potranno essere ricostruiti. Siamo archeologi, non politici o soldati. Il nostro scopo, il nostro lavoro, è quello di proteggere il patrimonio culturale”.

È questa l’idea alla base di una recente conferenza a Berna tenuta dallo stesso Farkho, da Mohammed Alkhalid, ricercatore in archeologia del Vicino Oriente all’Università di Berna, e da Cynthia Dunning, direttrice di ArchaeoConceptCollegamento esterno, un’organizzazione non governativa (ONG) svizzera che trova soluzioni ai problemi a cui sono confrontati gli archeologi e i gestori di beni culturali.

La loro presentazione (vedi video in inglese), nell’ambito di TEDx, si è concentrata sul lavoro svolto da Shirin (Syrian Heritage in Danger: an International Research Initiative and Network), iniziativa che riunisce diversi esperti e fornisce supporto ad agenzie governative e ONG nella salvaguardia del patrimonio culturale siriano. Dunning è anche consulente nel comitato internazionale di ShirinCollegamento esterno.

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“La mia speranza è che i colleghi svizzeri nell’amministrazione, nelle università o anche nelle compagnie private partecipino alla ricostruzione e ci aiutino a formare degli specialisti”, ha detto Dunning a swissinfo.ch.

Da parte sua, l’Ufficio federale della cultura svolge da diversi anni un ruolo centrale nel trasferimento internazionale dei beni culturaliCollegamento esterno. “La Svizzera è un rifugio davvero speciale”, ha sottolineato Dunning, che è stata anche responsabile del servizio archeologico del canton Berna tra il 1998 e il 2010.

“Le leggi svizzere permettono al governo di importare oggetti di valore culturale dai paesi in guerra. È quello che è successo per l’Afghanistan. Finché il conflitto afghano continuerà, gli artefatti che sono stati portati in Svizzera vi rimarranno al sicuro. Altri paesi non fanno questo genere di cose”.

Tuttavia, non basta farsi spedire gli oggetti d’antiquariato dagli archeologi. “È necessaria una richiesta ufficiale da parte del governo del paese interessato. Ma non è il caso per la Siria. Non è stata inoltrata nessuna richiesta”.

La guerra in Siria

Il conflitto in Siria è iniziato nel marzo del 2011 con delle proteste antigovernative. Si è poi intensificato fino a diventare una vera e propria guerra civile tra le forze leali al presidente Bashar al-Assad e i suoi oppositori. Tra le varie fazioni in guerra si trovano anche gli jihadisti dell’autoproclamato Stato Islamico.

Secondo il Comitato internazionale della Croce Rossa, il conflitto ha provocato la morte di 250’000 persone, mentre 1,5 milioni sono rimaste ferite. 4,5 milioni di siriani vivono in città assediate o aree difficili da raggiungere. 4,5 milioni è anche il numero di persone in fuga che hanno lasciato il paese.

Fakhro ha contattato i suoi colleghi al museo di Damasco e all’agenzia governativa responsabile del patrimonio culturale nazionale di Aleppo (il DGAMCollegamento esterno) per informarli della possibilità offerta dalla Svizzera, ma le leggi in Siria impediscono loro di sfruttarla.

“È assolutamente proibito. Mi hanno detto che una cosa simile verrebbe percepita come un segnale di debolezza del governo”, ha spiegato. “Abbiamo chiesto loro se fosse possibile [portare in Svizzera] oggetti appartenenti alla Siria trovati in Giordania o in Turchia, ma anche questo è escluso. È la politica.”

“Siamo tutti coinvolti”

Secondo Dunning, “distruggere il passato di un paese significa distruggere memorie insostituibili. Dobbiamo quindi lavorare per trovare il modo di impedire che ciò avvenga. Bisogna far partecipare la gente alla ricostruzione di Afghanistan, Siria, Iraq e di qualsiasi altro paese”.

Si tratta di uno sforzo di livello internazionale poiché, come spiega Alkhalid, “il mondo intero è vittima della distruzione del patrimonio culturale, che appartiene a tutti noi. Non è un problema esclusivamente siriano. Siamo tutti coinvolti”.

La guerra civile in Siria, che ha provocato centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati, ha anche colpito i musei e i siti archeologici, danneggiati dai combattimenti o demoliti e saccheggiati in modo intenzionale.

L’antico Arco di Trionfo di Palmira nel 2010, distrutto dallo Stato Islamico nell’ottobre del 2015. Molte delle pietre che lo componevano esistono ancora e alcuni progetti prevedono di ricostruirlo usando più materiale originale possibile. Keystone

“Non si tratta solo di Palmira – la distruzione del patrimonio culturale riguarda tutta la Siria. Ovunque, nel paese, si trovano scavi illegali”, ha dichiarato Fakhro, che è anche direttore del dipartimento del DGAM per gli scavi archeologici ad Aleppo.

“Questo è il problema. Se un sito archeologico è rovinato o distrutto da uno scavo illegale, è perso per sempre. E naturalmente a questo fenomeno è legato il traffico di oggetti d’antiquariato.

“C’è sempre speranza”

Molti governi e ONG hanno intrapreso delle misure per proteggere i siti d’interesse culturale, documentare distruzioni e saccheggi, e contrastare il traffico internazionale di artefatti rubati.

Sono invece meno sviluppate le iniziative per la formazione di esperti che agiranno sul terreno dopo la guerra. I musei dovranno essere ricostruiti, gli artefatti restaurati, i siti archeologici liberati dalle mine o da altre tracce del conflitto e preparati per accogliere visitatori.

Dunning ha sottolineato che le grandi organizzazioni internazionali come UNESCO, ICOMOS (International Council on Monuments and Sites) e ICOM (International Council of Museums), nonostante abbiano molto potere, hanno anche un grande punto debole: “I loro unici interlocutori sono partner governativi. Non possono parlare con chi non fa parte dell’amministrazione ufficiale di un paese. Le ONG, invece, hanno una chance, perché possono mettere in contatto archeologi dell’opposizione e del governo, che sono accomunati dalla loro specializzazione e che quindi non hanno problemi a parlarsi, anche se sono di religioni o idee politiche diverse”.

E in futuro, cosa succederà? “Possiamo solo sperare nel meglio”, ha dichiarato Alkhalid, “anche se personalmente non sono molto ottimista. Ma c’è sempre la speranza che la tragedia della guerra in Siria finisca e si potrà fare qualcosa per il patrimonio culturale”.

Anche Fakhro è pragmatico: “È difficile sapere cosa porterà il futuro, ma dobbiamo fare del nostro meglio per preparare il materiale, un team o qualsiasi cosa serva per la ricostruzione e la salvaguardia nel dopoguerra. Purtroppo al momento la situazione è grave, ma senza speranza non si può lavorare”. 

In questo video, girato con un drone dall’Aleppo Media Centre e pubblicato il 10 ottobre, si può constatare ciò che resta di Aleppo:

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Shirin

Shirin (Syrian Heritage in Danger: an International Research Initiative and Network) è un’iniziativa di un gruppo di esperti internazionali attivi nel campo dell’archeologia, dell’arte e della storia antica mediorientale.

Riunisce una buona parte dei gruppi di ricerca internazionali che lavoravano in Siria prima del 2011, e ne diffonde le conoscenze nell’ambito di un più vasto progetto di protezione del patrimonio culturale.

Lo scopo principale di Shirin è quello di fornire supporto a governi e ONG nei loro sforzi per salvaguardare i siti archeologici, i monumenti e i musei in Siria. Prende in considerazione i bisogni degli specialisti del settore siriani e delle autorità indipendentemente dalla loro affiliazione politica, religiosa o etnica, con un occhio di riguardo ai passi da intraprendere durante l’emergenza.

L’Istituto di scienze archeologiche dell’Università di Berna è l’unica istituzione svizzera che conduce ricerche e offre la possibilità di seguire studi accademici sia in archeologia che in filologia del Vicino Oriente antico. Svolge attività sul campo in Siria, Turchia e Turkmenistan.  

(Fonte: Shirin)

Traduzione dall’inglese, Zeno Zoccatelli

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