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Pannelli solari: altitudine stratosferica e rendimenti record per la Svizzera

pallone aerostatico
Uno dei palloni sonda del progetto STRATEOLE pronto al decollo per un volo sperimentale. © Romain Gaboriaud

A Neuchâtel si fabbricano pannelli solari che voleranno a un'altitudine di 20 km nel quadro di una missione meteorologica francese. Qui, si lavora anche allo sviluppo di alcune delle celle solari più efficienti al mondo, le quali potrebbero contribuire a rilanciare l'industria fotovoltaica in Europa.

Nel ronzio costante delle camere climatiche dove i materiali vengono messi a dura prova, i tecnici del Centro svizzero di elettronica e di microtecnica (CSEM) sono impegnati nell’assemblaggio dei pannelli solari che tra qualche mese decolleranno verso la stratosfera.

Qui, a due passi dal lago, all’entrata della città di Neuchâtel, il passato e il futuro si incontrano. Alla mia sinistra, il Laténium e il suo parco archeologico, testimoni degli antichi insediamenti lacustri; alla mia destra, l’Innoparc, che ospita uno dei siti del CSEM, una mecca della ricerca e dello sviluppo di micro, nano e altre tecnologie di oggi e di domani, tra cui il fotovoltaico.

Al CSEM si sta lavorando sull’incapsulamento delle celle solari nel quadro di un ambizioso progetto francese di palloni sonda, i quali serviranno a capire quanto avviene negli strati superiori dell’atmosfera al livello dell’equatore. L’obiettivo è di avere dei materiali solidi e resistenti a un costo accessibile.

Numerosi processi meteorologici e climatici hanno origine all’equatore. È qui che avvengono i fenomeni atmosferici più potenti della Terra e la loro influenza può estendersi fino ai poli. Tuttavia, rimangono ancora in parte sconosciuti e sono quindi poco rappresentati nei modelli meteorologici e climatici.

Per colmare questa mancanza di informazioni in una regione difficilmente accessibile con i metodi di osservazione convenzionali è stato concepito il progetto francese STRATEOLE-2Collegamento esterno. Diretto dal Centro nazionale di studi spaziali (CNES) e dal Centro nazionale di ricerca scientifica (CNRS), il progetto coinvolge anche le istituzioni meteorologiche e oceanografiche americane, un’università australiana e laboratori in Italia e India.

Due flottiglie di 20 palloni stratosferici (di 11 e 13 metri di diametro, gonfiati con elio) saranno lanciate questo autunno dall’Oceano indiano, a intervalli di tre anni. Faranno due o tre volte il giro del pianeta, a un’altitudine di 18-20’000 metri, prima di sganciare le loro gondole, che saranno recuperate a terra.

Questi palloni sonda raccoglieranno dati quali la concentrazione di vapore acqueo, di ozono, di anidride carbonica, la presenza di ghiaccio in sospensione, la temperatura dell’aria, la pressione, ecc. Una parte di queste informazioni sarà trasmessa ogni ora all’Organizzazione meteorologica mondiale per permetterle di affinare le sue previsioni nelle zone equatoriali e tropicali.

“Sono stati i francesi a contattarci”, ricorda Pierrick Duvoisin, specialista nella progettazione di moduli al CSEM. “Non avevamo mai lavorato per loro, ma ci conoscevano grazie a Raphael Domjan e al suo progetto dell’aereo stratosferico SolarStratos, per il quale abbiamo fornito i pannelli. Eravamo in competizione con diversi istituti, abbiamo fatto una proposta sulla base delle loro esigenze e abbiamo ottenuto il mandato”.

Le celle fotovoltaiche non sono prodotte in Svizzera. A fornirle è l’americana Sun Power, che le fabbrica in Malesia. Queste piastre di forma quadrata, grandi quanto una custodia di un CD, sono assemblate in pannelli capaci di resistere alle condizioni estreme della stratosfera. È in questa fase – chiamata incapsulamento – che entra in gioco il know-how del centro di Neuchâtel.

Fatto su misura

“Incapsulare delle celle per la stratosfera significa realizzare un lavoro su misura”, spiega Pierrick Duvoisin. “Questi pannelli, che ricopriranno le gondole dei palloni, devono resistere per almeno tre mesi assorbendo delle dosi di radiazioni ultraviolette molto più elevate di quelle che giungono a terra. Devono anche sopportare variazioni di temperatura tra -90° e 120° poiché le gondole dei palloni ruotano su sé stesse, passando dall’ombra al sole”.

due uomini lavorano su un pannello solare
Pierrick Duvoisin (a sinistra) e il collega Christophe Charrière durante il montaggio dei pannelli solari. © Reto Duriet

Gli ingegneri del CSEM hanno dovuto sviluppare un polimero e prepararlo sotto forma di una sottile pellicola, al contempo ultraleggera ed estremamente resistente. Dopo aver testato una ventina di campioni in camere climatiche, ne hanno tenuti solo 3 o 4 e ripetuto la serie di test per selezionarne il migliore.

Poi hanno realizzato 30 pannelli per una nuova serie di test, condotta in collaborazione con il Centro nazionale francese di studi spaziali (CNES). In questo caso, i pannelli sono stati sottoposti a diverse condizioni ambientali – scarti di temperatura, quantità di UV, umidità… – e sono stati analizzati dopo una permanenza di 50-100 ore nelle camere climatiche. In particolare, i ricercatori hanno osservato l’eventuale presenza di alterazioni e misurato se l’elettricità fornita fosse sufficiente ad alimentare gli strumenti scientifici a bordo del pallone.

E poiché due precauzioni sono meglio di una, i francesi hanno validato questi pannelli in volo, durante un primo collaudo con otto palloni, nell’inverno 2019-2020.

“La Svizzera ha sviluppato tecnologie uniche al mondo per il fotovoltaico integrato negli edifici e per la mobilità.”

Jonathan Champliaud, CSEM

Per il CSEM, questo esperimento ad alta quota non è quindi una novità. Ma rispetto a SolarStratos, dove i pannelli aderivano alle ali dell’aereo, cosa che ha conferito loro rigidità, le gondole di STRATEOLE-2 devono essere non solo molto leggere, ma anche solide.

I pannelli del centro di Neuchâtel sono un incrocio tra i classici moduli terrestri (quelli che potete montare sul tetto di casa vostra) e i pannelli dei satelliti e delle sonde spaziali, anch’essi ultraresistenti e leggeri, ma molto più costosi.

L’ora dell’Europa

Nonostante le loro dimensioni ridotte, la Svizzera in generale e il CSEM in particolare mirano a sviluppare le migliori tecnologie, anche se oggi la produzione mondiale avviene soprattutto in Asia, mentre l’Europa assembla una parte dei pannelli solari. “La Svizzera si posiziona soprattutto nei prodotti ad alto valore, molto specifici. Per esempio, ha sviluppato tecnologie uniche al mondo per il fotovoltaico integrato negli edifici e per la mobilità”, spiega Jonathan Champliaud, ingegnere al CSEM.

Il centro, con la sua vocazione di essere “un ponte tra la ricerca di base e l’industria”, si occupa in particolare di ricerca e sviluppo per il gruppo Meyer Burger, che possiede una filiale a Neuchâtel. L’azienda svizzera ha recentemente avviato dei siti di produzione in Germania. La sua ambizione è di fornire “più energia solare con celle e pannelli ‘Made in Europe'” – e sviluppati in collaborazione col CSEM.

Ed è proprio con Meyer Burger che il centro di Neuchâtel ha sviluppato una cella solare la cui efficienza è stata misurata al 25%, e successivamente aumentata al 25,4%. Ciò significa che è in grado di trasformare in elettricità un quarto dell’energia che riceve dal sole. A prima vista, non sembra molto, ma bisogna sapere che le normali celle domestiche sono al 22% e le poche che superano il 25% sono realizzate con processi di produzione che richiedono molti più passaggi – e sono più costose – rispetto all’approccio del CSEM.

“Un miglioramento del rendimento delle celle solari è senza dubbio positivo. Migliore è l’efficienza, minore è il consumo di risorse”, afferma Markus Chrétien, direttore dell’associazione Solarspar, tra i pionieri dell’energia solare in Svizzera.

Nell’intervista seguente, spiega come la Svizzera può raggiungere i suoi obiettivi energetici e climatici grazie al fotovoltaico:

Altri sviluppi

Il lavoro del CSEM può contribuire ad accelerare la rinascita dell’industria delle celle solari in Europa. “Quando abbiamo creato la divisione fotovoltaica del CSEM nel 2013, eravamo circa 20 collaboratori. Oggi siamo più di 80”, si rallegra Jonathan Champliaud. “Con la svolta energetica, possiamo chiaramente percepire un forte interesse, soprattutto in ciò che è il nostro punto di forza: i prodotti speciali e innovativi. Quello che stiamo facendo oggi nel campo della mobilità, per esempio, non si faceva da nessuna parte solo cinque anni fa. E abbiamo molti progetti in cantiere”.

Traduzione dal francese: Luigi Jorio

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