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Pakistan: la Svizzera reagisce con prudenza

Arresto energico di un manifestante a Lahore Keystone

Dopo la proclamazione, sabato scorso, dello stato d'emergenza da parte del generale Pervez Musharraf, la repressione continua ad abbattersi sull'opposizione e sui media pakistani.

Come altre capitali, Berna ha reagito esprimendo la sua preoccupazione. Per il momento, il governo svizzero non rinuncia tuttavia alle esportazioni di armi verso il paese asiatico.

Imbavagliando i media e arrestando centinaia di oppositori legati ai partiti politici e alla società civile pakistana, il capo di Stato Pervez Musharraf intende innanzitutto soffocare ogni forma di protesta contro il suo atto di forza, sostiene il professor Gilbert Etienne, profondo conoscitore dell’Asia del Sud.

Mantenersi al potere

«Nel marzo scorso, Musharraf aveva allontanato il presidente della Corte suprema, una decisione invalidata dalla stessa Corte alla quale avevano fatto seguito importanti manifestazioni da parte di avvocati e dell’establishment», spiega Etienne. «La reazione aveva spinto il presidente pakistano a rivedere la sua decisione».

«Con i suoi massicci arresti – prosegue l’esperto ginevrino – Musharraf cerca probabilmente di evitare la ripetizione di questo episodio. Bisogna infatti sottolineare che la società civile pakistana è attiva, con una buona capacità di mobilitazione».

Come unica concessione alle proteste interne e dall’estero, il generale ha promesso di mantenere le elezioni ad una data «il più vicino possibile» alla scadenza prevista, in gennaio.

Inquietudine e megalomania

Le ragioni che hanno portato Musharraf a decretare lo stato d’emergenza appaiono chiare, come attesta la maggior parte dei commenti della stampa svizzera ed internazionale.

Il suo atto di forza sarebbe un tentativo per impedire alla Corte suprema d’invalidare – come aveva annunciato il mese scorso – la sua rielezione, e per mantenere il controllo dell’esercito. Una decisione del tribunale era appunto attesa in questi giorni.

L’uomo forte del paese asiatico ha d’altronde fatto silurare i giudici che gli erano ostili, sostituendoli con magistrati più docili. Martedì hanno prestato giuramento quattro nuovi giudici.

«Bisogna tener conto del carattere stesso di Pervez Musharraf», osserva Gilbert Etienne. «Il presidente pakistano manifesta degli aspetti inquietanti, un po’ megalomani, come evidenziano le sue Memorie, che testimoniano di un narcisismo preoccupante».

Un paese sotto tensione

Le ragioni relative alla sicurezza invocate dal regime pakistano a giustificazione dello stato d’emergenza non possono tuttavia essere trascurate.

«C’è stata un’escalation degli attacchi dei movimenti jihadisti», rileva il professore onorario dell’Istituto ginevrino di alti studi internazionali. «Per lungo tempo, i disordini, gli attentati suicidi e gli attacchi contro l’esercito sono avvenuti soprattutto nelle zone di frontiera con l’Afghanistan. In questi ultimi tempi si sono invece diffusi nel resto del paese».

E non è tutto. «Il Pakistan rimane un paese sotto tensione, a causa della guerra nelle zone talebane vicine al confine afgano, della lotta a volte sanguinaria tra Sciiti e Sunniti, delle tensioni tra il Punjab e le altre province del paese o dei movimenti secessionisti in Baluchistan».

Esportazioni controverse

Per questa ragione, la Svizzera è invitata ad interrompere le esportazioni di materiale bellico verso il Pakistan, ha affermato il parlamentare ecologista Josef Lang, citato dal quotidiano zurighese “Tages Anzeiger”.

Lo scorso dicembre, il governo svizzero ha autorizzato la ditta elvetica Oerlikon Contraves a vendere all’esercito pakistano degli equipaggiamenti di difesa antiaerea per un montante di 136 milioni di franchi. Materiale che non è ancora stato interamnete consegnato.

Interpellato dalla Radio svizzera di lingua francese, Jean-Philippe Jeannerat, responsabile della comunicazione del Dipartimento federale degli affari esteri, ha indicato che l’autorizzazione del governo non è per il momento rimessa in discussione. A dipendenza dell’evolversi della situazione, ha però aggiunto, questa posizione può essere rivista.

swissinfo, Frédéric Burnand, Ginevra
(traduzione di Luigi Jorio)

La Svizzera ha riconosciuto l’indipendenza del Pakistan fin dalla sua proclamazione nel 1947.

Due anni dopo i due Stati hanno stabilito delle relazioni diplomatiche.

Nel 1966 hanno siglato un accordo di cooperazione tecnica, completato nel 1975 con un’intesa sull’aiuto in caso di catastrofe.

Dopo che il Pakistan è stato designato paese prioritario della cooperazione elvetica, l’agenzia svizzera per l’aiuto allo sviluppo (DSC) ha aperto un ufficio di coordinamento a Islamabad nel 1977.

Durante il conflitto del Bangladesh tra India e Pakistan (1971), la Svizzera rappresentava gli interessi pakistani in India e quelli indiani in Pakistan.

Negli anni Settanta ed Ottanta, Berna ha concluso con il Pakistan numerosi accordi di riscadenziamento del debito.

Per la Svizzera, il Pakistan è oggi un partner importante in Asia. Una serie di accordi economici facilitano gli affari, mentre la cooperazione allo sviluppo continua a svolgere un ruolo di primo piano.

Musharraf nasce nel 1943 nell’odierna India. Quattro anni dopo si trasferisce con i genitori nella regione occidentale del paese (nell’odierno Pakistan).

Dopo aver studiato in Turchia, ritorna in Pakistan dove dal 1961 frequenta l’Accademia militare di Kakul. In seguito s’iscrive al Royal College of Defence Studies in Gran Bretagna.

A due riprese partecipa alla lotta contro l’India, risalendo fino al grado di generale.

Musharraf prende il potere nel 12 ottobre del 1999 grazie ad un colpo di Stato e il 20 giugno del 2001 assume il titolo di presidente, pur rimanendo a capo delle Forze armate.

Da allora, il generale mette ripetutamente al bando gruppi militanti e oppositori. Resiste a diversi tentativi di putsch e nel 2002 è rieletto presidente.

Il 6 ottobre del 2007 è rieletto per un terzo mandato. Una vittoria che però la Corte suprema non ha ancora validato.

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