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Ottimismo svizzero per il vertice sul clima di Durban

La concentrazione di CO2 nell'atmosfera ha raggiunto livelli record nel 2010. Keystone

La 17esima Conferenza sul clima dell’ONU, che si apre lunedì a Durban (Sudafrica), dovrebbe portare a una «chiara idea» su come affrontare la questione del cambiamento climatico nei prossimi dieci anni. È l’auspicio della delegazione svizzera, guidata dall’ambasciatore Franz Perrez.

L’incontro di Durban riunirà i delegati di quasi 200 paesi per due settimane. Scopo dei negoziati internazionali sul clima: elaborare un piano globale post Kyoto per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

«Sono piuttosto ottimista: credo che faremo un passo in avanti, anche se non sarà così grande come sperato. Potrebbero essere anche diversi piccoli passi», dice a swissinfo.ch Franz Perrez, a capo della delegazione svizzera.

A Durban si discuterà di un secondo Protocollo di Kyoto, che impegnerebbe circa 36 paesi industrializzati a ridurre le proprie emissioni entro il 2017-2020. Parallelamente, si parlerà della possibilità di introdurre misure giuridicamente vincolanti per tutti gli altri paesi.

Non mancano tuttavia le divergenze. Alcuni Stati firmatari del trattato di Kyoto, tra cui la Svizzera, non intendono infatti assumersi degli impegni se le economie emergenti e i principali responsabili delle emissioni non faranno altrettanto.

Per la delegazione svizzera, a Durban bisognerà quindi iniziare con il definire una roadmap per l’istituzione di un nuovo «regime» che impegni tutti i paesi. Si dovrebbe inoltre costituire un comitato per negoziare tale accordo globale.

Il Protocollo di Kyoto, osserva Perrez, aveva senso nel 1997, anno della sua adozione. Si trattava infatti di uno strumento che copriva oltre la metà delle emissioni dei paesi industrializzati. Oggi, invece, il Protocollo concerne soltanto il 17% delle emissioni globali (una percentuale che a seconda dell’impegno reale dei paesi scende all’11%).

«Non possiamo affrontare la sfida del cambiamento climatico con un accordo che concerne soltanto l’11 o il 17% delle emissioni globali. Non basta. Per tale ragione dobbiamo elaborare un’intesa più ampia. Questo dev’essere uno dei principali passi avanti di Durban».

«Può succedere di tutto»

Non tutti guardano però all’incontro di Durban con ottimismo. Per il WWF, i colloqui potrebbero addirittura interrompersi. «Non vogliamo essere allarmisti. Ma intendiamo avvertire i leader politici che le loro posizioni attuali potrebbero impedire il raggiungimento di accordi anche minimi».

Nei mesi precedenti all’incontro di Durban, rileva Patrick Hofstetter, responsabile della delegazione elvetica del WWF, sono comunque stati fatti alcuni piccoli passi in avanti. In particolare nell’ambito del trasferimento tecnologico, nelle questioni legate al progetto REDD (riduzione delle emissioni dovute a deforestazione e degrado) e a livello di finanziamento.

In merito ai punti più delicati del Protocollo e al futuro regime, «può succedere comunque di tutto», avverte Hofstetter. Ad esempio nel caso in cui i paesi in via di sviluppo, gli Stati Uniti, il Giappone, il Canada o la Russia non riescano nemmeno a concordare l’inizio di negoziati su un accordo giuridicamente vincolante. «Sarebbe un disastro», afferma Hofstetter.

Quali sono dunque gli auspici del WWF per il vertice di Durban? «Un’intesa globale su un secondo periodo di riduzione delle emissioni per i paesi industrializzati e una chiara idea su come procedere verso un nuovo accordo giuridicamente vincolante, in vigore dal 2018», afferma Hofstetter.

Per la delegazione del governo elvetico, «lo scenario peggiore» sarebbe un’intesa di riduzione che raggruppa soltanto i paesi più sviluppati. «Tutto ciò che ci impedirà di passare a un accordo più ampio, che dovrebbe comprendere la riduzione e la limitazione delle emissioni per tutti i paesi, è da considerarsi un fallimento. Tutto ciò che invece ci porterà a un’intesa globale sarà un successo».

Kyoto inutile senza un accordo globale

Un’altra preoccupazione riguarda il fondo verde per il clima (Green Climate Fund), creato durante il vertice ONU dell’anno scorso. Si teme in effetti che i governi non siano in grado di garantire i 100 miliardi di dollari all’anno necessari per aiutare i paesi più vulnerabili ad affrontare il cambiamento climatico.

Al vertice di Durban, la Svizzera – che ha svolto un ruolo guida nella creazione di questo strumento – proporrà Ginevra quale sede del fondo. Questo permetterebbe di creare sinergie tra le istituzioni internazionali e ambientali presenti nella città di Calvino e il settore finanziario.

A favorire i colloqui di Durban potrebbero essere le ultime cifre pubblicate dall’Organizzazione meteorologica mondiale, secondo cui la concentrazione di gas nell’atmosfera ha raggiunto un nuovo record nel 2010 (vedi a fianco).

Anche il Gruppo consulente intergovernativo per il mutamento climatico (IPCC) ha invitati gli Stati a elaborare nuovi piani che tengano conto dell’accresciuto rischio di eventi atmosferici estremi.

Questi sviluppi, sottolinea Franz Perrez, evidenziano la necessità di un accordo globale che vada oltre il trattato di Kyoto. «Le emissioni dei paesi firmatari sono state ridotte e quindi il periodo di Kyoto è stato un successo. Se però le emissioni del resto del mondo continuano a crescere così tanto, annullando di fatto le riduzioni previste da Kyoto, allora non ci sarà alcuna soluzione per il futuro».

La 17esima Conferenza sul clima delle Nazioni Unite si svolge a Durban (Sudafrica) dal 28 novembre al 9 dicembre 2011.

L’incontro rientra nella Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici adottata nel 1995 e sottoscritta da 195 paesi.

A Durban si discuterà della proposta di istituire un nuovo regime che prevede un impegno vincolante nella riduzione delle emissioni. Lo scopo è di limitare a un massimo di 2 gradi il riscaldamento del globo dovuto al cambiamento climatico.

Nelle statistiche rese note il 21 novembre 2011, l’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) rileva che le concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera hanno raggiunto un nuovo record nel 2010.

Nonostante gli sforzi per ridurre le emissioni, il tasso di crescita dei gas nell’atmosfera è addirittura aumentato.

Nel 2010 la concentrazione di CO2 è stata di 389 parti per milione (ppm). Nel 1750, prima dell’inizio della rivoluzione industriale, il tasso era di 280 ppm.

Il livello di anidride carbonica è salito di 1,5 ppm all’anno durante gli anni Novanta e di 2,0 ppm nel primo decennio di questo secolo. L’aumento attuale è di 2,3 ppm. In forte crescita anche gli altri due principali gas a effetto serra, il metano e il protossido di azoto.

Tra le principali fonti di emissioni, l’OMM cita l’uso di carburanti fossili, la deforestazione e l’impiego di fertilizzanti.

Nel suo rapporto del 18 novembre 2011, il

Gruppo consulente intergovernativo per il mutamento climatico

(IPCC) prevede per questo secolo un aumento delle ondate di caldo (probabilità: 99-100%), così come degli eventi eccezionali quali forti precipitazioni, inondazioni, cicloni, frane e siccità (probabilità: 66-100%).

Traduzione di Luigi Jorio

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