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La Svizzera rilancia su riforme del Consiglio di sicurezza

Dopo un fallito tentativo di una profonda riforma, ora con il Consiglio di sicurezza dell'ONU la Svizzera e altri 19 paesi tentano la via del passo dopo passo Keystone

Dopo aver fallito nel 2012 con una risoluzione per una riforma del più potente organismo delle Nazioni Unite, la Svizzera torna alla carica con altri 19 stati. Il gruppo ACT auspica una più vasta collaborazione dei 15 membri dell'esecutivo con gli altri paesi membri dell'ONU.

Responsabile, ai sensi della Carta delle Nazioni Unite, per la pace e la sicurezza internazionale, il Consiglio di sicurezza dovrebbe migliorare i propri metodi di lavoro: è l’obiettivo del gruppo di Stati, che la scorsa settimana ha presentato le proprie proposte, alla sede dell’ONU a New York.

La stragrande maggioranza degli Stati membri delle Nazioni Unite non è rappresentata nei 15 seggi del Consiglio di sicurezza. Però tutti devono applicare le decisioni del Consiglio.

Il gruppo ACT – acronimo di Responsabilità (in inglese Accountability), Coerenza e Trasparenza –rilancia, su nuove basi, il progetto della Svizzera e di altri quattro piccoli stati (Small Five, S-5) naufragato un anno fa all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. La bozza di risoluzione, mirava a rendere più trasparente e quindi più credibile il Consiglio di sicurezza. Essa includeva una serie di raccomandazioni.

Subito dopo il suo ritiro, l’ambasciatore della Svizzera presso l’ONU a New York, Paul Seger, aveva dichiarato che le aspirazioni di maggiore trasparenza non erano comunque sepolte. A tali parole, adesso seguono i fatti.

Di più ampio respiro

La Svizzera ha tratto le debite lezioni dalle esperienze dell’S-5. Così ora il nuovo gruppo, composto di una ventina di piccoli e medi paesi, ha un ampio sostegno regionale.

In occasione del lancio dell’ACT, Seger ha spiegato che il gruppo si concentrerà sulla riforma dei metodi di lavoro. Non entrerà invece nella discussione, bloccata da più di 15 anni, di una riforma in profondità del Consiglio di sicurezza. D’altra parte non sarà più elaborata una bozza di risoluzione globale, ma saranno affrontati singoli temi concreti, più ristretti.

Per esempio, il gruppo ACT propone che il rapporto annuale del Consiglio di sicurezza fornisca informazioni più approfondite e che si rafforzino i contatti tra il Consiglio e gli Stati membri dell’ONU che non hanno un seggio nell’esecutivo. Un’altra richiesta è che i paesi che forniscono truppe per missioni ONU siano maggiormente coinvolti nelle discussioni sugli interventi.

Il gruppo ACT domanda anche l’abrogazione del diritto di veto dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza – Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia e Stati Uniti – nel caso di gravi reati, quali i crimini contro l’umanità, genocidio e crimini di guerra.

Altre questioni che vogliono affrontare i paesi dell’ACT sono la cooperazione tra il Consiglio di sicurezza e la Corte penale internazionale (CPI) e l’intensificazione della diplomazia preventiva da parte del Consiglio di sicurezza per evitare lo scoppio di conflitti, invece di intervenire solo in situazioni di crisi.

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite è formato da cinque membri permanenti – Stati uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina – e dieci membri eletti per un periodo di 2 anni.

Dalla nascita dell’ONU, che conta oggi 193 paesi, le cinque potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale godono di poteri speciali all’interno del Consiglio di sicurezza.

I cinque membri permanenti dispongono infatti del diritto di veto, con il quale possono bloccare qualsiasi proposta di risoluzione, anche quelle sostenute dalla maggioranza degli altri Stati.

Chiamato a decidere in merito al mantenimento della pace e alla sicurezza mondiale, il Consiglio di sicurezza non rispecchia più da molto tempo la situazione geopolitica mondiale.

Negli ultimi 20 anni sono state lanciate così numerose iniziative per modificare la sua composizione e far entrare altri paesi tra i membri tra i membri permanenti.

Ogni tentativo è stato però finora respinto, in diverse occasioni dagli stessi membri permanenti del Consiglio di sicurezza.

Dura battaglia

“È un progetto importante e difficile, ma vale la pena perseguirlo. Non dobbiamo tuttavia illuderci che il gruppo ACT riesca ad aprire tutte le porte rimaste bloccate per anni, se non addirittura per decenni”, ha dichiarato a swissinfo.ch Richard Dicker, direttore del programma di giustizia internazionale dell’organizzazione non governativa Human Rights Watch

Dal punto di vista del rispetto dei diritti umani, il gruppo è comunque importante. “Sono rimasto particolarmente colpito dal fatto che la questione della responsabilità sarà al centro del gruppo”, commenta Dicker, il quale accoglie positivamente l’idea di puntare sulla diplomazia preventiva. “Alcune atrocità non sarebbero successe se la comunità internazionale avesse agito di concerto prima. È difficile parlare di questo senza pensare a quanto succede ogni giorno in Siria”.

Consapevolezza e adesione

Secondo Dicker, è necessario un ripensamento di prospettiva in seno ai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, nonostante gli ostacoli. “Il più grande sarà la loro volontà di continuare a mantenere le cose come finora”. In particolare, la rinuncia al loro diritto di veto quando sono all’ordine del giorno gravi crimini susciterà forti opposizioni.

Circa l’obbligo di assumersi responsabilità e dover rendere dei conti, Dicker afferma di avere notato un crescente interesse da parte degli Stati membri, sia in dibattiti pubblici, sia sulla questione dei rapporti tra il Consiglio e la Corte penale internazionale. “Penso in particolare al sostegno ricevuto dall’appello lanciato dalla Svizzera al Consiglio di sicurezza per incaricare Corte penale internazionale di indagare sulla situazione in Siria”.

Dicker fa il legame tra l’istituzione dell’ACT e la crescente consapevolezza di Stati membri del loro ruolo attivo. “Progressi potrebbero essere compiuti soltanto in questo modo, non attraverso il confronto”. Il gruppo è costituito da paesi che non hanno alcuna rivendicazione di un seggio permanente al Consiglio di sicurezza. L’ambasciatore svizzero Paul Seger ha invitato altri paesi membri dell’ONU ad aderire all’ACT.

Attualmente, oltre alla Svizzera, sono membri del gruppo ACT (Responsabilità, coerenza e trasparenza) i seguenti paesi: Arabia saudita, Austria, Cile, Costa Rica, Estonia, Finlandia, Gabon, Irlanda, Giordania, Liechtenstein, Norvegia, Nuova Zelanda, Papua Nuova Guinea, Portogallo, Slovenia, Svezia, Tanzania (osservatrice) e Uruguay.

Una delegazione assume il ruolo di coordinatrice. Attualmente questo compito è affidato alla delegazione svizzera.

Su invito, altri stati possono aderire al gruppo ACT.

(Traduzione e adattamento: Sonia Fenazzi)

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