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“La risposta dei Paesi alla pandemia è stata nazionalistica e poco coordinata”

Keiji Fukuda
Keiji Fukuda è stato consigliere speciale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità per la pandemia di influenza H1N1 nel 2009. Keystone / Anja Niedringhaus

Il professor Keiji Fukuda, esperto di salute globale residente a Hong Kong, evidenzia i limiti del Regolamento sanitario internazionale dell'OMS e la riluttanza degli Stati a cooperare durante le emergenze sanitarie, come dimostrato dalla pandemia di coronavirus. Intervista.

Criticata per la lentezza della sua risposta alla pandemia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) affronta la questione della sua riforma durante l’assemblea generale, che si svolge virtualmente dal 24 maggio al 1° giugno a Ginevra.

Un gruppo di esperti indipendenti sulla preparazione e la risposta alle pandemie, istituito un anno fa dagli Stati membri dell’OMS, ha raccomandato in un rapporto pubblicato il 12 maggio “una riforma urgente dei sistemi di prevenzione e di risposta alle pandemie”, in particolare l’attuazione del Regolamento sanitario internazionale (RSI).

In un’intervista a SWI swissinfo.ch, il professor Keiji Fukuda sottolinea che gran parte della responsabilità della crisi sanitaria è da attribuire ai governi, i quali non hanno attuato le regolamentazioni globali esistenti.

Nato a Tokyo nel 1955, Keiji Fukuda è direttoreCollegamento esterno della Scuola di salute pubblica dell’Università di Hong Kong dal 2017. Medico formatosi negli Stati Uniti, di cui ha la nazionalità, ha lavorato all’Organizzazione Mondiale della Sanità (2005 – 2016) come assistente del direttore generale per la salute, la sicurezza e l’ambiente, consulente speciale del direttore generale per l’influenza H1N1, consulente speciale per la resistenza antimicrobica e direttore del programma mondiale di lotta contro l’influenza. Keiji Fukuda si è anche occupato del Regolamento sanitario internazionale, in particolare durante le epidemie di influenza aviaria e altre infezioni, così come durante la pandemia di influenza H1N1 del 2009.

SWI swissinfo.ch: Perché pensa che l’RSI non sia stato rispettato dai governi?

Keiji Fukuda: La risposta dei Paesi all’attuale pandemia è stata fortemente nazionalistica e poco coordinata. L’RSI è stato relativamente ignorato durante la Covid-19 a causa dell’attuale contesto geopolitico. Un accordo, una legge o un trattato internazionale possono avere un certo effetto, ma non permettono di raggiungere il loro obiettivo se la leadership politica non è favorevole o cooperativa al momento dell’emergenza.

Sulla base di ciò che abbiamo imparato dalla pandemia di Covid-19, quale parte dell’RSI non ha funzionato bene e deve essere modificata?

L’RSI deve essere rivisto nella sua integralità per valutare se sia ancora adeguato al suo scopo e, in caso contrario, modificato di conseguenza. Ma l’interrogativo più fondamentale è se i Paesi credono che un approccio multilaterale e cooperativo sia auspicabile e se sia possibile attuarlo nel momento attuale. Lo spero, perché è l’approccio più razionale per affrontare una minaccia collettiva come una pandemia. Ma non sono sicuro che la geopolitica globale consenta una risposta veramente multilaterale. Alcuni potrebbero preferire un approccio più frammentato per favorire una maggiore autonomia nazionale e un minore controllo a livello globale.

Perché la pensa così?

Molte delle decisioni fondamentali in questa pandemia, come le restrizioni di viaggio e alle frontiere, sono state prese dai singoli Paesi con poco coordinamento. È il tipo di misure per il quale è stato concepito l’RSI. In futuro, quando ci sarà una nuova pandemia o una nuova emergenza, i Paesi chiederanno all’OMS o ad altri Stati membri di discutere e di guidarli? Lo spero, ma non è chiaro. È possibile che i Paesi prenderanno tali decisioni in modo interamente autonomo, con poco coordinamento.

Pensa che sia comunque necessario avere delle norme sanitarie globali che determinano le misure di emergenza nazionali?

Probabilmente, in questo caso le norme mondiali non saranno molto utili, se non per fornire delle linee guida generali su ciò che i Paesi possono considerare come opzioni. Le circostanze e le situazioni nazionali specifiche di ogni Paese sono complicate quando si cerca di elaborare e, soprattutto, di implementare una norma globale. Durante un’emergenza, è molto più probabile che i Paesi si preoccupino della propria situazione piuttosto che seguire una norma globale, se non la ritengono utile per sé stessi.

Rivisto durante l’Assemblea Mondiale della Sanità nel 2005, questo regolamentoCollegamento esterno stabilisce il quadro della collaborazione internazionale nel controllo delle malattie infettive. Richiede ai 196 Stati membri di segnalare le malattie di portata internazionale e di mantenere le capacità di sorveglianza e d’intervento. Il regolamento include anche disposizioni per i viaggi e i trasporti, come la documentazione sanitaria richiesta per l’attraversamento delle frontiere.

Come dovrebbe essere riformato l’RSI per prepararsi alle future pandemie?

Il punto più importante non è l’RSI, ma la disponibilità dei Paesi a sostenere e ad accettare l’attuazione di una risposta multilaterale. Se questo appare auspicabile, allora la revisione dell’RSI potrebbe essere importante. Inoltre, potrebbe essere utile rivedere altri accordi, come il Pandemic Influenza Preparedness Framework, o crearne di nuovi. Per esempio, nonostante l’implementazione del meccanismo COVAX, la distribuzione dei vaccini è stata fortemente sbilanciata a favore dei Paesi più ricchi, in quanto hanno più soldi e un migliore accesso ai produttori. Si sono cosi accaparrati una gran parte dei primi vaccini. Alcuni Paesi hanno inoltre vietato l’esportazione di vaccini. Possiamo fare meglio? Lo spero, ma per questo i Paesi devono riaffermare il loro interesse a collaborare.

Pensa che sarà necessario introdurre restrizioni di viaggio più severe per contrastare le pandemie?

Le restrizioni di viaggio possono rallentare la diffusione dell’infezione nelle prime fasi di una pandemia, ma non è ottimale usare queste limitazioni per interrompere l’eventuale propagazione delle infezioni pandemiche. È più utile pensare alle restrizioni di viaggio come a una misura temporanea e tattica che permette a un Paese di guadagnare tempo per preparare i suoi sistemi e attuare delle misure basilari di prevenzione e di controllo delle infezioni, come il distanziamento sociale, le mascherine, i test e la vaccinazione.

I documenti sanitari per i viaggi sono inclusi in una disposizione dell’RSI. La prova della vaccinazione dovrebbe essere un prerequisito per viaggiare? 

È fortemente raccomandato e importante che le persone si facciano vaccinare contro la Covid-19. Tuttavia, rendere il vaccino una prerogativa obbligatoria per viaggiare creerà un requisito rigido che renderà i viaggi più difficili, ma non ridurrà la diffusione dell’infezione. Un approccio più flessibile e pratico sarebbe quello di incoraggiare i viaggiatori a farsi vaccinare – per esempio, riducendo i requisiti di quarantena – senza però fare del vaccino una condizione assoluta per viaggiare.

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Traduzione dall’inglese: Luigi Jorio

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