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Il presidente della Confederazione deve restare in carica per quattro anni

claude longchamp
Per il politologo Claude Longchamp, il presidente della Confederazione dovrebbe assumersi maggiori responsabilità della sua politica e poter porre la questione della fiducia in Parlamento. swissinfo.ch

In Svizzera il potere è stato finora distribuito accuratamente. Questo si riflette nei limiti posti al presidente della Confederazione che deve abbandonare le sue mansioni poco dopo aver assunto la carica. Nella situazione attuale, occorre invece costanza e leadership per periodi più lunghi.

È risaputo che sono uno strenuo sostenitore del sistema governativo svizzero.

Il Consiglio federaleCollegamento esterno (governo svizzero) e i suoi sette membri forniscono un buon lavoro quando si tratta di coesione nazionale. Le crisi sono tuttavia state necessarie per affiancare alla borghesia liberale anche conservatori cattolici, contadini e lavoratori. Vi è poi stato un ulteriore ampliamento con l’integrazione del Partito popolare democratico (PPD), dell’Unione democratica di centro (UDC) e del Partito socialista (PS) in un Consiglio federale a orientamento piuttosto liberale.

L’apertura del mondo politico di dominio maschile verso le donne è avvenuta tardi. Ma anche in questo caso, dopo mezzo secolo, la Svizzera si è spostata dall’ultimo posto per quanto concerne il voto alle donne fino al primo terzo della classifica per presenza femminile.

Sintomo: illusione politica europea

Nonostante gli indubbi vantaggi, vedo però anche svantaggi nel nostro sistema governativo attuale. La più grande debolezza riguarda la guida strategica.

Al momento questo punto debole è molto visibile nel dossier europeo. La richiesta di un accordo quadro come continuazione dei bilaterali è sul tavolo dei negoziati da cinque anni. Il Consiglio federale ha però fatto un notevole passo in avanti solo nel 2018, senza tuttavia assicurarsi il sostegno di sindacati, associazioni di categoria e cantoni. Il consigliere federale Ignazio Cassis, responsabile della politica estera, ha comunque siglato l’accordo. L’intero Consiglio federale si è prontamente opposto e ha avviato un dibattito interno della durata di sei mesi. L’UE ha convenuto, ma ha ribadito che i negoziati stessi sono conclusi.

Ed è esattamente questo punto che il nuovo presidente federale Ueli Maurer sta mettendo in discussione, richiedendo di rinegoziare.

Un nuovo esempio di cambiamento di rotta nella politica europea dalla Svizzera. Sta maturando l’impressione che l’accordo quadro stia fallendo sul nascere per quanto concerne la politica interna. Per alcuni, si tratta ora unicamente di trovare qualcuno a cui addossare la colpa del fallimento.

L’autore

Claude Longchamp è uno tra i politologi e analisti più stimati ed esperti della Svizzera.

Ha fondato l’Istituto di ricerca gfs.bernCollegamento esterno, che ha diretto fino al suo pensionamento e di cui è attualmente il presidente del Consiglio di amministrazione. Per trent’anni Longchamp ha analizzato e commentato le votazioni e le elezioni per la radiotelevisione di lingua tedesca SRF.

Per swissinfo.ch e per la sua piattaforma sulla democrazia #DearDemocracy, Longchamp scrive ogni mese un testo sulle elezioni federali 2019.

Il politologo e storico è autore di due blog: uno incentrato su temi politici, Zoonpoliticon, l’altro su argomenti di carattere storico StadtwandererCollegamento esterno.

Diagnosi: lacune dirigenziali

La mia tesi è diversa. La presidenza del Consiglio federale è la parte istituzionale del problema. È una funzione senza compiti né competenze specifiche e il presidente è nominato ogni anno tramite un voto di rito. Niente e nessuno garantiscono costanza negli obiettivi e nei mezzi.

Nei negoziati per l’accordo quadro, la Svizzera è stata rappresentata a turno da Didier Burkhalter (del Partito liberale radicale, PLR), Simonetta Sommaruga (PS), Johann Schneider-Ammann (PLR), Doris Leuthard (PPD) e Alain Berset (PS). Ora tocca a Ueli Maurer (UDC). Si sono sempre trovati di fronte Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione eletto per cinque anni.

Finché ci sono stati negoziati sostanziali da entrambe le parti, la situazione era più o meno equilibrata. Ora che il gioco si è fatto duro, risulta sproporzionato: una serie di mosche che negoziano con un potente ragno crociato.

Problema: il presidio come compito accessorio

E non è finita qui. Il ministro degli esteri, sostenuto dalla diplomazia, funge unicamente da organizzatore. La guida politica resta di competenza del Consiglio federale e del rispettivo presidente della ConfederazioneCollegamento esterno. Se il ministro degli esteri e il presidente della Confederazione seguono obiettivi e mezzi diversi, la situazione può diventare intricata.

Visione: più competenze nella guida, compiti chiari 

La riforma del sistema governativo svizzero deve iniziare dal presidente della Confederazione. Occorre ridefinire la durata e le competenze di questa figura.

La mia visione è un presidente della Confederazione responsabile della strategia globale del Consiglio federale. Una strategia elaborata in base a obiettivi legislativi, preparati dai partiti di governo e approvati dal Parlamento.

Il tema di massima priorità è trattato dal dipartimento presidenziale. Al momento il presidente della Confederazione si occuperebbe della politica europea. È responsabile dell’elaborazione delle proposte strategiche e della comunicazione dei risultati in Svizzera e all’estero.

“Un presidio quadriennale offre il vantaggio di consolidare la leadership e di delinearne più chiaramente i compiti”

Soluzione: durata della presidenza più lunga

Una situazione di questo tipo non è più pensabile con un mandato a titolo accessorio di un solo anno. Occorrono uno status indipendente e un’estensione della presidenza federale. Negli ultimi anni sono state avanzate due proposte concrete: Doris Leuthard ha sostenuto una presidenza biennale, Moritz Leuenberger una quadriennale.

Sono propenso alla seconda idea. Un mandato di due anni costituirebbe un miglioramento e potrebbe essere attuato nel quadro esistente. Rimarrebbe tuttavia il doppio onere della direzione del dipartimento e della presidenza federale. Un ostacolo al lavoro strategico. Un presidio quadriennale, invece, offre il vantaggio di consolidare la leadership e di delinearne più chiaramente i compiti.

Misura: il popolo sceglie la guida

Una presidenza di questo tipo comporterebbe probabilmente un nuovo processo elettorale. Mi sembra che il modo migliore per uscirne sia l’elezione popolare del presidente federale. Possono candidarsi i membri con una legislatura completa alle spalle. Sarebbero così garantiti il legame con il Consiglio federale e le competenze in materia esecutiva.

Le elezioni si svolgerebbero all’inizio del mandato dopo una breve ma intensa campagna elettorale, durante la quale i candidati dovrebbero formulare la loro prospettiva del paese e dimostrare la leadership. Alla fine, gli elettori deciderebbero democraticamente.

Certamente si dovrebbe garantire un’adeguata rappresentanza costituzionale delle regioni svizzere, per esempio attraverso la nomina di un vicepresidente da parte del presidente federale. In questo modo, la rappresentanza delle regioni linguistiche e l’orientamento politico della presidenza potrebbero risultare più equilibrati e, in caso di emergenza, vi sarebbe un sostituto.

Soluzione: dipartimento presidenziale

Non si creerebbe una democrazia presidenziale come quella degli Stati Uniti. Come tuttora, i membri del Consiglio federale sarebbero eletti dal Parlamento e il presidente non potrebbe sospendere nessuno. Non avrebbe poteri speciali al di fuori del dipartimento presidenziale. Nel suo ambito operativo, tuttavia, avrebbe chiari ruoli dirigenziali che permetterebbero di creare connessioni con gli altri dipartimenti, coinvolgere gruppi di interesse e partiti di governo. Dovrebbe assumersi maggiori responsabilità della sua politica e poter porre la questione della fiducia nel Parlamento. 

Il cantone Basilea città ha già un sistema simile. Le esperienze fatte finora sono positive. Anche diverse città funzionano in questo modo. Gli esempi dimostrano che un ufficio presidenziale è compatibile con un sistema collegiale. Anzi, la collegialità ne risulta addirittura rafforzata quando si tratta di trovare un consenso assolutamente necessario in questioni strategicamente importanti. Perché senza un consenso di questo tipo, si creerebbe dissenso anche in altri temi.

È chiaro che questa idea rompe con la tradizione del “primus inter pares” (il primo tra pari). Ma lo scopo è proprio questo. Già oggi, i consiglieri federali donna a volte si vedono come qualcosa di più, senza che questa situazione sia stata regolamentata. Oltre ai grandi vantaggi, questo è un evidente svantaggio del sistema governativo svizzero.

I partiti

UDC: Unione democratica di centro (destra conservatrice)

PS: Partito socialista (sinistra)

PLR.I Liberali: Partito liberale radicale (destra liberale)

PPD: Partito popolare democratico (centro destra)

PES: Partito ecologista svizzero (sinistra)

VL: Verdi liberali (centro)

PBD: Partito borghese democratico (centro)

Traduzione dal tedesco di Michela Montalbetti

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