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Musica folcloristica alla ricerca delle sue radici

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Il camerino è affollato. E non vi è da meravigliarsi. Un gruppo folk, una cantante jazz e un violinista di musica classica si stanno rilassando prima di uno spettacolo comune. Questa simbiosi tra vari generi musicali è diventata molto frequente nella musica folcloristica svizzera.

Sul palco di Stans, nel canton Nidvaldo, sono disposti per il concerto, tutto esaurito, due semicerchi di Schwyzerörgeli. Già da due secoli queste fisarmoniche diatoniche contraddistinguono la musica popolare svizzera. Invece del vecchio repertorio folcloristico, il gruppo interpreta canzoni popolari in romancio, la quarta lingua nazionale, e in dialetto svizzero-tedesco.

A promuovere questo concerto è stata la carismatica cantautrice Corin Curschellas, che dopo vari anni di vita all’estero, ha voluto riscoprire le sue radici. Per scegliere i brani ha attinto ad un archivio di 2000 canzoni popolari, collezionate negli anni ’30 del secolo scorso da Alfons Maissen. L’appassionato aveva aveva visitato numerosi villaggi, chiedendo agli abitanti di esibirsi nelle loro canzoni preferite.

“È un’incredibile collezione di perle”, si entusiasma Corin Curschellas. La cantante si è rivolta al gruppo Pflanzplätz e al violinista Andy Gabriel per reinterpretare e “riportare in vita” una ventina di canzoni di questa collezione.

La coesistenza della musica popolare proposta in modo tradizionale e di quella riproposta come crossover è un fenomeno che si riscontra in tutte le regioni linguistiche della Svizzera, così come l’interesse dei giovani per la musica folk. Ma la Svizzera italiana presenta un vantaggio: c’è una tradizione orale molto forte che non si è mai interrotta, spiega il musicista ed etnomusicologo Pietro Bianchi. L’esperto in passato ha così potuto raccogliere circa 600 canti tradizionali dalla viva voce di cantori.

Oggi la riproposta, di vari tipi, della musica tradizionale nella Svizzera italiana, “è un fenomeno urbano che s’interessa agli elementi autentici, arcaici, della musica folk e ne trae ispirazione. Non sono più i contadini che la ripropongono, non c’è più quel legame tra cultura popolare e cultura rurale che c’era nel passato”, precisa lo specialista, il quale parla di “una musica molto viva, attuale, di qualità, che ha saputo adattarsi”. E “se la tradizione popolare sa assorbire nuovi elementi è un segno di buona salute”.

Vitalità e interesse che, dal 2012, hanno portato in Ticino anche un nuovo evento internazionale: il festival LocarnoFolk, quest’anno in calendario il 26 e 27 luglio con un nutrito programma.

Simbiosi musicali

Pflanzplätz e Gabriel sono musicisti che provengono da settori diversi. Il gruppo si muove piuttosto in ambito di folk, rock e danza, mentre il violinista si cimenta in improvvisazioni, partendo dalla musica pop o classica. Come mai quindi questa simbiosi?

“Per promuovere incontri, scambi e impulsi interessanti”, risponde Simon Dettwiler, il membro più anziano del gruppo Pflanzplätz. “È anche una questione di suoni. Le fisarmoniche diatoniche svizzere sono un po’ diverse, ma il loro suono è quello di una fisarmonica. Assumono un suono più aperto se sono accompagnate ad esempio da un violino, un cembalo, un clarinetto o un cantante”.

Miscugli tra generi musicali diversi, come questi, sono diventati abituali nella musica popolare svizzera che da anni si ispira sia alla tradizione che all’avanguardia. Vi è così un crescente numero di giovani musicisti che rovistano tra i repertori del passato e cercano di reinventare stili risalenti perfino ad un secolo fa.

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Più concorrenza

La musica folcloristica ha rimescolato degli stili diversi nel corso di tutta la sua storia. Ora però tali collaborazioni si sono quasi istituzionalizzate. L’Università di scienze applicate e di arte di Lucerna offre ad esempio un modulo di musica popolare per gli studenti di musica jazz e classica.

Secondo il coordinatore del corso Daniel Häusler, l’impulso principale è stato quello di fornire una formazione in strumenti tradizionali come l’organetto e il salterio. Il corso non mira però a trasformare gli studenti di jazz in musicisti folcloristici.

“Ogni musicista deve trovare la sua strada. Ci sono molti musicisti folk di successo che sono autodidatti. Cerchiamo semplicemente di offrire agli studenti una formazione il più possibile completa, affinché possano gestire tutte le sfide che potrebbero incontrare in futuro”.

L’insegnamento, che si basa anche sulla memorizzazione e l’improvvisazione, è ancora agli inizi. Ma la sua offerta è stata notata negli ambienti della scena folcloristica.

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Studenti più istruiti

“Questi corsi permetteranno di avere studenti più istruiti. Non so però se la musica sarà migliore. Staremo a vedere”, rileva Dieter Ringli, un etnomusicologo che ha scritto una guida alla musica popolare svizzera nel 2005 e impartisce lezioni su vari stili musicali.

Alcuni musicisti folk dilettanti hanno espresso la loro preoccupazione per il corso, temendo di non poter competere con dei professionisti. Già oggi per i dilettanti vi è poco da guadagnare. “Molti di loro suonano per un pranzo, una birra e magari una cinquantina di franchi. Non si può vivere di questo. Forse i nuovi corsi cambieranno un po’ la scena musicale, ma è troppo presto per dirlo”, ritiene Ringli.

I nuovi corsi appassionano invece la cantante di yodel Nadja Räss. “Sono veramente una bella cosa. In Austria e Svezia, la musica folcloristica è molto più presente nella vita quotidiana. In Finlandia è possibile studiare questa musica anche per 20 anni. Ora abbiamo anche noi la possibilità di seguire una formazione in quest’ambito a Lucerna. Forse tra 20 anni saremo allo stesso livello della Finlandia”.

Ritorno alle radici

A detta di Nadja Räss, il crescente interesse per la musica popolare corrisponde ad una volontà di ritorno alle origini, che si si riscontra anche in altri ambiti sociali, non solo nella musica.

Una visione condivisa da Dieter Ringli: Trenta anni fa “assolutamente nessuno ascoltava musica popolare nelle città svizzere: gli ambienti di sinistra trovavano orrendo questo genere musicale. Ciò sta cambiando da una quindicina di anni”.

“Molte persone ascoltavano musica folk di tutto il mondo. Si sono quindi chieste se non vi fosse qualcosa di simile in Svizzera. La riscoperta delle tradizioni locali è una tendenza che si denota anche in altri campi. Ad esempio con la birra. Venti anni fa si beveva birra proveniente da tutto il mondo. Ora vi sono birrerie in ogni villaggio che producono birra locale”.

Parlando della musica popolare in Svizzera, il pensiero va spontaneamente allo jodel. Questa particolare tecnica vocale non è però patrimonio esclusivo della Svizzera, ma è diffusa anche in altre regioni dell’arco alpino, in particolare in Austria e Tirolo.

Nelle Alpi, lo jodel serviva da strumento di comunicazione a distanza tra i pastori, separati dalla topografia impervia delle regioni di montagna.

In Svizzera si distingue tra il grido di gioia (Jauchzer), un grido acuto, che inizia all’estremità superiore della voce maschile e finisce con un respiro di esultanza, e lo jodel naturale a una o più voci, una melodiosa sequenza di sillabe senza accezione.

Accanto a questi antichi tipi di jodel, dal 1818 è noto anche lo jodel cantato, una strofa di canzone popolare ripresa nel refrain dello jodel. Esso deriva dallo jodel tirolese, portato in Svizzera dai cantanti girovaghi provenienti dall’Austria, e dal canto dei vaccai, la canzone tradizionale dei pastori svizzeri.

(traduzione di Armando Mombelli)

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