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Nuove realtà globali dividono le opinioni al WEF

Lo spettro delle rivolte popolari in Tunisia ed Egitto aleggiavano sul WEF di Davos Keystone

I drammatici eventi in atto in Egitto e quelli analoghi che li hanno preceduti in Tunisia riassumono bene il miscuglio di sentimenti che ha caratterizzato la 41ª edizione del Forum economico mondiale (WEF) di Davos.

Mentre alcuni osservatori sperano che i disordini nei due Paesi trasformino i regimi autocratici in democrazie stabili, altri temono che possano essere preludio di un caos che si diffonderebbe in Medio Oriente.

D’altra parte, anche la risposta della Russia all’attentato suicida all’aeroporto di Mosca, che è costato la vita a 35persone, ha sollevato interrogativi sulle nuove realtà. Dopo aver licenziato il personale di sicurezza dell’aeroporto e affermato di volere sradicare i gruppi terroristici, il presidente russo Dimitri Medvedev è provocatoriamente volato a Davos per pronunciare il discorso di apertura, lanciando così il chiaro segnale che i suoi piani non erano stati perturbati.

Allo contempo la Russia ha annunciato un megaprogetto multimiliardario di costruzione di stazioni sciistiche nella regione del nord del Caucaso, dove gli indipendentisti si battono contro Mosca, argomentando che il turismo potrebbe dare nuova speranza e contribuire a sconfiggere il terrorismo.

Politici, leader dell’imprenditoria e rappresentanti della società civile, dei media, della religione e della scienza a Davos erano divisi anche sulle conseguenze del nuovo ordine economico: da una parte c’era chi è convinto che aiuti lo sviluppo globale. dall’altro chi ritiene invece che lo ostacoli.

Lo stato d’animo nel corso dell’edizione 2011 del Forum è stato di cauto ottimismo. In contrasto con la forte paura del 2009 e l’incertezza sulla ricostruzione dello scorso anno. Le discussioni sono state dominate dalla crescita a due velocità nei paesi emergenti e in via di sviluppo che potrebbe scatenare un’ondata di protezionismo.

Crescita eterogenea

La crescita elevata in Cina, India, Brasile e altri paesi ha aiutato l’economia mondiale ad uscire dalla recessione, è stato rilevato al WEF. Tutti erano d’accordo che gli investimenti e l’innovazione continueranno a migrare dall’Occidente all’Oriente e al Sud.

Ma sulle conseguenze di questo vasto cambiamento economico e, inevitabilmente, di potere politico i pareri divergevano. L’economista statunitense Nouriel Roubini ha descritto la situazione come un “bicchiere mezzo pieno, ancora mezzo vuoto”.

Roubini ha chiaramente illustrato i modelli del progresso economico irregolare, sottolineando che il tasso di crescita in Cina – del 10% – è stato pari al tasso di disoccupazione negli Stati Uniti.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha detto che non lascerà mai crollare l’euro, mentre la cancelliera tedesca Angela Merkel ha annunciato nuove misure per contribuire ad alleviare i paesi membri dell’Unione europea oberati di debiti. Ma c’erano ancora un sacco di dubbi a Davos sulle probabilità di successo di queste manovre difensive.

Il segretario al Tesoro statunitense Tim Geithner ha affermato che il crescente deficit di bilancio del suo paese – che ha raggiunto i 1500 miliardi dollari – è insostenibile a lungo termine. Ma la sua difesa del piano del presidente Barack Obama, di continuare a investire mantenendo al contempo gli sgravi fiscali, ha sollevato qualche perplessità.

Per qualcuno è arrivata la primavera

Sull’altro fronte, la Cina e la Russia hanno aumentato la loro rappresentanza a Davos. Spettacolare la progressione di rappresentanti cinesi al WEF, passati dai tre del 2001 ai 66 di quest’anno. Le economie emergenti stanno chiaramente vivendo una vera primavera e la Cina ha colto l’occasione del Forum per avviare negoziati formali in vista della conclusione di un accordo di libero scambio con la Svizzera.

Molti dei 2500 delegati si sono però recati al WEF per discutere di argomenti riguardanti l’ambiente, la salute e la povertà, la parità dei sessi e gli aiuti umanitari. Ma l’impressione a Davos è stata che questi temi nell’edizione 2011 sono stati confinati in coda dell’ordine del giorno. Nei dibattiti hanno invece tenuto banco le turbolenze politico-sociali nell’Africa del Nord, lo stato dell’economia mondiale, il debito statale e le valute.

Vale la pena

Allora valeva la pena partecipare, se si era interessati a temi relegati in secondo piano? Bill Gates ha pensato di sì quando ha annunciato finanziamenti più massicci per lo sradicamento della polio.

Lo stesso ha pensato Bill Clinton quando ha ricordato al mondo la necessità di continuare la ricostruzione di Haiti. Così come ha pensato anche la rock star ed ex critico del WEF Bono quando ha usato il palco del Forum per esortare i governi a non tagliare gli stanziamenti di aiuti nell’ambito dei programmi di risparmio. Bono ha rammentato che migliaia di bambini sono stati salvati in parte grazie al WEF, che ha trovato le persone giuste al momento giusto.

La riunione di tante personalità influenti internazionali, che comprende un vasto spettro di competenze, ha anche presentato l’opportunità di fare lobby, di negoziare e trattare, non sempre al fine di riempire le tasche di finanzieri.

Certo, il settore bancario è tornato rinvigorito, ma i tentativi di rialzare il tono, dopo la crisi finanziaria, non sono stati ben accolti.

 

Aleggia un’ombra

Ma a gettare un’ombra su tutti i dibattiti, come anche sui cocktail e i party, ci sono state la situazione ancora irrisolta in Egitto e la paura che la Giordania e la Siria potrebbero essere le prossime sull’elenco dei paesi in preda a disordini e dove si attua un cambiamento forzato.

Philip Jennings, segretario generale dell’organizzazione internazionale dei sindacati UNI Global Union, si è chiesto se gli eventi in Nord Africa possono rappresentare una sorta di equivalente della “caduta del Muro di Berlino” sia per quella regione sia per il Medio Oriente.

Molti delegati sono stati riluttanti ad esprimere un parere aperto sul tema. Forse erano semplicemente confusi dalla velocità degli eventi. Ma  secondo il segretario generale di Amnesty International, Salil Shetti, molti stavano semplicemente cercando di valutare le proprie scommesse.

“Molte persone hanno grossi interessi commerciali in Egitto e sono in attesa di vedere che direzione prenderà la situazione”, ha detto Shetti a swissinfo.ch. “Ma la regione araba ha un sacco di soldi, quindi se le agitazioni si diffondono, dovranno essere realistici”.

Il Forum economico mondiale è stato fondato da Klaus Schwab nel 1971 a Davos, inizialmente con il nome di Management Symposium, con lo scopo di facilitare i contatti tra i leader europei e quelli nordamericani.

Da allora il WEF organizza l’incontro annuale nella località grigionese. L’unica eccezione è stata l’edizione 2002, trasferita a New York, in omaggio alle vittime degli attentati dell’11 settembre 2001.

La sede del WEF è a Cologny, nel canton Ginevra. Il suo budget annuale è finanziato dal migliaio di aziende affiliate.

Oltre ad organizzare l’appuntamento annuale di Davos, il WEF promuove simposi, gruppi di lavoro e studi in diversi paesi del mondo. Il WEF svolge diverse analisi globali e particolari su incarico dei propri membri.

Il tema scelto per l’edizione 2011 (26-30 gennaio) era Shared Norms for the New Reality (letteralmente: regole condivise per la nuova realtà).

(traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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