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Novità per i promotori di iniziative

Raccogliere firme per un'iniziativa popolare è il primo impegnativo passo di un lungo cammino Keystone

Il destino delle iniziative popolari verosimilmente in futuro si giocherà un po' meno sovente nel segreto delle urne e un po' di più sul terreno parlamentare. I promotori delle iniziative, infatti, hanno ora una nuova possibilità: il ritiro condizionato dei loro testi.

Ciò consente al comitato d’iniziativa di cautelarsi contro il rischio di restare a mani vuote se ritira il proprio testo perché soddisfatto del controprogetto indiretto del parlamento.

Finora il ritiro era incondizionato. Poteva perciò succedere che in realtà il controprogetto adottato dal parlamento non entrasse in vigore e il comitato che aveva rinunciato a far sottoporre l’iniziativa a votazione popolare, perché soddisfatto del testo parlamentare, restasse così completamente fuori gioco senza ottenere quanto previsto.

Come ogni legge o modifica di legge, contro di esso può infatti essere lanciato un referendum. Se questo riesce, la normativa dev’essere sottoposta a votazione popolare e può dunque anche essere rifiutata.

Ora invece, se le Camere federali elaborano un controprogetto indiretto che soddisfa il comitato promotore, quest’ultimo può ritirare l’iniziativa, vincolando la revoca all’entrata in vigore della normativa adottata dal parlamento. Qualora questa fosse respinta in votazione popolare, allora l’iniziativa sarebbe sottoposta al voto di popolo e cantoni.

Dalla teoria alla pratica

L’innovazione legislativa, vigente dal 1° febbraio, è subito applicata concretamente. Il comitato dell’iniziativa popolare “Acqua viva”, infatti, ha deciso di ritirare il testo, a patto che la revisione della Legge sulla protezione delle acque, adottata dal parlamento in dicembre come controprogetto indiretto, entri in vigore.

Proprio in relazione all’elaborazione del controprogetto indiretto all’iniziativa per la rinaturazione dei corsi d’acqua – lanciata dalla Federazione svizzera di pesca e firmata da oltre 160mila aventi diritto – il senatore ticinese Filippo Lombardi ha maturato l’idea di un ritiro condizionato delle iniziative.

Risolvere l’eterno dilemma

Al comitato d’iniziativa andava bene il controprogetto elaborato dalla commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia (CAPTE) della Camera dei Cantoni. Non voleva però ritirare il proprio testo nel timore di un eventuale referendum da parte delle cerchie delle aziende elettriche che avrebbe potuto lasciarlo con un pugno di mosche.

Questo tipo di dilemma si era già presentato più volte negli ultimi anni. Lombardi – allora presidente della CAPTE – ha dunque deciso di presentare, nel dicembre 2008, un’iniziativa parlamentare che sollecitava una modifica della legge sui diritti politici (LDP).

Risparmiare tempo e denaro

La proposta del popolare democratico ticinese è stata accolta positivamente dalle competenti commissioni parlamentari delle istituzioni politiche, con il sostegno del governo. A loro avviso, tutte le parti interessate traggono vantaggio dalla via tracciata da Lombardi.

Con la garanzia di poter sottoporre al giudizio di popolo e cantoni il proprio testo nel caso di un affossamento del controprogetto parlamentare, il comitato d’iniziativa non manterrebbe più soltanto per precauzione il proprio testo. Economizzerebbe così le energie e il denaro che richiedono le campagne per le votazioni. Oneri che sarebbero risparmiati anche allo Stato e dunque ai cittadini.

Al parlamento sarebbe evitata la vanificazione del suo dispendio di tempo, per trovare a livello legislativo una soluzione idonea alle questioni essenziali sollevate dall’iniziativa ed eventualmente per regolare anche altre questioni normative che essa non contiene.

D’altro canto, con un controprogetto indiretto, i firmatari dell’iniziativa avrebbero maggiori probabilità di vedere realizzate le rivendicazioni centrali del testo, poiché le iniziative sono raramente approvate alle urne.

Obiezioni UDC e PLR

Queste tesi sono state sposate all’unanimità dalla Camera dei Cantoni, che nel settembre 2009 ha dato il nullaosta con 40 voti senza opposizioni e senza astensioni. Alla Camera del popolo la modifica di legge è invece stata osteggiata dal gruppo dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) e dalla maggioranza dei liberali radicali (PLR).

Secondo questi ultimi, il cambiamento complica il sistema dei diritti popolari, senza portare alcun miglioramento. I liberali radicali obiettavano che se un controprogetto è bocciato in votazione popolare, è quasi certo che anche l’iniziativa subisca la stessa sorte. Perciò è inutile mantenerla e far votare due volte il popolo praticamente sullo stesso oggetto, ha osservato la capogruppo Gabi Huber.

Per l’UDC, la modifica indebolisce la democrazia diretta a vantaggio del parlamento. Il deputato zurighese Hans Fehr ha parlato di “un ibrido” che introduce “una cultura del ritiro” e porta a “iniziative di cattiva qualità”. Il rappresentante dell’UDC ha anche rimproverato a Lombardi di voler servire gli interessi legati all’iniziativa “Acqua viva”.

Adattamento alla realtà

In proposito, la cancelliera della Confederazione Corina Casanova ha sottolineato che “dal 1987 c’è un’alta congiuntura dei controprogetti indiretti alle iniziative popolari” Il parlamento ne elabora circa “uno ogni due iniziative”. Secondo la cancelliera, “l’iniziativa parlamentare di Lombardi è la logica conseguenza di tale situazione”.

Un parere condiviso dalla maggioranza della Camera bassa, costituita dai Gruppi socialista, verde e popolare democratico, per i quali questa modifica rappresenta una soluzione equilibrata a un problema che si pone frequentemente. Così si consolida la tradizione del dialogo e del compromesso che caratterizza il sistema elvetico di democrazia semidiretta.

In votazione finale, il 25 settembre 2009, la Camera del popolo ha approvato la modifica di legge con 106 voti contro 88 e 2 astensioni. I suoi oppositori non hanno lanciato alcun referendum. Il governo l’ha quindi ora messa in vigore.

Sonia Fenazzi, swissinfo.ch

Se il parlamento riconosce la legittimità delle rivendicazioni di un’iniziativa popolare, ma non approva la soluzione da essa prevista, può opporle un controprogetto.

Questo può essere diretto, vale a dire che è regolato a livello costituzionale. Entrambi necessitano dunque della doppia maggioranza del popolo e dei cantoni per essere accettati.

I due testi sono sottoposti simultaneamente a scrutinio federale, insieme a una domanda sussidiaria. Ai votanti è chiesto quale dei due dovrà entrare in vigore, nel caso in cui entrambi abbiano ottenuto la doppia maggioranza.

Il parlamento può però anche optare per un controprogetto indiretto, ossia regolato a livello legislativo. In questo caso il testo è sottoposto a votazione popolare solo se contro di esso viene lanciato con successo un referendum. D’altra parte, per essere accettato nello scrutinio popolare necessita solo della maggioranza semplice dei voti.

Solitamente il parlamento pubblica il controprogetto nel Foglio federale – che fa stato per i termini di referendum – solo dopo che l’iniziativa è stata ritirata dai promotori o bocciata in votazione popolare.

Un sì del popolo e dei Cantoni all’iniziativa renderebbe infatti caduca la modifica legislativa. Perciò non avrebbe senso metterla in vigore con il rischio che sia solo per un breve periodo.
Ciò per evitare che la legge diventi caduca dopo breve tempo

Il comitato d’iniziativa aveva già la possibilità di ritirare il proprio testo, tuttavia senza condizioni, prima che il governo fissi la data della votazione. Il ritiro condizionato si aggiunge ora a questo diritto.

Dall’introduzione, nel 1891, dell’articolo che permette una revisione parziale della Costituzione federale tramite iniziativa popolare, ad oggi, ne sono state lanciate 365.

Sulle 276 formalmente riuscite, sono state sottoposte a votazione federale 171 iniziative: 4 sono state dichiarate nulle, 2 archiviate e 81 ritirate.

Soltanto 17 iniziative sono state accolte dal popolo e dai Cantoni. La prima, nel 1893, era per il “Divieto della macellazione rituale” e aveva un carattere antisemita. L’ultima è quella “Contro l’edificazione di minareti”, approvata il 29 novembre 2009.

La proporzione di accettazione è nettamente aumentata in questi ultimi anni. Tra il 1891 e il 2003 ne erano state approvate 13, mentre dal 2004 alla fine del 2009 ne sono state avallate 4.

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