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Non solo giovani al centro “anti-sbornia” di Zurigo

Una stanza del centro ZAS di Zurigo dove smaltire gli eccessi alcolici. Keystone

Zurigo pensa di rendere definitivo il centro sperimentale “anti-sbornia” in funzione dal marzo 2010. Un primo bilancio provvisorio non ha soltanto presentato risultati incoraggianti dal profilo dell'ordine pubblico, ma ha permesso anche di capire meglio il fenomeno dell'alcolismo tra i giovani.

Lo ZAS (“Zentrale Ausnüchterungsstelle”, ovvero “centro anti-sbornia”) viene gestito dal Servizio sanitario comunale in collaborazione con la Polizia della città. Si tratta di un progetto sperimentale, della durata di un anno, concepito allo scopo di far sì che le persone in grave stato di ubriachezza, che «mettono in pericolo se stesse e gli altri», vengano prese dalla polizia e messe al sicuro e sotto controllo medico.

L’intento iniziale delle autorità era di disporre di un ulteriore strumento per contenere i comportamenti violenti dei giovani causati dall’abuso di alcol. A preoccupare, anche da un punto di vista sanitario, era in particolare il ripetersi di casi di ubriachezza estrema, fino al coma etilico, tra gli adolescenti.

Con sorpresa, ci si è però accorti che i casi di ubriachezza estrema, quelli ritenuti più gravi e pericolosi, sono meno numerosi di quanto ci si aspettasse. Dei 366 “clienti” del ZAS nei primi 28 weekend di apertura del centro, «sono soltanto 18 i giovani al di sotto dei 18 anni d’età», conferma il direttore del progetto, Beat A. Käch, del dipartimento di polizia della città.

Ed anche se i giovani adulti tra i 18 e i 24 anni sono il 29 per cento, tutti gli altri, dai 25 ai 69 anni, costituiscono pur sempre oltre i due terzi del totale.

Giovani senza limiti

Sembra perciò ingiustificato presentare il binomio di ubriachezza e violenza come fenomeno esclusivamente giovanile. Inoltre, se il tasso di alcolemia rilevato nel sangue va da un minimo dello 0,07 ad un massimo del 4,10 per mille, è anche vero che i valori più alti, superiori al 3 per mille, sono stati registrati soltanto in 11 casi.

In definitiva – ci spiega Renate Monego, responsabile del Servizio sanitario comunale – i 22 ricoveri in ospedale «sono dovuti essenzialmente a sospetti di emorragie interne o di fratture dovute a cadute o colpi accidentali».

Le differenze più marcate tra giovani e adulti si evidenziano invece dal profilo sanitario. «Abbiamo notato che tra i giovanissimi sono frequenti i casi di quelli che si trovano per la prima volta in questa situazione», dice Monego, «il che significa che non sono abituati all’alcol e non conoscono limiti e misure. L’esperienza dimostra che anche qui gli adulti hanno il vantaggio di capire quando devono smettere, mentre i ragazzi alle prime sbornie precipitano in una condizione che prima non avevano mai sperimentato».

Ci sono però altre piccole rivelazioni. Intanto, un discreto numero di ubriachi portati dalla polizia nello ZAS è costituito da donne: 50, distribuite in modo proporzionalmente maggiore nelle fasce d’età più basse e più alte. E poi, gli ubriachi residenti in città sono meno della metà (153) del totale, mentre la maggior parte viene da fuori città (112), da altri cantoni (68) o dall’estero (21).

In quest’ultimo caso, «si tratta chiaramente di turisti», spiega Beat A. Käch, «poiché tra i residenti nella città e nel cantone di Zurigo ci possono essere anche degli stranieri. Ma noi non rileviamo la nazionalità».

Ubriachi violenti

L’aspetto che più caratterizza l’attività dello ZAS è certamente quello dell’assistenza sanitaria, che consiste, spiega ancora Monego, «essenzialmente in una prima selezione dei casi, dal punto di vista sanitario», dal momento che lo ZAS non è né un ospedale, né un pronto soccorso. Viene cioè attuata «una semplice sorveglianza dei più importanti parametri medici, quali la pressione sanguigna, il polso, la dilatazione delle pupille, lo stato d’incoscienza».

Se il quadro generale è grave o ci sono ferite o sospetti di fratture, si dispone il ricovero in ospedale. Altrimenti «ci si limita alla costante sorveglianza dei “clienti”». Il lavoro viene svolto «da studenti a partire dal quinto semestre di medicina, sempre sotto la sorveglianza di un medico», afferma la direttrice Monego.

Ma l’aspetto più vistoso dell’attività del centro anti-sbornia è quello poliziesco. Intanto, gli ubriachi vengono presi dalla polizia, quasi sempre su segnalazione di terzi, quando hanno comportamenti pericolosi per se stessi e per gli altri.

«Ci sono quelli che possono far danni a persone, animali o cose», rileva Beat A. Käch, «e quelli che da incoscienti, per esempio, si sdraiano sui binari del tram o si addormentano su una panchina, di notte e al gelo». E non mancano quelli che fanno resistenza, o tengono «comportamenti oscillanti e imprevedibili di chi un momento è agitato e un paio di minuti dopo è tranquillo».

Tariffe da 5 stelle

A tutti, dopo qualche ora passata nello ZAS, viene mandato il conto: 600 franchi per un trattamento inferiore alle tre ore, mentre chi dev’essere assistito più a lungo deve pagare 950 franchi. Le tariffe sono state fissate con l’intenzione di costituire un deterrente (la più alta corrisponde al prezzo di una camera d’albergo di lusso). Ed a queste vanno aggiunti i costi del trattamento sanitario e quelli degli eventuali danni arrecati al centro. C’è chi sporca la cella senza ritegno; e chi, in preda a furore etilico, è stato capace di staccare la toilette dal suo ancoraggio.

Gratis il soggiorno nel centro ZAS è soltanto quando dura meno di un’ora. In ogni caso, non tutti pagano puntualmente, anche se ci sono genitori che impongono ai figli minorenni di pagare ratealmente (possibilità effettivamente prevista dallo ZAS) con i soldi della loro paghetta. Finora, su 250 mila franchi fatturati, solo 90 mila sono stati effettivamente pagati.

Il progetto sperimentale del ZAS di Zurigo è al momento unico in Europa. Qualcosa di simile è stato tentato a Stoccarda, in Germania, mentre in Svizzera si mostrano interessate ad imitare l’esperimento zurighese le città di Berna e Basilea.

Il colore rosa calma i bollenti spiriti: questa costatazione è stata fatta propria dai responsabili del centro “anti-sbornia” di Zurigo, dove hanno dipinto di rosa una cella nella quale vengono rinchiusi gli ubriachi più esagitati.

La polizia zurighese non è scientificamente convinta dell’effetto calmante di questo colore, ma «ne abbiamo sentito parlare, ed abbiamo pensato che, anche se non serve, comunque non fa danno», ha detto il responsabile del progetto Beat A. Käch.

In ogni caso, ha aggiunto, «finora nella cella rosa anche i “clienti” più difficili si sono poi calmati».

Una cella dello stesso colore esiste già nel penitenziario di Pfäffikon (Zurigo), mentre a Bienne sono state dipinte interamente di rosa ben quattro celle in cui rinchiudere i detenuti più violenti.

La portavoce dell’Ufficio zurighese per l’esecuzione delle pene giudiziarie, Rebecca da Silva, ha a sua volta confermato che da quando i detenuti renitenti vengono chiusi nella cella rosa non vi sono più state aggressioni al personale.

Le esperienze più recenti nell’uso del colore rosa come calmante risalgono comunque agli anni Settanta del secolo scorso, quando lo scienziato americano Alexander Schauss fece dipingere di rosa alcune celle di un carcere ed osservò che già dopo un quarto d’ora i detenuti che vi erano rinchiusi si calmavano.

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