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Niente più ghiaccio al Polo Nord

Lo scioglimento dei ghiacci nella regione artica apre la via a nuove rotte commerciali

Nel punto più settentrionale del globo l'estate si annuncia insolita. Stando alle previsioni di alcuni ricercatori canadesi, lo strato di ghiaccio che circonda il Polo Nord geografico potrebbe sciogliersi completamente nei prossimi mesi.

«Quest’anno il Polo Nord potrebbe ritrovarsi per la prima volta libero dai ghiacci», sostiene David Barber dell’Università di Manitoba in un’intervista alla rivista National Geographic.

Dalle immagini satellitari e dalle osservazioni dirette effettuate a bordo della nave di ricerca canadese Amundsen, risulta che l’area attorno al Polo Nord geografico è ora composta esclusivamente da un sottile strato di ghiaccio stagionale. Formatosi durante l’inverno, potrebbe non resistere all’estate, avvertono i ricercatori.

Un ghiaccio di questo tipo tende in effetti a sciogliersi più velocemente rispetto allo strato di ghiaccio più spesso e più denso che si accumula nell’arco degli anni, come ad esempio in Groenlandia.

Cicli naturali compromessi

«La superficie del ghiaccio marino dell’oceano Artico varia solitamente da un minimo di circa 9 milioni di km2 nel mese di settembre ad un massimo di 16 milioni di km2 in marzo», spiega a swissinfo Stéphane Goyette, esperto in cambiamenti climatici all’Università di Ginevra.

«Con il riscaldamento climatico, la variazione naturale dell’accumulazione del ghiaccio stagionale e il suo spessore, che oscilla da qualche centimetro a diversi metri, risultano compromessi».

«Tutti i modelli climatici – sottolinea il professore – prevedono per l’emisfero settentrionale un aumento delle temperature estive più marcato verso il Polo Nord (7-12°C) rispetto al riscaldamento tropicale (2-6°C)».

Ghiaccio addio

Le previsioni dei ricercatori suonano come un campanello di allarme: gli effetti del riscaldamento climatico potrebbero manifestarsi più rapidamente di quanto supposto. L’anno scorso gli scienziati dell’agenzia americana NASA avevano sì ipotizzato un oceano Artico praticamente senza ghiaccio, ma non prima del 2012.

Nello spazio di un anno, sottolinea David Barber, nell’emisfero nord del pianeta è andato perso il 65% della copertura glaciale. «Non pensavamo che il sistema potesse perdere così tanto ghiaccio in una sola volta». Uno scioglimento record che gli specialisti imputano ad una combinazione di correnti oceaniche calde, vento e un forte irraggiamento solare.

«Il rialzo della temperatura in superficie – aggiunge Stéphane Goyette – rischia di far fondere anche il cosiddetto ghiaccio “perenne”».

Raggiunto da swissinfo durante le sue ricerche allo Swiss camp in Groenlandia, il ricercatore elvetico Konrad Steffen conferma che lo scioglimento della calotta glaciale groenlandese è iniziato più presto del solito. «Non credo tuttavia che quest’anno l’oceano Artico si ritroverà privo di ghiaccio. Bisognerà probabilmente attendere fino al 2015».

Nevicate benefiche in Svizzera

L’estate si annuncia al contrario meno rovente per i ghiacci perenni della Svizzera; grazie alla neve caduta sulle regioni alpine nei mesi di aprile e maggio, i ghiacciai possono contare su una certa protezione contro il caldo estivo.

«Le precipitazioni primaverili sono state più abbondanti della norma, ma non ovunque», puntualizza Andreas Bauder della Rete elvetica di osservazione dei ghiacciai. «Nelle regioni in cui è nevicato molto, come nelle zone nord-orientali delle Alpi, ci possiamo effettivamente attendere ad uno scioglimento più contenuto».

Tra il 1850 e il 2005, la superficie totale dei ghiacciai è diminuita di circa il 40%, indica l’Accademia svizzera di scienze naturali, mentre il volume si è ridotto del 60%. Attualmente i ghiacciai elvetici si ritirano mediamente del 3% ogni anno.

Sabbia sui ghiacciai

L’effetto benefico delle nevicate tardive potrebbe tuttavia essere attenuato da un fenomeno ancor più insolito. «A fine maggio ci siamo accorti che sulle Alpi è stata portata parecchia sabbia del deserto del Sahara», rileva Bauder.

«Questa sabbia rende la neve di copertura più sporca, ciò che diminuisce la capacità di riflettere i raggi solari e aumenta la quantità di energia assorbita. Il tasso di scioglimento ne risulta quindi accelerato», conclude il ricercatore del Politecnico federale di Zurigo, che ci dà appuntamento alla fine dell’estate per un primo bilancio.

swissinfo, Luigi Jorio

Nel 2007 la calotta di ghiaccio artico è passata dai 16 milioni di chilometri quadrati del mese di marzo ai 4,5 milioni di km2 di fine luglio, un minimo storico. Rispetto al 2005, anno del precedente record, la riduzione è stata del 24%.

A causa dell’effetto albedo (riflessione della luce solare da parte di ghiaccio e neve), l’aumento della temperatura ai poli è tre volte più importante rispetto alle altre zone del globo.

Lo scioglimento e la spaccatura del ghiaccio marino che circonda il Polo Nord consentirà alle navi commerciali di percorrer il cosiddetto “Passaggio a nord-ovest”, che collega l’Oceano Pacifico all’Atlantico. La nuova rotta aprirà la strada allo sfruttamento delle risorse naturali dei fondali artici.

Il mutamento del paesaggio polare ha ripercussioni importanti anche per gli ecosistemi: l’habitat di diverse specie animali, tra cui l’orso bianco, è in costante diminuzione. Diverse attività delle popolazioni artiche (Inuit) risultano inoltre compromesse.

Le origini della ricerca climatica svizzera sono legate alla figura di Louis Agassiz (19esimo secolo), un pioniere dello studio dei ghiacciai alpini.

Nel 20esimo secolo, Hans Oeschger dell’Università di Berna ha segnato la paleoclimatologia mondiale con studi sui ghiacciai (Groenlandia, Antartide, Arco alpino) volti a mettere in evidenza le fluttuazioni naturali del clima.

Soprattutto a partire dagli anni Novanta, la ricerca svizzera si è poi profilata nella modellizzazione numerica e nella simulazione dell’evoluzione futura del clima.

Le istituzioni faro sono il Politecnico federale di Zurigo (Istituto delle scienze dell’atmosfera e del clima), l’Università di Berna (Istituti di fisica e di geografia) e quella di Ginevra. Ci sono poi ancora l’Istituto Paul Scherrer, l’Università di Zurigo e l’Istituto federale di ricerca sulla foresta, la neve e il paesaggio di Davos.

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