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Nella riserva naturale di Derborence

Il lago di Derborence, creato nel Settecento da una spaventosa frana swissinfo.ch

Il silenzio dell’alta montagna. A Derborence, lungo la Via Alpina, l’uomo non è che un’apparizione fugace, immersa in una vegetazione ricchissima.

Già attraversando il tunnel di roccia per arrivare nella località a cavallo fra Vallese e Vaud sembra di entrare in un mondo di favola.

“Niente, il nulla, il vuoto, la perfezione del vuoto: una cessazione totale dell’essere, come se il mondo non fosse stato ancora creato o non ci fosse più.”

Le parole sono dello scrittore svizzero Charles Ferdinand Ramuz, che nel suo romanzo “Derborence” descriveva in questi termini il silenzio della montagna. Da allora il nome della località è noto, almeno a chi frequenta le pagine della letteratura di lingua francese.

I diavoletti che fecero crollare la montagna

Tema del romanzo è la catastrofe che nel XVIII secolo creò il laghetto naturale più giovane d’Europa. In quel disastro morirono, schiacciati dal distacco di un pezzo del massiccio del Diablerets, una quindicina di alpigiani, che salivano ogni estate più in alto per trovare pascoli alle mucche e fare formaggio, lasciando donne, bambini ed anziani in basso.

Dopo una passeggiata di circa cinque ore (andata e ritorno) che ci ha portati a Anzeindaz attraverso il Pas-de-Cheville, il mio compagno d’avventura, nettamente più montanaro di me, se n’è andato a fotografare la foresta vergine. Inviolata.

Qui nessuno si azzarda a far pulizia degli alberi crollati e in questo disordine semi-primordiale gli animali sono lasciati in pace.

Qualche tratto più impegnativo l’ho già affrontato, ma nulla di vertiginoso. Ora per la prima volta devo fare un pezzetto di sentiero da sola. Ed ecco che spunta la coda di uno dei piccoli demoni che la leggenda ritiene siano di casa da queste parti.

Apriti Sesamo

Ben in vista ci sono cartelli, indicazioni, frecce dipinte sulle rocce, sugli alberi: eppure riesco a perdermi lo stesso. Le scarpe allegramente nell’acqua, mi levo un po’ di sudore dalla pelle mentre guado un torrente quasi in secca.

Superati alcuni massi mi ritrovo di fronte ad una parete di roccia. Un passaggio segreto? Bisogna pronunciare un qualche “Apriti Sesamo” in francese?

“Derborence! Derborence!”. Provo con questo nome che per Ramuz “canta dolce e triste in testa”. Nulla, le rocce non si aprono, ma i miei occhi per fortuna sì.

Bastava guadare un po’ più in basso. Ecco la via giusta. Olivier Flaction, accompagnatore di montagna che mi aspetta al ristorante me lo ricorda scherzando: “Le escursioni vanno preparate in anticipo e meglio non farle da soli”.

Prima di una gita con un gruppo lui si prepara con cura per giorni. Ai turisti racconta la storia di questo posto, le sue leggende, fa osservare piante e fiori di cui la regione è particolarmente ricca.

Ha appena fatto la gita delle orchidee: su 48 specie in totale in tutta la Svizzera, 27 si trovano a Derborence!

Un clima molto particolare

“Oltre al crollo della montagna, quello che c’è di davvero speciale qui a Derborence è il clima”, spiega Olivier, che è anche proprietario di un rifugio di alta montagna.

“Dal basso, da Sion, sale un clima caldo e umido, piove abbastanza e dalle Alpi viene un clima freddo che permette la crescita di una varietà di piante unica al mondo”.

Ma le esperienze più belle, mi dice Olivier, le fa quando ospita nel suo rifugio i bambini che provengono da situazioni famigliari difficili, cui un ente benefico offre una vacanza rigenerante.

“Qui in alta montagna si ritrovano, imparano cos’è lo spirito di gruppo. Chiunque sia stato da piccolo in montagna, anche solo una volta, vive un’esperienza che non scorderà mai più”.

swissinfo, Raffaella Rossello

Itinerario rosso, tappa no. 105
Da Godey (1370 m.s.m) ad Anzeindaz (1892 m.s.m)
Tempo di percorrenza: circa 2 ore e mezza di cammino

La Via Alpina è la prima rete di sentieri che collega tutti gli otto Stati alpini.

In questa tappa Derborence, ricca di memorie leggendarie e letterarie, dove si è conservata una delle ultime foreste vergini d’Europa.

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