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Nel vino di oggi la forza di antiche origini

Vendemmia in Malcantone, una fotografia di Marco D'Anna esposta alla Galleria Matasci di Tenero. Galleria Matasci di Tenero

Due mostre, un unico protagonista: il vino. Una fotografica e l'altra storica, le due esposizioni si inseriscono nelle commemorazioni per il centenario del Merlot del Ticino.

Nelle immagini delle donne e degli uomini che oggi coltivano la vite, si rispecchiano dunque antichi gesti, lontani saperi, maturati come il buon vino con il passare degli anni.

Le fotografie (prevalentemente in bianco e nero) di Marco D’Anna – esposte alla Galleria Matasci di Tenero sotto il titolo “La terra, gli uomini, il vino” e fino al 28 ottobre – raccontano attimi di vita quotidiana, colgono gesti e sguardi, svelano passioni per la terra, amore per il vino, rigore per il lavoro, uniscono passato e futuro.

Per oltre un anno Marco D’Anna si è dunque insinuato tra i lavoratori, ha percorso chilometri di filari, è sceso nelle cantine buie. Ha ricucito, con il filo della luce filtrato dal suo sguardo, le fatiche della terra, imbastendo idealmente – nel percorso espositivo – delle storie forti, delicate, mai scontate.

E pur svelando, tra il chiaro-scuro, l’unicità di ogni persona, D’Anna ha saputo conferire un valore collettivo al suo lavoro. Proponendo così un ritratto a più volti. Volti di uomini e donne che coltivano la vite. “Di gente appassionata – si legge nella locandina – combattuta tra la voglia di dare continuità all’esperienza tramandata dai padri e l’impulso a cercare nuove strade, a raggiungere nuovi traguardi”.

“E’ la mia anima”

“E’ stata Paola Matasci, che conosceva i miei lavori, a propormi questo progetto. Per oltre un anno – spiega a swissinfo il fotografo Marco D’Anna – ho potuto dedicarmi a questo lavoro. Un lavoro riunito anche in una pubblicazione in due volumi. Ho così il privilegio di lasciare un altro documento sul Ticino, che io adoro”.

Il raccolto del fotografo ticinese – girovagando tra i vigneti, tra le aziende e nelle case – è stato dunque felice e fertile e pieno di quell’umanità che tanto gli è cara.

“Quello che ho trovato in questo percorso, è ancora e sempre umanità. Ho incontrato – racconta Marco D’Anna – delle belle persone, coerenti, autentiche, vere, che lavorano a contatto con la natura”.

“E la natura facilita, secondo me, la riflessione. Ho potuto lavorare liberamente, senza nessun vincolo da parte della committenza. E ho potuto dare quello che sento. E’ la mia anima”.

Quasi che il vino, nelle sue dimensioni divine e terrene, avesse il potere di congiungere mondi antagonisti: materia e spirito, passato e presente. Così scrive il poeta e scrittore ticinese Alberto Nessi, autore di uno dei due testi che arricchisce la pubblicazione: “il vino corre nei nostri rami familiari, fa risorgere i morti e dialogare i viventi.”

Se il passato continua a vivere

Fa davvero risorgere il passato la mostra “Vitis et vinum, La vite e il vino dall’antichità al Merlot del Ticino”, in corso a Locarno (negli spazi di Casorella) fino al 17 dicembre. Attraverso un percorso cronologico la mostra, divisa in tre sezioni, presenta oggetti e temi legati alla cultura del vino con specifico riferimento all’archeologia e all’etnografia ticinese.

Si scopre e si riscopre la storia del vino, delle sue origini orientali e poi mediterranee, della sua diffusione dal Mediterraneo verso nord fino a raggiungere le nostre latitudini. La vite era dunque già conosciuta nel Neolitico (9’000-8’000 a.C) dalle popolazioni della Mezzaluna Fertile (la regione compresa tra il Tigri e l’Eufrate).

Le prime prove della coltivazione intenzionale della vite da parte dell’uomo risalgono tuttavia al 6’000-4’000 a.C. nelle regioni montuose del Mar Nero e del Mar Caspio. Successivamente la coltivazione della vite si diffonde anche tra le grandi civiltà dell’antichità, a cominciare dai Sumeri e dagli Egizi.

Il ruolo di Leponti e Romani

Un importante ruolo di intermediari negli scambi commerciali tra Etruschi e Celti nordalpini lo hanno avuto i Leponti, antica popolazione celtica che abitava nell’area che comprendeva l’attuale Sopraceneri, Val d’Ossola e l’Alto Vallese. Grazie agli Etruschi, i Leponti cominciano a conoscere e apprezzare il vino.

Indiscusso anche il ruolo dei Romani. Tra le testimonianze archeologiche, quelle provenienti da contesti funerari costituiscono senza dubbio un osservatorio privilegiato per valutare il ruolo e l’importanza del vino nell’antichità.

Le sepolture custodiscono infatti recipienti contenenti offerte liquide e/o alimentari, considerate viatici indispensabili per il viaggio dell’anima nell’aldilà.

Le tombe d’epoca romana del Ticino non fanno certo eccezione: in esse ritroviamo quasi sempre, senza alcuna distinzione di classe o di sesso, un servizio da vino completo, composto da una brocca o da una bottiglia, accompagnata da un bicchiere o da una coppa.

Con la romanità si moltiplicano, insomma, i ritrovamenti che attestano la presenza della vite e del vino nelle terre ticinesi. Una presenza che permane ancora oggi, incisa davvero nell’anima antica del Ticino.

swissinfo, Francoise Gehring, Tenero e Locarno

Il 2006 è l’anno del centenario del Merlot, il vitigno simbolo del Cantone Ticino. Esso rappresenta l’80% dei vitigni coltivati, nonostante sia stato introdotto nel Cantone Ticino solo all’inizio del secolo scorso.

La storia del Merlot è infatti iniziata 100 anni fa, quando la fillossera raggiunse il Ticino e distrusse gran parte dei vigneti. Si rese così necessario ricostruire il patrimonio viticolo del Cantone, individuando le varietà capaci di resistere alle malattie e di adattarsi alle condizioni locali.

Oggi la diffusione del Merlot ha favorito un costante miglioramento dei vini, attualmente considerati tra i migliori della Svizzera, e in grado di competere con i più affermati prodotti esteri.

La vite viene introdotta in Grecia nel XV secolo a.C.
A partire dal VIII secolo i Greci introducono la vite in Italia, cominciando dalle colonie della Magna Grecia.
La diffusione della viticoltura nell’Italia settentrionale e a Nord delle Alpi si deve agli Etruschi.
A partire dal I secolo a.C. si diffonde l’usanza di deporre nelle tombe recipienti di vino e attrezzi per la coltivazione della vite.

Le foto di Marco D’Anna si possono ammirare fino al 28 ottobre presso la Galleria Matasci, di Tenero (Locarno). Accompagna la mostra una splendida pubblicazione (Germano Poncioni editore, Losone) con 95 foto in bianco e nero e 10 a colori, arricchita con contributi del fotografo italiano Mario De Biasi e del poeta e scrittore ticinese Alberto Nessi.

A pochi chilometri di distanza, nel museo di Casorella, nel castello Visconteo a Locarno, un’altra mostra ripercorre la storia del vino, dall’antichità ai nostri giorni. “Vitis et vinum, La vite e il vino dall’antichità al Merlot del Ticino” è aperta fino al 17 dicembre.

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