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Una cantante di jodel fuori dagli schemi

A Nadja Räss non piace suddividere la musica per generi a compartimenti stagni Keystone

La cantante di jodel Nadja Räss incarna il crossover della musica folk svizzera attuale. Passa tranquillamente da sperimentazioni nel jazz, all'ascolto di registrazioni di jodel risalenti a cento anni fa, all'insegnamento della comunicazione a dirigenti aziendali.

Nadja Räss basa il suo lavoro sulla tradizione, ma crea anche i propri stili di jodel. La musica popolare svizzera sta vivendo mutamenti: l’interesse del pubblico cresce, i bambini imparano lo jodel nelle colonie, i musicisti esplorano le loro radici.

swissinfo.ch: Guardando retrospettivamente gli ultimi cento anni di musica popolare svizzera, a che punto ci troviamo ora?

N. R.: Quando ascolto registrazioni di jodel di 80 o 90 anni fa, sento che avevano vocali molto aperte, che usavano vocali diverse. Poi è stata creata la federazione di jodel e sono state fissate delle regole, troppe regole. Ma ora in questa organizzazione ci sono molti giovani e le cose stanno cambiando, anche se molto, molto lentamente. Perciò non credo che tra cinque anni tutti ascolteranno musica popolare. Ad alcuni piace, ad altri no. È come per la classica, il jazz.

swissinfo.ch: In un certo senso queste regole erano degli ostacoli e hanno imposto una struttura che non lasciava grande spazio alla creatività…

N. R.: Per circa 60-70 anni hanno imperversato tutte queste regole ed è proprio peccato. Penso che adesso stiamo andando nella giusta direzione. C’è un modo tradizionale di fare musica folk e c’è la possibilità di interpretarla più liberamente.

Nadja Räss proviene da una famiglia di musicisti. Ha iniziato a cantare e a suonare l’organetto svizzero a sette anni. Appare frequentemente alla televisione sin da quando ha vinto il suo primo concorso nazionale di jodel, all’età di 13 anni.

Non avendo trovato una scuola di musica in cui conseguire un diploma di jodel, ha optato per una formazione musicale classica, concludendo gli studi in un tempo record di quattro anni e mezzo al Conservatorio di Zurigo, con un master in musica e l’abilitazione all’insegnamento.

Nel 2005, è diventata la prima cantante di musica popolare a vincere l’ambito Premio Nico Kaufmann per giovani musicisti, dotato di 20mila franchi.

Oggi figura tra i cantanti di jodel più versatili della Svizzera, per le proprie composizioni e l’uso di diversi tipi di tradizione orale e scritta.

È la direttrice artistica del Klangwelt Toggenburg, che propone una vasta scelta di corsi. È stata tra i creatori del simposio internazionale di jodel, un evento annuale con conferenze, workshop e concerti, svoltosi fino al 2012. Ha lanciato, nel 2009, l’accademia di jodel, dove dà corsi e organizza laboratori per adulti e bambini.

Ha sviluppato strumenti didattici di jodel, realizzato i propri album e collaborato con altri artisti. Si esibisce da solista e con un collettivo denominato Stimmreise, così come in altri progetti.

swissinfo.ch: In passato lo jodel aveva una immagine antiquata, con un pubblico di riferimento più rurale e forse una concezione conservatrice della musica. Crede che ciò sia cambiato?

N. R.: Penso di sì. Ora la musica popolare è trendy. Il pubblico è più giovane rispetto al passato. Credo che sia dovuto al fatto che la gente in Svizzera sta maggiormente tornando alle proprie radici. E non solo sul piano musicale.

swissinfo.ch: Un segno di questo ritorno alle origini è che lei impartisce corsi di jodel privati, per aziende e per bambini. Cosa cercano i partecipanti e cosa vuole trasmettere loro?

N. R.: I partecipanti più anziani vogliono fare un’esperienza personale. È qualcosa che fanno per se stessi. Nei corsi per bambini è davvero interessante vedere che interpretano lo jodel come se fosse una canzone pop. A volte i bambini non conoscono la musica folk perché ai loro genitori non piace. Ma poi vengono ai corsi e scoprono che a loro piacciono lo jodel e le canzoni popolari.

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swissinfo.ch: Che tipi di aziende partecipano ai corsi?

N. R.: Diversi tipi. Vi sono manager che trascorrono molto tempo davanti al computer senza mai parlare ad altre persone. Lo jodel è anche una forma di comunicazione. Faccio molti di questi corsi: per dirigenti, per CEO di banche. Solitamente si tratta di persone che esercitano professioni che si svolgono più in ufficio che all’esterno a contatto con la natura o che lavorano con le mani.

swissinfo.ch: La scena musicale popolare svizzera è più orientata sul crossover o sul ritorno alle origini?

N. R.: Penso che ci siano entrambi i generi. Conosco tanti musicisti folk crossover, ma la maggior parte di loro fa anche quella tradizionale. È interessante essere musicisti se si possono fare entrambe le cose. Per poter fare crossover è molto importante conoscere in modo approfondito le origini. Un albero senza radici non può crescere.

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swissinfo.ch: Oggi musicisti di jodel innovativi utilizzano apparecchiature di alta tecnologia e prendono elementi dal rock, dal blues e dalla world music. Questo può significare la fine dello jodel tradizionale in Svizzera?

N. R.: No. È veramente importante per lo jodel avere anche questo mix. Non mi piace catalogare in questo modo la musica. Penso che la cosa più interessante in ogni tipo di musica sia cercare di renderla diversa. Mi piace suonare la chitarra, il clarinetto, diversi strumenti, diversi stili. Penso che per questo molta gente conosca la musica folk e lo jodel. Se delle persone vanno a un concerto jazz e lì sentono anche qualche jodel, forse in seguito andranno a un concerto jodel tradizionale. Per la musica è molto importante avere questa apertura.

swissinfo.ch: Il suo CD del 2012, “Joolerei – Eine Jodelreise mit Nadja Räss”, include registrazioni di vari musicisti e mostra quanto è variata la musica popolare svizzera oggi. Ciò che colpisce è la destrezza tecnica dei musicisti. Questa può ancora essere chiamata ‘vera’ musica popolare?

N. R.: Non tutti i brani di questo CD possono essere chiamati tradizionali. Io uso la mia voce come strumento di jodel, ma a volte le melodie non sono molto tradizionali. Quindi, forse, quando in un brano sono utilizzati strumenti a corde o a percussione, non sono melodie tradizionali, ma la tecnica che uso per cantare è veramente tradizionale.

Parlando della musica popolare in Svizzera, il pensiero va spontaneamente allo jodel. Questa particolare tecnica vocale non è però patrimonio esclusivo della Svizzera, ma è diffusa anche in altre regioni dell’arco alpino, in particolare in Austria e Tirolo.

Nelle Alpi, lo jodel serviva da strumento di comunicazione a distanza tra i pastori, separati dalla topografia impervia delle regioni di montagna.

In Svizzera si distingue tra il grido di gioia (Jauchzer), un grido acuto, che inizia all’estremità superiore della voce maschile e finisce con un respiro di esultanza, e lo jodel naturale a una o più voci, una melodiosa sequenza di sillabe senza accezione.

Accanto a questi antichi tipi di jodel, dal 1818 è noto anche lo jodel cantato, una strofa di canzone popolare ripresa nel refrain dello jodel. Esso deriva dallo jodel tirolese, portato in Svizzera dai cantanti girovaghi provenienti dall’Austria, e dal canto dei vaccai, la canzone tradizionale dei pastori svizzeri.

(Traduzione e adattamento dall’inglese: Sonia Fenazzi)

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