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Covid-19: contratto di fiducia in gioco nelle università svizzere

Già nel 2015, i dottorandi e i membri del corpo intermedio dell'Università di Losanna manifestavano contro il mancato rinnovo dei contratti degli assistenti. Keystone / Laurent Gillieron

A causa della crisi del coronavirus, insegnanti, dottorandi e ricercatori sono in attesa di una proroga dei loro contratti a tempo determinato. Questa realtà, che concerne otto accademici su dieci, illustra la precaria situazione del mondo universitario svizzero.

Il “deconfinamento” sta assumendo l’aspetto di una battaglia burocratica all’Università di Losanna (UNIL). Professori, dottorandi e ricercatori sono preoccupati per la proroga dei loro contratti a tempo determinato. Una petizioneCollegamento esterno, lanciata il 13 maggio, denuncia la proposta avanza dalla direzione per uscire dalla crisi, ritenuta “problematica” dai firmatari.

Gli assistenti e i dottorandi, con un contratto a tempo determinato, sono stati invitati dalla direzione a compilare un formulario dettagliato e a dimostrare che il loro lavoro è stato effettivamente interrotto dal confinamento tra metà marzo e metà maggio.

Le persone il cui contratto scade alla fine di maggio hanno tre giorni di tempo per restituire questi moduli. “Se la direzione volesse dimostrare la sua sfiducia nei confronti dei suoi ricercatori, non potrebbe agire in altro modo”, deplora Antoine Chollet, docente e ricercatore dell’Istituto di studi politici dell’UNIL.

Otto su dieci senza contratti fissi

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Docente all’Istituto di studi politici dell’Università di Losanna, Antoine Chollet si occupa in particolare del funzionamento delle democrazie. hors-serie.net

Circa 1300 persone sono toccate, direttamente o indirettamente, da questo regime in tutte le facoltà dell’UNIL. Contratti che vanno dai dottorandi ai professori assistenti. “Solo una minoranza di insegnanti e ricercatori ha un contratto stabile”, osserva Antoine Chollet. Nelle università svizzere, in media, otto ricercatori su dieci non hanno un contratto fisso.

Il docente, che insegna scienze politiche, fa inoltre notare che l’intero campus, compresa la biblioteca e i laboratori (chimica, medicina), sono rimasti chiusi durante il periodo di “lockdown”, costringendo i collaboratori a rinviare molti progetti. I laboratori sono stati riaperti dalla fine di aprile e lo sportello della biblioteca dell’UNIL è di nuovo in funzione normale dall’11 maggio.

“In alcuni settori di ricerca è stato impossibile svolgere il telelavoro durante questo periodo di chiusura”, sottolinea Antoine Chollet, menzionando in particolare lavori previsti all’estero. A causa della pandemia di Covid-19, non hanno potuto essere eseguiti e saranno ritardati – nella migliore delle ipotesi.

“Immaginate le difficoltà di un ricercatore che studia il fenomeno delle favelas in Brasile. È evidente che, a causa della situazione attuale, alcuni cantieri saranno rinviati di uno o due anni. E ci saranno probabilmente delle cesure nell’insegnamento”, aggiunge il politologo.

Negli Stati uniti alcune università hanno già annunciato che potrebbero ridurre il loro personale. Si temono licenziamenti anche in Svizzera? In linea di principio, no. “Le università svizzere sono pubbliche e non private come negli Stati uniti”, afferma la portavoce dell’UNIL Géraldine Falbriard. La situazione non è molto comparabile perché, dall’altra parte dell’Atlantico, le università dipendono dai decisori che non sono inclini a investire a qualsiasi prezzo in questi tempi di crisi sanitaria. 

“Procedura dissuasiva”

Il corpo intermedio ha richiesto un sistema retroattivo con requisiti precisi: automaticità di una proroga minima di due mesi per tutti i contratti a tempo determinato (corpo intermedio e personale amministrativo e tecnico), preferenza per proroghe di sei mesi con il rinvio delle assunzioni dal semestre autunnale al semestre primaverile del 2021, abolizione dei formulari previsti e garanzia di confidenzialità delle pratiche.

Altri sviluppi

Nonostante le proteste, la direzione dell’università non intende rinunciare ai formulari al centro delle critiche. “Non va inteso come un segno di riluttanza da parte della direzione, ma i decanati e la commissione di valutazione devono ora giudicare caso per caso. Le situazioni sono spesso molto diverse da un insegnante, un dottorando o un ricercatore all’altro”, spiega Géraldine Falbriard.

Inoltre, i formulari sono stati semplificati il più possibile in modo da poter essere compilati in 15 minuti. È anche vero che le somme in questione sono significative. Messi assieme, i fondi raggiungono 7 milioni di franchi.  Questa somma deve essere “distribuita nel modo più equo possibile”, rileva la portavoce dell’UNIL, secondo la quale vi è da attendere un lavoro molto intenso.

Sistema elastico a Friburgo

All’Università di Friburgo si punta su una forma di elasticità finanziaria per l’assunzione di giovani ricercatori. Molti contratti a tempo determinato sono già finanziati con fondi stanziati da organizzazioni terze (Consiglio europeo della ricerca, Fondo nazionale per la ricerca scientifica, ecc.). Una manna “che fin dall’inizio permette di assumere personale per un periodo di tempo limitato per la realizzazione di un progetto”, dice Marius Widmer, portavoce dell’università.

Già il 9 aprile Innosuisse – l’agenzia svizzera per la promozione dell’innovazione – aveva insistito su soluzioni “pragmatiche e non burocratiche”, affinché i progetti di ricerca possano proseguire senza interruzioni in Svizzera. Da parte sua, il Fondo nazionale per la ricerca scientifica (FNS) ha dichiarato di voler dar prova di flessibilità e, su incarico del governo, ha invitato i ricercatori ha presentare progetti per il programma di ricerca “Covid-19”.

Durante la fase di contenimento, l’Università di Friburgo ha continuato a funzionare più o meno normalmente, ma a distanza. Tuttavia, la crisi ha avuto un impatto sulle ricerche di laboratorio. “Alcuni progetti dureranno probabilmente più a lungo del previsto”, indica Marius Widmer. A Friburgo, i ricercatori devono richiedere la proroga del contratto tramite i loro superiori. “E, di certo, la direzione li considererà molto favorevolmente”, prevede il portavoce.

Altri sviluppi

A Losanna, l’UNIL finanzierà, da parte sua, le proroghe dei contratti tramite il suo fondo di riserva. Una parte sarà inoltre prelevata dalle somme non spese in seguito a eventi cancellati nel periodo marzo-aprile (congressi, ecc.).

Vasi comunicanti

Ma chi pagherà alla fine i due mesi di confinamento accademico e le spese straordinarie che questo periodo ha generato? Nessuna università oggi si azzarderebbe ad articolare cifre. “Questo sarà oggetto di ulteriori analisi”, ammette Marius Widmer. Ma i costi delle attrezzature informatiche e della logistica, così come i costi dell’assistenza sanitaria, dovrebbero essere parzialmente coperti dai risparmi realizzati durante la crisi.

All’Università di Ginevra (UNIGE), i progetti di formazione a distanza e di telelavoro già in corso sono stati accelerati dalla situazione emersa negli ultimi mesi, con conseguenti costi imprevisti. “Questa crisi ha avuto un effetto anche sulle attività di ricerca, che sono rimaste paralizzate per due mesi, con un impatto stimato a 3 milioni di franchi”, puntualizza Luana Nasca, portavoce di UNIGE.

A ciò si aggiungono spese non preventivate come la sorveglianza e la gestione degli accessi agli edifici (780’000 franchi). Infine, per aiutare gli studenti che sono stati duramente colpiti dalle conseguenze economiche (perdita del posto di lavoro, acquisto di materiale informatico per il telelavoro), è già stato istituito un fondo di sostegno di oltre due milioni di franchi con l’aiuto di fondazioni private, attingendo in particolare al Fondo generale dell’università.

Fino a sei mesi di proroga a Ginevra

Il 20 maggio UNIGE ha presentato il proprio piano per l’estensione – “in linea di massima per due mesi” – dei contratti a tempo determinato. L’attenzione si concentra sui giovani ricercatori che sono stati frenati nello sviluppo della loro carriera. La direzione vuole tenere conto “della diversità delle situazioni e delle fonti di finanziamento” (fondi cantonali, FNS, fondi europei, borse di studio), con un impegno di equità. In casi giustificati saranno concessi fino a sei mesi di proroga del contratto. Tuttavia, dovranno poi dimostrare che le attività di ricerca “sono state materialmente colpite” dalla crisi (la raccolta dei dati è stata resa più difficile, l’accesso agli edifici è stato ostacolato).

Anche nella Svizzera tedesca la crisi di Covid-19 ha avuto un impatto negativo sulle attività accademiche. Anche se molti ricercatori hanno continuato il loro lavoro nei loro uffici o a casa. Sulle rive della Limmat, l’Università di Zurigo ha deciso di svolgere il ruolo di pacificatore per rassicurare i collaboratori con contratti a tempo determinato. “Se necessario, i loro contratti saranno prorogati oltre la durata massima”, dice un portavoce dell’istituzione.

Traduzione di Armando Mombelli

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