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Forza e limiti dello sciopero delle donne

Longchamp
Dopo lo sciopero delle donne, il politologo Claude Longchamp prevede un aumento della presenza femminile in parlamento nelle elezioni del prossimo 20 ottobre. swissinfo.ch

Lo sciopero delle donne del 14 giugno 2019 è stato un evento storico, non da ultimo per le sue dimensioni. Una delle ragioni per la mobilitazione eccezionale risiede nell’organizzazione decentrata. Ma quali sono i punti deboli di questo approccio?

La storica Elisabeth Joris, specialista nella storia delle donne in Svizzera, ha detto subito dopo lo sciopero: “Le donne non vogliono essere sempre indignate. Vogliono costruire.” La lotta per la propria causa dovrebbe essere combattuta con gusto. 

I sindacati lo sapevano. Hanno rinunciato a una rivendicazione unica e si sono limitati a mettere a disposizione infrastrutture, materiale e denaro. Inoltre hanno formulato 15 richieste, ispirate allo slogan “salario, tempo, rispetto”, articolate in “valorizzazione finanziaria e sociale del lavoro delle donne”, “più tempo e denaro per il lavoro di cura” e “rispetto invece di sessismo sul posto di lavoro”. 

Difficile da concretizzare

Anche grazie alla struttura aperta dell’evento, circa mezzo milione di persone hanno manifestato e scioperato – la maggior parte delle quali donne, provenienti da ambienti molto diversi: contadine senza reddito, cattoliche discriminate, madri con responsabilità di cura dei figli e dei genitori e la comunità queer.

Al Partito socialista non è sfuggito il fatto che lo sciopero delle donne non ha un’escalation politica. Per questo alla mobilitazione di piazza vuole far seguire un’iniziativa popolare basata sulle rivendicazioni femminili. Dal 1° agosto al 12 settembre, il contenuto sarà deciso in una votazione online aperta. 

Forme odierne di mobilitazione

Tutto questo mostra i caratteri di una mobilitazione improntata al modello del crowdsourcing che sostituisce la mobilitazione dall’alto. Con essa si passa la soglia della democrazia digitale. E funziona in modo decentrato.

Le attiviste devono operare all’interno delle loro reti e innescare un movimento dal basso a partire dal loro ambiente. Questo movimento dovrebbe raggrupparsi attorno a progetti utopici e tradurli in politiche istituzionali. 

Il vantaggio: la mobilitazione “crowd” garantisce che ambienti molto diversi si sentano coinvolti. Il loro svantaggio: un sostegno unitario a un progetto diventa difficile.

Successi visibili nelle elezioni

Nelle elezioni prevalgono i vantaggi di una campagna basata su un approccio “crowd” piuttosto che sull’appartenenza partitica.

Ne sono un esempio le elezioni per il Consiglio federale nel 2018. Il movimento “Helvetia ruft! ” (Helvetia chiama!) ha rivendicato a gran voce due nuove consigliere federali.

In questo modo ha conquistato i media e ha creato un’ampia opinione pubblica critica, che ha finito per comprendere anche i partiti direttamente coinvolti, il Partito liberale radicale e il Partito popolare democratico. Il successo non è mancato: optando per Karin Keller-Sutter e Viola Amherd, l’Assemblea federale ha eletto in governo due donne qualificate.

Il nuovo clima politico ha già avuto un impatto sulle elezioni cantonali nella primavera del 2019. Solo nell’Appenzello interno la percentuale di donne è diminuita. Già nel vicino Appenzello esterno la percentuale è aumentata. È la nuova tendenza: nel cantone di Zurigo lo donne elette sono state il 41%.

La percentuale di donne nel Consiglio nazionale (camera del popolo) è del 33%, nel Consiglio degli Stati (camera dei cantoni) è del 15%. Tutte le analisi ritengono che la tendenza proseguirà anche in in autunno, in occasione delle elezioni federali del 20 ottobre.

Nel nuovo Consiglio nazionale potrebbero sedere 70-80 donne, in quello degli Stati 8-10. Questo sarebbe il terzo successo di “Helvetia ruft”, dopo l’elezione di due donne in governo e le elezioni parlamentari cantonali. 

Il motivo è ovvio: la mobilitazione pone il dito su un deficit reale. Il coordinamento dell’azione le conferisce un obiettivo. Il decentramento crea un margine di manovra adeguato e garantisce la credibilità nei vari campi politici.

Ciò che emerge in questo modo si chiama “campagna permanente”: focalizzata sul tema, gestita strategicamente, aperta nella sua realizzazione e illimitata sull’asse temporale. Gli occhi rimangono fissati sul grande obiettivo. Ma per raggiungerlo ci sono molti modi!

Donna con fischietto
Il 14 giugno 2019 mezzo milione di persone ha partecipato allo sciopero delle donne. Keystone / Salvatore Di Nolfi

Risultati discutibili nelle votazioni

Si può essere scettici sul fatto che questa strategia funzioni anche per le votazioni popolari. La forza delle campagne sta nella capacità di raccogliere le firme necessarie. La capacità di unire idee diverse in una rivendicazione principale è invece carente. Ciò è vero soprattutto in un anno elettorale, caratterizzato da forte concorrenza.

Ciò si riflette attualmente nel dibattito sulla divisione dei compiti di cura dei bambini tra i due genitori. Il sindacato Syna ha dato il via alla discussione con la sua iniziativa popolare per un congedo di paternità di quattro settimane. Il problema non è la raccolta di firme, ma la posizione delle autorità. Queste ultime favoriscono un controprogetto, concepito dal PPD, che prevede solo due settimane di congedo per il padre. Per il Consiglio federale, che respinge completamente il controprogetto, anche questo è troppo.

Pericolo di dispersione

In questa situazione confusa, il progetto “congedo parentale” è stato creato come alternativa – e ora la frammentazione sta prendendo il suo corso: il PLR parla di 16 settimane, i giovani PPD 18. Il PLR vuole prolungare di 2 settimane per i padri le 14 settimane di congedo di maternità.

I giovani PPD sono d’accordo, ma vogliono aggiungere altre 2 settimane da suddividere tra i genitori. Per le formazioni di sinistra, queste proposte non fanno altro che migliorare di poco lo status quo. E propongono un congedo parentale di 38 settimane.

Un progetto di iniziativa che va in questo senso è attualmente in discussione sulla piattaforma wecollect.chCollegamento esterno. Ci sono buone probabilità di successo se la comunità di coloro che sono disposti a raccogliere le firme è abbastanza grande. Lo sciopero delle donne potrebbe così passare al turno successivo.

Un bilancio è previsto entro il 13 settembre – guarda casa un giorno dopo che il PS avrà deciso in merito alla sua iniziativa.

E qui probabilmente casca l’asino: un coordinamento delle attività avrebbe probabilmente molte più possibilità di successo. L’energia generata dallo sciopero rischia altrimenti di disperdersi in una serie di singoli progetti, che nella peggiore delle ipotesi sarebbero addirittura in concorrenza tra loro.

L’Unione democratica di centro, che al pari del Consiglio federale non vuole nessuna novità in questo ambito, ne sarebbe lieta.

Riassumendo: la mobilitazione in modalità “crowdsourcing” può sollevare delle questioni e influenzare le elezioni. Tuttavia, se si tratta di lavorare a riforme legislative concrete, un’azione coordinata in cerchie ristrette conduce più agevolmente all’obiettivo.

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