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Minareti: opinioni a confronto

Il minareto sul tetto del centro culturale turco di Wangen, nel canton Soletta, è stato ufficialmente inaugurato il 27 giugno 2009 Keystone

Un mezzo per bloccare "l'islamizzazione strisciante" della società elvetica, per i suoi promotori. Una misura "controproducente", per i suoi oppositori. L'iniziativa popolare che chiede di proibire i minareti in Svizzera suscita un dibattito emozionale.

A favore dell’iniziativa “Contro l’edificazione di minareti” si battono l’Unione democratica di centro (UDC), l’Unione democratica federale (UDF) e la Lega dei Ticinesi. Tutti gli altri partiti – che hanno formato una coalizione – e il governo, come pure il Consiglio svizzero delle religioni e le organizzazioni cristiane ed ebraiche la combattono.

La tesi principale dei fautori dell’iniziativa è che vogliono mettere al bando i minareti non come simbolo religioso, ma come “simbolo del potere islamico”. A riprova, sottolineano che il divieto riguarda solo i minareti, non le moschee.

La libertà di credo e di coscienza, garantita dalla Costituzione federale, è dunque rispettata, sostiene il comitato d’iniziativa. Anche moltissime moschee in paesi musulmani sono prive di minareto, poiché ciò non è necessario per la pratica religiosa, aggiunge.

Questo elemento architettonico “non è citato né nel Corano né in altri scritti sacri dell’Islam”, afferma il deputato UDC Walter Wobmann, membro del comitato d’iniziativa.

Neppure i campanili delle chiese cristiane sono citati nella Bibbia o nelle Sacre scritture, eppure a nessuno verrebbe in mente di mettere in dubbio il loro carattere religioso, replica la ministra di giustizia Eveline Widmer-Schlumpf.

Per Wobmann, c’è tuttavia una differenza fondamentale: il campanile delle chiese cristiane “non simbolizza un altro diritto. Le nostre chiese nazionali rispettano senza riserve” l’ordinamento giuridico elvetico.

Gli oppositori dell’iniziativa, invece, sono unanimi nel giudicare discriminante un divieto che colpisce unicamente gli edifici musulmani. Una disparità di trattamento che, a loro avviso, minaccia la pace religiosa in Svizzera. Ciò pregiudicherebbe anche la stabilità del paese.

“La grande maggioranza dei musulmani presenti nella Conferazione proviene da paesi che rispettano la libertà di culto e non ha mai tentato di introdurre nella legge svizzera pratiche prescritte dalla sharia”, ricorda il deputato popolare democratico Jacques Neirynck.

Effetto perverso?

Sentendosi umiliata ed esclusa, per reazione, parte dei musulmani potrebbe dirigersi verso il radicalismo islamico. Si avrebbe così l’effetto contrario di quello cercato dai promotori dell’iniziativa.

Questi ultimi, infatti, affermano che vietando la costruzione di minareti vogliono impedire agli islamici fondamentalisti di “formare dei ghetti” e imporre il loro simbolo di “avanzata conquistatrice”, “prendendo in ostaggio la maggioranza di musulmani moderati”.

“Il problema non è teologico, ma unicamente di ordine giuridico”, dice il deputato UDC Oskar Freysinger, aggiungendo che la norma giuridica islamica è “incompatibile con la nostra concezione di diritti umani”.

Proprio di violazione dei diritti umani fondamentali, è accusata l’iniziativa da parte degli avversari. Infrangerebbe la libertà di religione e il divieto di discriminazione sanciti dalla Convenzione europea dei diritti umani (CEDU) e dal Patto delle Nazioni Uniti sui diritti civili e politici (Patto Onu II), che la Svizzera ha firmato.

Occhio per occhio?…

Anche paesi come l’Arabia saudita hanno sottoscritto il Patto Onu II, ma sul loro territorio proibiscono l’insediamento di chiese cristiane, il possesso della Bibbia o di croci, ribatte il comitato d’iniziativa. È sorprendente che coloro che sostengono di essere contrari alla legge del taglione, poi la utilizzano per motivare il divieto dei minareti, osserva il deputato Verde Antonio Hodgers.

All’unisono gli avversari dell’iniziativa sottolineano che non si deve rispondere a ingiustizie e discriminazioni introducendole a propria volta. Bisogna invece battersi affinché siano eliminate laddove esistono e far prevalere le leggi democratiche.

Entrambi i fronti affermano di voler perseguire l’integrazione, ma anche su questa hanno concezioni diametralmente opposte. Per i promotori dell’iniziativa,significa che i musulmani devono adattarsi a tutti gli usi e costumi della Svizzera. Per gli oppositori, si tratta di una convivenza multiculturale basata sul rispetto reciproco, il dialogo e l’ottemperanza alle leggi elvetiche.

Rischi e timori

I pericoli di estremismi religiosi e le preoccupazioni della popolazione non vanno ignorati. Ma il divieto dei minareti è la via sbagliata, secondo gli avversari dell’iniziativa. Questa, infatti, “impedisce il dialogo invece di incentivarlo”, commenta il pastore Thomas Wipf, presidente del Consiglio svizzero delle religioni.

Un altro rischio paventato dagli oppositori dell’iniziativa è quello di un boicottaggio economico della Svizzera come misura di ritorsione da parte di paesi musulmani. Ma non solo. Taluni temono che in caso di divieto dei minareti la Confederazione possa diventare bersaglio di attacchi terroristici.

Questa sarebbe la dimostrazione di un comportamento antidemocratico, fondato sulla violenza e la repressione, risponde Oskar Freysinger.

Una campagna che scotta

I promotori dell’iniziativa denunciano come antidemocratiche anche le autorità di quei comuni che hanno proibito l’affissione del manifesto per la campagna in vista della votazione del 29 novembre, sul quale sono raffigurati una donna che indossa il burqa e minareti disseminati su una bandiera rossocrociata. Anche alcuni editori hanno annunciato che non lo pubblicheranno sui loro giornali. La Commissione federale contro il razzismo lo ha giudicato offensivo nei confronti della popolazione musulmana che vive pacificamente in Svizzera.

Tale “divieto è una censura. L’impedimento, da parte delle autorità, della libertà di espressione in una campagna per una votazione è un grave comportamento totalitario”, dichiara il deputato UDC Ulrich Schlüer.

Sonia Fenazzi, swissinfo.ch

In Svizzera nel 2000, anno dell’ultimo censimento, c’erano circa 311mila musulmani. Attualmente si calcola che ve ne siano fra i 350mila e i 400mila.

In tutta la Confederazione ci sono quattro minareti. Il primo fu costruito a Zurigo nel 1963, il secondo a Ginevra nel 1978, il terzo a Winterthur nel 2005 e il quarto a Wangen (canton Soletta) nel 2009. Nessuno di essi è utilizzato per chiamare i fedeli alla preghiera.

Il numero dei centri culturali e luoghi di preghiera islamici sono stimati fra i 130 e i 160. La maggior parte è situata in appartamenti o in edifici industriali senza segni di riconoscimento esterni.

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