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“Dopo il mio arrivo in prigione ho iniziato uno sciopero della fame”

Une prison
Ogni anno più di 5000 richiedenti asilo vengono rinchiusi nelle carceri svizzere. Pixabay

In Svizzera, migliaia di richiedenti l'asilo che hanno visto respinta la loro domanda vengono collocati in prigione in attesa del loro allontanamento dal Paese. Swissinfo.ch ha raccolto la testimonianza di due di loro. 

In Svizzera, come in molti Paesi europeiCollegamento esterno, si può finire in prigione senza aver commesso alcun reato. La Legge federale sugli stranieriCollegamento esterno dà la possibilità ai cantoni di collocare in prigione i migranti la cui domanda d’asilo è stata respinta e che sono in attesa di espulsione. Questa misura applicata nel settore dell’asilo è detta “detenzione amministrativa”. 

I migranti possono essere rinchiusi in un istituto carcerario; gli adulti per una durata massima di 18 mesi, i giovani d’età compresa tra i 15 e i 18 anni per al massimo 15 mesi. La detenzione di adolescenti d’età inferiore ai 15 anni è vietata dalla legge. Ogni cantone impiega la detenzione amministrativa in maniera molto diversa. Tra il 2011 e il 2017 è stata impiegata in media 5800 volteCollegamento esterno all’anno in Svizzera. 

Abbiamo raccolto la testimonianza di due migranti collocati in un carcere ginevrino. Visto che la loro procedura d’asilo non è ancora conclusa, abbiamo deciso di non pubblicare i loro nomi per esteso. 

“Ho visto questo edificio chiuso, con un piccolo cortile” 

Ali è giunto in Svizzera nel 2015 e la sua domanda d’asilo è stata respinta quattro mesi più tardi. Le autorità gli hanno chiesto di recarsi a Ginevra in attesa del suo rinvio verso la Spagna. Infatti, stando alla Convenzione di DublinoCollegamento esterno è lo Stato in cui un migrante ha fatto il proprio ingresso nell’Unione europea ad essere competente dell’esame della sua domanda d’asilo. 

«Quattro poliziotti sono entrati nella mia camera, mi hanno svegliato, ammanettato e hanno messo le mie poche cose in una valigia».

A Ginevra, Ali è stato collocato in un alloggio per rifugiati. Ed è lì che nel cuore della notte “quattro poliziotti sono entrati nella mia camera, mi hanno svegliato, ammanettato e hanno messo le mie poche cose in una valigia. Mi hanno condotto all’aeroporto e rinchiuso in una cella. Poi mi hanno messo su un aereo”.

Ali ha paura di andare in Spagna poiché l’ambasciata del suo Paese d’origine minaccia e denuncia chi ha scelto di emigrare in Europa. Per questo motivo chiede di parlare con il pilota dell’aereo. Gli spiega perché non vuole partire. Il pilota lo lascia scendere poco prima del decollo. “I poliziotti erano molto arrabbiati con me. Mi hanno minacciato e detto che la prossima volta non mi avrebbero più imbarcato come un passeggero normale, ma che mi avrebbero legato e incappucciato”. 

In seguito viene collocato in una prigione in cui vengono detenuti anche altri richiedenti l’asilo in attesa di espulsione. “Ho visto questo edificio chiuso, con un piccolo cortile dove si può passeggiare solo un’ora al giorno. Trovarmi lì dentro è stato davvero terribile per me. È stato un duro colpo al mio morale. Ho iniziato uno sciopero della fame il giorno in cui sono arrivato in prigione”. 

Ali rifiuta di bere e di mangiare. Tre giorni dopo sviene e viene ricoverato all’ospedale, dove vi trascorre la notte. I medici gli somministrano per via endovenosa una soluzione per rimetterlo in forze. Ma lui continua a non mangiare e così, in due settimane, perde otto chili. Si sente di nuovo male e quindi ritorna in ospedale dove viene ricoverato nel seminterrato dell’edificio, in un reparto sotto sorveglianza e riservato ai detenuti che hanno commesso un reato.

«Si crede che la Svizzera tratti piuttosto bene gli stranieri, ma ci sono delle situazioni in cui non è proprio così e di cui non si parla».

Grazie all’intervento del suo avvocato presso la Segreteria di Stato della migrazione (SEM), all’interessamento nei suoi confronti da parte del cappellano della prigione e all’intervento di sua sorella, che vive in Svizzera, Ali viene liberato qualche giorno dopo. È stato trasferito su un altro piano del nosocomio. “Si crede che la Svizzera tratti piuttosto bene gli stranieri, ma ci sono delle situazioni in cui non è proprio così e di cui non si parla”, dice Ali. “I rifugiati lasciano il loro Paese poiché hanno vissuto cose terribili. Non sono dei criminali e non vanno trattati come tali”.

La SEM ha accettato di esaminare la sua domanda d’asilo. Ali sta ancora aspettando una decisione definitiva per sapere se potrà restare in Svizzera. 

“Non capivo perché mi trovassi in prigione dopo aver presentato la mia domanda d’asilo” 

Mohamed ha presentato la sua domanda d’asilo circa cinque anni fa. La sua richiesta è stata respinta dalla Svizzera poiché, stando all’accordo di DublinoCollegamento esterno spetterebbe all’Italia esaminare la sua richiesta  visto ha fatto il suo ingresso in Europa da questo Stato. Mohamed ha trascorso tre mesi in un carcere ginevrino prima di essere rimandato in Italia. “Ero molto sorpreso. Non capivo perché mi trovassi in prigione dopo aver presentato la mia domanda d’asilo”, spiega, specificando di non parlare bene inglese e che era difficile trovare un interprete. Solo più tardi capisce di essere finito in prigione solo perché non aveva i documenti necessari per entrare in Svizzera.

«La cosa più difficile è che non si sa bene perché ci si ritrovi in prigione visto che non si conosce il sistema».

Mohamed è stato rimandato in Italia, dove però non è rimasto a lungo. Lui voleva però raggiungere la Germania dove lo attendevano alcuni familiari. Ma quando ha oltrepassato di nuovo il confine elvetico, le guardie di confine lo hanno controllato, arrestato e rimandato a Ginevra. Lì viene collocato in una prigione per un mese e mezzo e poi per due mesi prima di essere rilasciato. Questa volta non viene rimandato in Italia. “La cosa più difficile è che non si sa bene perché ci si ritrovi in prigione visto che non si conosce il sistema”, indica.

Mohamed è stato in carcere anche in Eritrea e sottolinea che le condizioni di detenzione in Svizzera sono migliori. “Ma il carcere è il carcere. Si viene privati della libertà”. Il desiderio di Mohamed è di avere la possibilità di vivere tranquillamente da qualche parte. “Sono ancora giovane”, dice. “Non mi fermerò, farò di tutto per andare avanti”.

La SEM ha accettato di esaminare la sua domanda d’asilo, ma non ha ancora preso una decisione definitiva.

Traduzione dal francese di Luca Beti

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