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Mercenari pacifisti

L'ipocrisia della guerra di liberazione

Secondo la politologa Marie-Hélène Miauton, direttrice dell’istituto di sondaggi MIS-Trend.

“Da quando non sono più mercenari, gli svizzeri hanno un’innegabile cultura pacifista. Ma le recenti manifestazioni dimostrano che gli svizzeri condividono il sentimento di una guerra ingiustificata che si esprime in tutto il mondo.”

“Inoltre gli svizzeri sembrano voler dimostrare solidarietà con l’asse franco-tedesco, in quest’Europa che si sta costruendo politicamente.”

La crisi dei beni ebraici in giacenza ha sicuramente lasciato delle tracce durature nella popolazione elvetica, sottolinea l’esperta. Ma l’antiamericanismo – che è anche anticapitalismo – “è una questione che riguarda piuttosto i gruppi pacifisti e di sinistra.”

Dunque gli ambienti che hanno organizzato la manifestazione contro la guerra. “Ma non è un sentimento necessariamente condiviso nella stessa maniera da tutti coloro che hanno risposto all’appello manifestando”, sottolinea Marie-Hélène Miauton.

Per Pascal Herren, responsabile del dossier crisi in Iraq per la sezione svizzera di Amnesty International, una delle organizzazioni che hanno preso parte attivamente alla manifestazione pacifista di Berna, la gente ha risposto all’appello perché ha intuito l’ipocrisia dell’affermazione che la guerra verrebbe fatta non solo per disarmare l’Iraq, ma anche per liberare gli iracheni da un’odiosa dittatura.

“Da più di vent’anni Amnesty International redige rapporti sulle violazioni dei diritti umani in Iraq, dalle sparizioni, le esecuzioni sommarie, l’uso di armi chimiche, in particolare nella zona kurda. Per questo siamo un po’ sorpresi di vedere l’amministrazione americana e inglese che tirano fuori nostri vecchi rapporti per giustificare una guerra, mentre negli anni ’80 non solo non avevano reagito, ma continuavano a sostenere il regime di Saddam Hussein.”

Amnesty International non prende mai posizione né in favore né contro l’uso della forza. Quello che chiede è sempre comunque il rispetto delle Convenzioni di Ginevra.

“Quello che non vogliamo ad esempio è che si ripetano violazioni, come nel caso della guerra in Kossovo, in cui la Nato sganciava bombe al di sopra di 15 mila piedi di altitudine, il che non permetteva spesso di distinguere precisamente tra obbiettivi civili e obbiettivi militari.”

L’esilio per Saddam

In quanto all’idea di obbligare Saddam all’esilio per evitare una guerra, Amnesty International non sarebbe d’accordo di garantire l’impunità al dittatore.

Per questo ad esempio saluta con favore la decisione della Danimarca di processare per crimini di guerra un ex-generale dell’esercito iracheno, che si trovava in esilio proprio all’interno dei suoi confini. Si tratta di Nizar Al Khazragi, responsabile dell’uso di armi chimiche contro un villaggio curdo in Iraq nel 1988.

Per quanto riguarda i prossimi passi da intraprendere, Amnesty International ha chiesto al governo elvetico di rifiutare lo spazio aereo alla flotta americana, a meno che vi siano delle garanzie molto forti che le convenzioni di Ginevra non verranno violate. Come è stato purtroppo il caso in passato, con l’uso di bombe a frammentazione in Kossovo.

swissinfo, Raffaella Rossello

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