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Il groviglio della canapa

Thomas Kern/swissinfo.ch

Reprimere, tollerare o legalizzare la canapa? Per chi lotta contro le dipendenze, la regolamentazione del consumo permetterebbe di contrastare un mercato della droga sempre più violento. Una “depenalizzazione” de facto che contribuirebbe a migliorare salute pubblica e sicurezza. Ma non tutti la pensano così.

La legislazione elvetica sulla canapa è chiara: la coltivazione, il consumo e il commercio sono vietati. Al contempo, tuttavia, la legge del 1951 prevede un certo margine di tolleranza. La preparazione di un’esigua quantità di stupefacenti a titolo personale, ad esempio, non è punibile.

Un’ambiguità alla quale si aggiungono le diversità del sistema federalista. Spetta in effetti ai cantoni applicare la legge nazionale e mettere in atto divieti e sanzioni, che possono variare a seconda delle realtà locali.

Le cifre relative al numero di infrazioni alla Legge federale sugli stupefacenti (i tre quarti concernono la canapa) sono un buon indicatore delle differenze all’interno della Svizzera. Nel canton Uri, ci sono stati l’anno scorso 3,4 reati per mille abitanti, indica l’Ufficio federale di statistica. La quota è del 5,4 a Lucerna e dell’8,4 in Vallese. Nella città di Zurigo si passa al 34,2 contro il 51,5 di Losanna, capoluogo di uno dei cantoni (Vaud) più restrittivi.

«La mancata armonizzazione a livello cantonale può generare confusione: non si sa più se la canapa è tollerata oppure vietata. È necessario stabilire regole più chiare», afferma a swissinfo.ch Jean-Félix Savary, segretario generale del Gruppo romando per lo studio delle dipendenze (Grea).

La multa invece del giudice

Un passo in questa direzione è stato compiuto quest’anno dal parlamento. Le camere federali si sono accordate sul principio di multare, invece di perseguire penalmente, i consumatori di canapa maggiorenni.

Il possesso fino a dieci grammi sarà sanzionato con un’ammenda di 100 o 200 franchi (sul montante sussistono ancora divergenze), analogamente a quanto avviene per le infrazioni stradali.

«Si passa dal diritto penale a quello amministrativo e in un certo senso si può parlare di “depenalizzazione”. Il divieto però rimane», puntualizza Jean-Félix Savary, per il quale il parlamento ha avuto il merito di «aver fatto maggiore chiarezza».

La modifica legislativa permetterà di applicare le sanzioni in modo più omogeneo in tutta la Svizzera, ha affermato alla Camera dei Cantoni la senatrice socialista Liliane Maury Pasquier. Si potrà così avere un discorso più coerente in materia di prevenzione, ha aggiunto.

D’altro avviso l’Unione democratica di centro, primo partito del paese, secondo cui punire il consumo con una semplice multa costituisce un primo passo verso la legalizzazione della canapa.

Una depenalizzazione contraria alla volontà del popolo, che nel 2008 ha respinto un’iniziativa in questo senso, fa notare da parte sua l’associazione mantello Astinenza dalle droghe. Per l’ennesima volta, deplora in un comunicato, si sottovaluta il pericolo del consumo di canapa, che spesso può essere tra i fattori scatenanti di crisi esistenziali tra i giovani.

Un problema di sicurezza

Negli ultimi 15 anni il dibattito sulla canapa e le droghe in generale è stato dominato dalla penalizzazione dei consumi, rileva Savary. «Tutti gli studi mostrano però che la repressione ha fallito».

Ora si sta invece tornando a parlare della regolamentazione del mercato, prosegue il collaboratore del Grea, sottolineando che la canapa è diventata innanzitutto «un problema di sicurezza».

Il traffico della canapa «rimane un business estremamente redditizio, che attira la criminalità», scrive la Polizia federale nel suo ultimo rapporto. Ad inquietare è la fusione del mercato della canapa con quello di droghe più “dure” (cocaina ed eroina), controllato da bande organizzate.

Quest’evoluzione genera insicurezza tra la popolazione, sempre più confrontata allo spaccio nei luoghi pubblici e all’espansione delle reti mafiose, osserva Savary. Se non si reagisce, avverte, la gente rischia di voltare le spalle alla politica della droga svizzera detta dei “quattro pilastri” (vedi a lato).

Vecchie ricette e nuove soluzioni

In Svizzera, si dovrebbe così lasciare «un certo spazio di manovra a cantoni e comuni affinché possano sperimentare soluzioni per gestire il problema», auspica Savary.

Secondo il segretario generale del Grea, andrebbero riconsiderati alcuni principi della vecchia strategia del governo elvetico per una regolamentazione del mercato della canapa. Il progetto del 2001 – poi affossato dal parlamento – prevedeva, oltre alla depenalizzazione del consumo, di tollerare un certo numero di punti vendita, insistendo allo stesso tempo sulla prevenzione tra i giovani.

«Non si tratta di aprire dei coffee shop, bensì di stabilire un certo numero di regole per coloro che vogliono consumare canapa», spiega Savary.

Anche per l’Istituto di prevenzione dell’alcolismo e di altre tossicomanie, la regolamentazione del mercato appare come la soluzione migliore. «Ciò consentirebbe al consumatore di acquistare legalmente la canapa e di dissociare quest’ultima da altre sostanze come la cocaina», ci dice Ségolène Samouiller, portavoce di Dipendenze Svizzera.

Inoltre, prosegue, se la canapa è venduta sotto controllo statale, si potrà sorvegliare meglio la qualità del prodotto in termini di livello di THC [tetra-idro-cannabinolo, il principio attivo della canapa, ndr] e di pesticidi. «Si tratta quindi di un vero e proprio approccio di salute pubblica che mira a ridurre i rischi del consumo».

Club della canapa

Esperienze in questo senso sono al momento al vaglio nelle città di Zurigo e Basilea, i cui parlamenti discuteranno nei prossimi mesi della proposta di una distribuzione controllata della canapa. «Ci sono ancora aspetti legali e concettuali da chiarificare», puntualizza Katharina Rüegg del Dipartimento di sanità e ambiente di Zurigo.

La Svizzera potrebbe anche ispirarsi a modelli che si stanno diffondendo all’estero, sostiene Jean-Félix Savary, che cita l’esempio dei “Cannabis Social Club” in Spagna e in Belgio. «Sono cooperative i cui membri possono coltivare una pianta e fumare canapa all’interno di un luogo circoscritto noto alla polizia».

Il vantaggio di queste associazioni di coltivatori, prosegue, è il fatto che i consumatori sono registrati. Si possono così proteggere i giovani e adottare programmi di prevenzione e di riduzione dei rischi.

Grégoire Monney, psicologo per il sito informativo Stop-cannabis.ch, condivide questo punto di vista. «Il pericolo maggiore – fa però notare – potrebbe essere una banalizzazione del prodotto: non bisogna dare ai giovani un segnale di “normalità” del consumo».

Idealmente, questi spazi di consumo dovrebbero essere anche luoghi di dialogo con i professionisti delle dipendenze, osserva lo psicologo. «Non rischiano tuttavia in questo modo di perdere la loro attrattiva?», s’interroga Monney.

Risultati davanti alle ideologie

Progetti di questo tipo suscitano considerazioni divergenti, riconosce Jean-Félix Savary. «Si accetta in pratica che alcune persone, maggiorenni, possono consumare canapa». Un punto sul quale non transige l’associazione Astinenza dalla droghe, secondo cui numerosi giovani rinunciano al consumo proprio a causa dei severi divieti.

Qualunque siano le misure adottate, «i risultati vanno messi davanti alle ideologie», insiste Savary. Altrimenti sarà difficile trovare soluzioni efficaci che tengano conto sia della protezione della salute sia della riduzione della criminalità.

Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine, le persone a far uso di canapa a fini psicotropi sono tra i 119 e i 224 milioni (Rapporto mondiale sulla droga, giugno 2012).

In Svizzera la percentuale dei consumatori di canapa tra i 13 e i 29 anni è del 10,4% (170’000 persone), rileva l’ultima indagine dell’Ufficio federale della sanità pubblica, realizzata nel 2010.

La proporzione era dell’11,1% nel 2007 e del 13,3% nel 2004.

Tra le principali ragioni che portano a smettere, le persone interrogate hanno citato di “non averne più voglia” o di essere “preoccupate per la salute fisica e psichica”.

L’1,1% dei giovani ha affermato di consumare canapa “quasi tutti i giorni” (1,9% nel 2004).

Tra i consumatori occasionali o regolari, il 22,2% rappresenta un “caso problematico” secondo i criteri del CUDIT (Cannabis Use Disorders Identification Test). Il test contempla aspetti quali la frequenza, l’intensità e gli effetti sociali del consumo di canapa.

In Svizzera, il 35% dei ragazzi di 15 anni afferma di aver già fumato almeno uno spinello. Si tratta della percentuale più alta dei 35 paesi considerati dall’ultimo Studio sulla salute dei giovani in età scolastica dell’Organizzazione mondiale della sanità.

La politica svizzera in materia di droga si basa su un approccio che tiene conto di quattro aspetti fondamentali (i cosiddetti “quattro pilastri”).

Prevenzione: evitare l’inizio del consumo e lo sviluppo della dipendenza.

Terapia: fornire un aiuto adeguato alle persone dipendenti dagli stupefacenti, migliorare lo stato di salute e favorire l’integrazione sociale.

Riduzione: contenere i danni fisici, psichici e sociali legati al consumo di droga.

Repressione: mettere in atto il divieto delle droghe illegali.

Questa politica, sottolinea l’Ufficio federale della sanità pubblica, ha consentito di conseguire

successi importanti.

Tra questi la netta riduzione dei decessi legati alle droghe e della criminalità finalizzata all’acquisto, il miglioramento delle condizioni di salute dei tossicodipendenti e la

scomparsa delle scene aperte delle droga.

(Fonte: Ufficio federale della sanità pubblica)

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