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Meno armi da fuoco per più sicurezza?

Un'iniziativa popolare propone di restringere drasticamente il numero di armi in mano a cittadini in Svizzera. Keystone

Uno strumento per ridurre suicidi e omicidi, secondo i sostenitori. Una promessa che non può essere mantenuta, secondo gli oppositori. L'iniziativa "Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi" è sottoposta a votazione popolare il 13 febbraio.

La Svizzera è uno dei paesi con la più alta proporzione di armi da fuoco in mano a privati cittadini. Sicuramente superano i due milioni. Questo numero, infatti, corrisponde a quelle attualmente iscritte nei registri cantonali, secondo i dati ufficialmente forniti dal divisionario Jean-Jacques Chevalley in una recente conferenza stampa. In circolazione ve ne sono però molte altre che non sono registrate.

Secondo stime, le armi da fuoco in mano alla popolazione svizzera si aggirerebbero sui 2,3 milioni. Una cifra elevata per un paese che conta circa 7,7 milioni di abitanti.

Fra i detentori di armi da fuoco, come negli altri paesi, ci sono cacciatori e collezionisti. Ma è essenzialmente una tradizione militare elvetica che fa lievitare le cifre. L’arma d’ordinanza, infatti, fa parte dell’equipaggiamento personale che i membri dell’esercito svizzero devono custodire quando sono fuori dal servizio. E una volta prosciolti dall’obbligo di prestare servizio, i militi generalmente possono tenere la propria arma.

L’arma d’ordinanza – stando a stime – è peraltro utilizzata da più dell’85% di chi pratica il tiro sportivo, che è una disciplina molto popolare nella Confederazione. Con circa 175mila membri attivi distribuiti in 3’100 società, quella di tiro è la terza federazione sportiva della Svizzera, secondo la classifica di Swiss Olympic.

Tante armi, poca criminalità, molti suicidi

Nonostante la grande diffusione di armi, la Svizzera non è un paese con un alto tasso di criminalità. Ha però un elevato tasso di suicidi. Secondo i dati più recenti forniti dall’Ufficio federale di statistica, nel 2008, su un totale di 1’313 suicidi, 239 (18,2%) sono stati compiuti con un’arma da fuoco. Nello stesso anno, vi sono stati altri 20 morti uccisi, intenzionalmente o accidentalmente, con un’arma da fuoco.

La statistica non precisa in quanti casi è stata utilizzata un’arma dell’esercito. Comunque, in seguito ad alcuni drammi in cui sono state utilizzate armi d’ordinanza militari, si sono levate voci per chiedere che queste fossero bandite dalle case e per reclamare una legge sulle armi più restrittiva.

Quelle voci sono diventate più pressanti quando, nel 2006, uno studio diretto dal professore di criminologia e diritto penale all’università di Losanna Martin Killias, ha calcolato che in media le armi d’ordinanza dell’esercito in Svizzera causavano 300 morti all’anno fra suicidi e omicidi.

Vasta coalizione contro armi in casa

Socialisti e Verdi hanno fatto sentire quelle voci in parlamento. Tuttavia, nell’ambito della revisione della Legge sulle armi, le loro proposte d’inasprimento sono state bocciate dalla maggioranza parlamentare.

Alcune modifiche adottate dal parlamento vanno nel senso auspicato dalla sinistra rosso-verde. Come, per esempio, il divieto della vendita anonima di armi, il nullaosta allo scambio fra autorità civili e militari di dati sull’uso abusivo di armi, la gestione centralizzata della tracciabilità delle armi da fuoco.

Troppo poco, però, per chi vuole ridurre drasticamente il numero d’armi da fuoco in circolazione nelle case svizzere. Così, poco più di due mesi dopo l’adozione della revisione, una vasta coalizione composta di una settantina fra partiti e organizzazioni il 4 settembre 2007 ha iniziato la raccolta delle firme per l’iniziativa popolare denominata “Per la protezione dalla violenza perpetrata con le armi”.

L’iniziativa esige in particolare che le armi d’ordinanza militari siano custodite in locali sicuri dell’esercito e che non siano cedute ai militari prosciolti, prevede l’istituzione di un registro nazionale delle armi da fuoco e chiede che chi vuole acquistare, detenere o usare armi da fuoco e munizioni debba fornire la prova di averne la necessità e le capacità.

Ampia bocciatura delle Camere

Il testo, con più di 106mila firme valide, è stato depositato il 23 febbraio 2009. Il governo e la maggioranza del parlamento raccomandano di respingerlo. Il Consiglio nazionale lo ha bocciato con 119 voti contro 69 e 4 astensioni; il Consiglio degli Stati lo ha rifiutato con 30 voti contro 11 e un’astensione.

Per i fautori dell’iniziativa, diminuendo il numero di armi da fuoco in circolazione si riduce anche il numero delle vittime. In particolare è messa in causa la violenza domestica, dove le armi da fuoco non solo causano morti e feriti, ma sono utilizzate come minaccia. Riguardo ai suicidi, sono citati studi secondo cui chi vuol togliersi la vita, se non trova in un breve lasso di tempo il mezzo con cui ha deciso di farla finita, generalmente desiste.

Gli oppositori replicano che violenza domestica e suicidi non sono dovuti al possesso di un’arma. Per prevenirli occorre dunque combattere le vere cause. Cosa che, affermano, l’iniziativa non fa. Contestano inoltre la relazione fra la disponibilità di armi e un alto tasso di suicidi, affermando che non è provata scientificamente e sostenendo che chi vuole mettere fine ai propri giorni, se non ha un’arma a portata di mano, ricorre ad altri metodi.

Non un divieto generale

I sostenitori dell’iniziativa puntualizzano che essa non è rivolta contro tiratori sportivi, cacciatori e collezionisti, ai quali sarebbe però richiesta una licenza che attesti la loro idoneità. E non è neppure rivolta contro l’esercito. Secondo gli iniziativisti, custodire l’arma d’ordinanza militare in casa oggigiorno non si giustifica più sul piano della sicurezza, ma rappresenta solo un pericolo.

Per gli avversari, invece, si rompe così il rapporto di fiducia instaurato fra lo stato e il cittadino-soldato. In gioco ci sono anche gli interessi dei numerosi tiratori sportivi che utilizzano l’arma militare. Le società di tiro sostengono persino che questa misura segnerebbe la fine della grande popolarità di questa disciplina e condannerebbe a morte la maggioranza degli stand di tiro.

Gli oppositori dell’iniziativa rammentano inoltre che dall’inizio del 2010, chi vuole può già depositare l’arma d’ordinanza militare all’arsenale. Si tratta di una disposizione adottata dopo il lancio dell’iniziativa.

Così come nel frattempo sono state adottate altre restrizioni ed è entrato in vigore l’obbligo per i cantoni di registrare le armi in banche di dati, che si sta ora cercando di uniformare per agevolare lo scambio dei dati, ha ricordato la ministra di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga nella conferenza stampa per il lancio della campagna contro l’iniziativa.

Secondo i promotori dell’iniziativa, tuttavia, solo un registro centralizzato consente un controllo rigoroso delle armi da fuoco. Un registro nazionale agevolerebbe anche le inchieste per risalire al proprietario di un’arma. Per questo, fanno notare, le organizzazioni delle polizie lo rivendicano già da parecchi anni.

Gli avversari dell’iniziativa stigmatizzano i costi supplementari che essa comporterebbe. I fautori li giudicano invece sopportabili e replicano che salvare vite umane non ha prezzo.

A favore dell’iniziativa si sono coalizzati una settantina fra partiti e organizzazioni. Fra questi figurano: il partito socialista, i Verdi, i Verdi liberali, il partito cristiano sociale, il partito evangelico, il partito del lavoro, i sindacati, il Gruppo per una Svizzera senza esercito, numerose organizzazioni pacifiste, cristiane, di prevenzione del suicidio e femminili, nonché la Federazione dei medici svizzeri, la Società svizzera di psichiatria e psicoterapia e i Giuristi democratici svizzeri.

Contro l’iniziativa si schierano: l’Unione democratica di centro, i partiti liberale radicale, popolare democratico, borghese democratico, la Lega dei Ticinesi, le organizzazioni di tiro sportivo, di cacciatori e di armaioli, la Società svizzera degli ufficiali.

Tutti i cittadini svizzeri di sesso maschile residenti nella Confederazione sono soggetti all’obbligo militare dai 18 ai 30 anni per i militari con gradi di truppa e parte dei sottufficiali e ai 50 anni per specialisti e ufficiali superiori.

La scuola reclute generalmente è assolta nell’anno del compimento dei 20 anni e dura 18 o 21 settimane. Seguono sei o sette corsi di ripetizione di 19 giorni all’anno. I militi devono inoltre assolvere annualmente gli esercizi di tiro obbligatorio fuori del servizio.

L’esercito svizzero nel 2009 contava 188’433 membri attivi e 14’422 di riserva.

Gli attivi nel 2009 hanno complessivamente prestato 6’375’549 giorni di servizio.

Fonte: Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport

Per la prima volta quest’anno è stata pubblicata la statistica della criminalità con i dati uniformati per tutta la Svizzera. Le cifre si riferiscono al 2009.

I dati, basati sulle denunce, consentono di fornire le cifre di delitti o crimini commessi con le armi da fuoco per tre tipi di reati.

Emerge così che nell’anno in rassegna le armi da fuoco sono state utilizzate in 55 casi (23,3%) su un totale di 236 di

omicidi o tentati omicidi, in 11 casi (2,1%) di lesioni gravi

su 524 e in 416 casi (11,8%) di rapina su 3’530.

Fonte: Ufficio federale di statistica

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