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Memorie di guerra

Ufficiali svizzeri presso il posto di frontiera di Lysbüchel-Basilea nel 1944. Hans Staub, Fotostiftung Schweiz, Winterthur, ProLitteris, Zürich/Archimob

555 persone hanno affidato alle videocamere del progetto Archimob i loro ricordi sulla Seconda guerra mondiale.

Ora le loro testimonianze sono diventate una mostra multimediale, dal titolo “L’histoire c’est moi” (la storia sono io).

Durante tutto il dibattito sul ruolo della Svizzera durante la Seconda guerra mondiale, nella seconda metà degli anni Novanta, una voce si era fatta sentire con particolare veemenza.

Era la voce della “generazione del servizio attivo”, di chi aveva vissuto, da giovane adulto o giovane adulta, gli anni della guerra, prestando servizio militare, lavorando nei campi, tirando grandi i figli.

Critiche agli storici

In decine e decine di lettere ai giornali, questa “generazione” (o chi per essa pretendeva di parlare) aveva manifestato un profondo malessere nei confronti della messa in discussione del ruolo della Svizzera durante la guerra.

Le accuse erano rivolte soprattutto agli storici e in particolare a quelli della Commissione indipendente Svizzera-Seconda guerra mondiale (la commissione Bergier).

Più di tutto dava fastidio ai “veterani” il fatto di non essere stati consultati dalla commissione, di non aver potuto dire la loro per correggere l’immagine della Svizzera, a loro avviso troppo negativa, che scaturiva dal lavoro degli storici.

Il progetto Archimob

Il progetto Archimob, nato su iniziativa del cineasta Frédéric Gonseth, ha tentato di colmare la lacuna, costituendo un archivio audiovisivo della memoria degli anni di guerra.

Tra 1999 e 2001 i collaboratori del progetto – una trentina tra storici e cineasti – hanno intervistato a questo scopo 555 persone, di tutte le regioni linguistiche e di tutte le estrazioni sociali.

Ora con i materiali raccolti da Archimob è stata allestita una mostra itinerante, ospitata fino al prossimo 18 aprile nel Museo di storia di Losanna.

Una mostra multimediale

Nella mostra è possibile visionare le interviste, in gruppo (in una sala di proiezione) o individualmente (davanti allo schermo di un computer).

Le testimonianze sono organizzate in 64 blocchi tematici, che coprono tutti gli aspetti degli anni di guerra, dalla vita quotidiana al servizio militare, dalla questione dei profughi al lavoro nei campi, dalle relazioni umane allo spionaggio.

Si possono inoltre vedere 21 cortometraggi, basati sulle interviste e su materiale d’archivio, nati in coproduzione con l’ente radiotelevisivo nazionale SSR.

Alcune informazioni introduttive sull’epoca in questione e sul progetto Archimob sono fornite da una serie di pannelli in tedesco e francese.

Il problema delle fonti orali

Il lavoro con le fonti orali è sempre un’operazione molto delicata. La memoria non è data una volta per tutte, subisce modifiche e adattamenti nel corso degli anni.

Chi ricorda compie una prima interpretazione dei fatti ed è indubbio che il dibattito sulla Seconda guerra mondiale abbia influito sulla maniera con cui i testimoni guardano a quel periodo.

Come ogni fonte storica, anche le testimonianze orali devono essere sottoposte a critica, interpretate e valutate nel contesto della loro produzione. La memoria da sola non è ancora storia.

Una memoria eterogenea

I filmati hanno però il pregio – oltre a consentire un approccio soggettivo ed emotivo agli anni della Seconda guerra mondiale – di offrire un ventaglio assai ampio di esperienze.

E allora si scopre ben presto che la “generazione del servizio attivo” non esiste, nel senso che non esiste un giudizio condiviso sul comportamento della Svizzera durante la guerra.

Le opinioni degli intervistati sono altrettanto divergenti di quelle delle generazioni nate dopo il 1945. C’è chi mette in primo piano i propri sacrifici e chi ricorda piuttosto le vittime del conflitto, chi crede ancora fermamente nei valori della neutralità armata e chi ha rivisto le proprie posizioni.

Solo partendo da questa eterogeneità delle memorie si potrà riprendere il discorso su quanto gli storici possono e devono imparare dalla “generazione del servizio attivo”.

swissinfo, Andrea Tognina

La mostra “L’histoire c’est moi”, ospitata dal Museo storico di Losanna, è aperta fino al 18 aprile. In seguito circolerà per due anni in varie città svizzere.

L’esposizione si basa sulle interviste realizzate nell’ambito del progetto Archimob (archivi della mobilitazione).

Circa 1000 persone si sono annunciate all’appello lanciato da Archimob nel gennaio 1999. Alla fine sono state registrate 555 interviste.

Si tratta del più grande progetto di storia orale mai realizzato in Svizzera.

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