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Max Frisch e la sensazione della “non appartenenza”

Max Frisch a Berzona. Robert Lebeck/Museo Onsernonese di Loco

Non solo Zurigo dove morì il 4 aprile 1991, ma anche la Valle Onsernone rende omaggio a Max Frisch. Nel centenario della nascita dello scrittore svizzero-tedesco, il Museo Onsernonese di Loco gli dedica una mostra speciale per ricordare i legami che ebbe con la valle.

Il 2011 è l’anno di Max Frisch. Si celebrano sia il centenario della nascita dello scrittore – venuto alla luce il 15 maggio 1911 a Zurigo – ma anche il ventennale della morte, avvenuta il 4 aprile 1991 sempre nella città sulla Limmat.

Mentre a Zurigo è il Museo Strauhof a ricordare l’autore di “Andorra” con un’esposizione inaugurata lo scorso 16 marzo, il Ticino ha anche voluto sottolineare la doppia ricorrenza. Questo non a caso ma per il particolare legame che lo scrittore zurighese ebbe, dal 1964 e sino alla sua scomparsa, con la Valle Onsernone e in particolare con Berzona.

In collaborazione con il Max Frisch-Archiv della Biblioteca del Politecnico federale di Zurigo, il Museo Onsernonese di Loco ha così allestito una mostra bilingue (testi originali in tedesco, tradotti in italiano) intitolata “Max Frisch Berzona”. La mostra rientra in una panoramica – documentata negli ultimi anni dal museo – sui personaggi illustri che hanno frequentato la Valle Onsernone, una delle valli più selvagge dell’intero Ticino. Si trattava di persone appartenenti a gruppi socioculturali diversi, vicini al Monte Verità di Ascona: noti come “la cerchia della Barca”, erano ospiti dei coniugi Valangin-Rosenbaum di Comologno. In quanto a Berzona ospitò, oltre a Max Frisch, gli scrittori Alfred Andersch e Golo Mann.

«La ricorrenza del centenario della nascita di Frisch ci ha fatto indagare sui suoi rapporti con Berzona», spiega l’architetto Maria Rosaria Regolati, presidente del Museo Onsernonese di Loco e curatrice della mostra. «Abbiamo così cercato di saperne di più, come e perché è arrivato nella Valle Onsernone a metà degli anni ’60, in un luogo rurale che stava appena uscendo da un periodo di povertà e di emigrazione e che ruolo questo posto ha avuto nella sua vita privata e letteraria».

Ricordare o fare scoprire la figura di Frisch

La mostra organizzata allo Strauhof di Zurigo è stata una base di appoggio per il comitato composto, oltre della presidente, anche di Charles Suter e Gian Piero Milani. «La mostra  vuole così ricordare alle generazioni di Onsernonesi per le quali Max Frisch è stato una grande figura, quanta Berzona e quanta Onsernone si ritrovano nelle sue opere».

Stando ai curatori, la risposta a questo quesito sono state le opere stesse di Frisch a darla: «La si può leggere nelle citazioni tratte dai suoi romanzi e riportate nella lingua originale con la traduzione in italiano e nelle testimonianze di colleghi ed ospiti e di chi ha vissuto con lui a Berzona».

“Max Frisch Berzona” propone quindi una raccolta di filmati, di documenti, di fotografie e di testi che aiuteranno il visitatore a scoprire l’aspetto onsernonese della vita poliedrica dello scrittore zurighese. Il filo rosso che si snoda nella mostra del Museo Onsernonese fa emergere quattro grandi temi cari a Frisch: il suo dilemma tra il nomadismo e la sedentarietà, l’amicizia e l’amore, la società, l’invecchiamento e la morte.

«L’esposizione è un collage di questi aspetti che rivelano la vita privata dello scrittore, il suo modo di osservare non solo nei suoi racconti ma anche attraverso la videocamera», sottolinea Maria Rosaria Regolati. E difatti, tre dei filmati proposti dalla mostra sono stati realizzati da Max Frisch e dall’ultima compagna di vita.

Berzona o “la sensazione di non appartenenza”

Con Berzona e la sua manciata di abitanti (ne conta attualmente una cinquantina soltanto), Max Frisch ebbe una relazione ambivalente. Ci comprò una casa nel 1964, la riattò e ne fece la sua residenza stabile – anche se soggiornava di frequente a Zurigo, Berlino e New York – proprio per trovare la tranquillità e l’isolamento necessari alla sua ispirazione.

Ma se il villaggio gli offrì “l’irrinunciabile e piacevole sensazione di non appartenenza” e diede spunto al suo racconto “L’uomo nell’Olocene” che sviluppa il tema della vecchiaia e della morte, lo scrittore non legò molto con la gente del posto. La quale ad ogni modo si mostrò orgogliosa di questo illustre ospite tanto da conferirgli la cittadinanza onoraria e di apporre una stela commemorativa sul muro del cimitero. Infatti il desiderio originario dello scrittore zurighese di far murare la sua urna nello suo studio di Berzona era stato rigettato e le ceneri di Frisch vennero sparse secondo le sue ultime volontà… ”da qualche parte.”

«La casa di Berzona – spiega la presidente del Museo Onsernonese – è stata un tassello nel grande mosaico che fu la vita di Frisch e per documentare questo suo continuo girovagare per il mondo, la mostra propone anche una tabella sugli spostamenti dello scrittore tra il 1965 ed il 1991, anno della sua morte… E Berzona si rivela davvero essere una costante…».

Un tramite tra due culture

Per il curatore Charles Sutter, anch’egli svizzero-tedesco, «la mostra vuole fare il tramite tra le culture germanica ed italiana con la traduzione dei testi originali nella lingua di Dante». Un compito arduo a detta del curatore anche perché »molti testi di Frisch pubblicati in italiano sono stati tradotti male…».

Comunque sia, l’esposizione vuole permettere a chi conosce Frisch di riscoprirlo e, «alle nuove generazioni che lo hanno studiato soltanto marginalmente durante le lezioni di tedesco al liceo semplicemente di scoprirlo e, con lui, i suoi tanti mondi».

L’esposizione

“Max Frisch Berzona”

si tiene al Museo Onsernonese di Loco, dal 17 aprile al 30 ottobre 2011.

La mostra è il frutto della collaborazione tra il

Max Frisch-Archiv

della Biblioteca del Politecnico federale di Zurigo e i figli dello scrittore Ursula ed Hans Peter.

Fondato nel 1966, il Museo Onsernonese di Loco è uno dei dieci musei etnografici del Ticino.

L’esposizione permanente documenta la storia e la cultura della valle, mentre le mostre temporanee e le altre manifestazioni presentano aspetti sociali, culturali e politici dell’Onsernonese.

Figlio di un architetto, Max Frisch nasce a Zurigo il 15 maggio 1911. Nel 1930 si iscrive al corso di germanistica all’Università della sua città; deve però rinunciare per motivi finanziari dopo la morte del padre avvenuta nel 1932. Inizia così una breve carriera di giornalista presso il quotidiano Neue Zürcher Zeitung.

Tra il 1934 e il 1936, lo scrittore viaggia molto nell’est e il sud-est dell’Europa e, per la prima volta, visita la Germania nel 1935. Riprende gli studi universitari nel 1936, sempre a Zurigo, ma questa volta in architettura al Politecnico federale dove si laurea nel 1942.

Nello stesso anno vince un concorso d’architettura della sua città per la pianificazione e la costruzione di una piscina comunale che oggi porta il suo nome. Apre quindi il proprio studio. Sempre in quell’anno sposa Gertrud Constance von Meyenburg dalla quale ha due figli, Ursula nata nel 1943 e Hans Peter l’anno successivo. Si separa però dalla moglie nel 1954 ed avrà altre tre compagne “ufficiali” nonché numerose relazioni sentimentali.

Nel 1947 Frisch conosce Bertold Brecht e Friedrich Dürrenmatt. Nel 1951, grazie ad una borsa di studio della Fondazione Rockfeller, trascorre un anno negli Stati Uniti. Fino alla sua morte soggiorna regolarmente a New York. Nel 1955, un anno dopo la separazione dalla famiglia, lascia anche lo studio d’achitettura per consacrarsi unicamente alla letteratura.

Amante della cultura italofona vive stabilmente in Ticino e soggiora spesso anche a Roma. È sua la famosa citazione inerente all’inizio dell’emigrazione italiana verso la Svizzera: «Volevamo delle braccia, sono arrivati degli uomini…».

Max Frisch inizia a scrivere nel 1934; prima delle sue opere più famose pubblica piu di dieci romanzi. La fama giunge però ad inizio degli anni 50 con Stiller (1954) seguito da Homo Faber (1957) poi da Andorra (1962) e Il mio nome sia Gantenbein (1964).

Tra i suoi titoli più venduti nel mondo citiamo anche Montauk (1975), L’uomo nell’Olocene (1979), Barbablu (1982) e infine Schweiz als Heimat pubblicato nel 1990. I suoi libri sono stati tradotti in più di 50 lingue e hanno raggiunto tirature milionarie.

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