Prospettive svizzere in 10 lingue

Massimo Rocchi, svizzero per passione politica

Con rocCHipedia, Massimo Rocchi propone la "sua" storia svizzera, dai miti elvetici alle personalità politiche contemporanee massimorocchi.ch

Di origine italiana, Massimo Rocchi è oggi uno degli umoristi più amati della Svizzera. Nei suoi spettacoli schizza ritratti della società elvetica e ripercorre la storia della Confederazione con acuta ironia. Intervista a un artista che mette a nudo società e politica.

Con il suo passaporto svizzero in bella mostra, Massimo Rocchi dal 2010 è in tournée in tutto il Paese con la sua ultima creazione: rocCHipedia. Uno spettacolo esilarante che mette in scena miti e realtà elvetici, dalle origini al giorno d’oggi, attraverso lo sguardo penetrante dell’artista.

swissinfo.ch: Lei è un pantomimo. Ma un pantomimo che parla e che gioca molto sulle lingue. Come definisce la sua arte?

Massimo Rocchi: Grazie per l’arte. Ho frullato tutte le scuole di teatro che ho frequentato, ed eccomi qua. Un po’ chimera e un po’ Arlecchino. Non saprei proprio come definirmi. Nell’elenco telefonico c’è scritto “attore”. Mi piacerebbe scriverci “comico” ma sarebbe presuntuoso.

Forse sono un barometro antropologico. Che parolone eh? Mi piace sentire quello che c’è nell’aria, nella società. Sono affascinato dall’uomo. Un animale strano, l’unico che ha paura della paura.

swissinfo.ch: Il plurilinguismo svizzero per lei rappresenta una difficoltà o un’opportunità?

M.R.: Solo opportunità. La Svizzera è un’Europa riuscita. In Svizzera si parlano lingue diverse e ci si capisce. Anche il dialetto è un’opportunità, ma non l’unica. Il dialetto in Svizzera può essere un segno di affetto, ma anche di isolamento, come ovunque in Europa.

swissinfo.ch: Massimo Rocchi ha successo in tutte le regioni linguistiche della Svizzera. Come riesce a superare il cosiddetto “fossato dei rösti”?

M.R.: Per me non esiste il “Röstigraben”. Nella Valle Maggia, nello Schwarzenburg, nella Vallée de Joux cambia il pane, ma lo stomaco è lo stesso. Il pane e le ombre dei campanili sono diversi, ma le anime e la Migros sono le stesse. L’unica differenza vera sta nei parametri delle tasse.

A mia conoscenza in Svizzera, non c’è mai stato posto per un re. Gli svizzeri hanno sempre amato l’indipendenza. Non hanno mai sopportato i monarchi. Speriamo che ora non accettino neppure i populisti, una forma di monarchia in cravatta.

swissinfo.ch: Nel suo ultimo spettacolo paragona l’Europa a un disco e la Svizzera al buco che c’è in mezzo e dice che il disco ha bisogno di quel buco per girare. Pensa che l’UE girerà sempre con quel buco in mezzo?

M.R.: Non credo che la Svizzera entrerà nell’UE. Ma se entrerà, lo farà mantenendo il franco. A Bruxelles ci sono politici che non hanno capito gli europei, per i quali la Svizzera rappresenta un sogno, se non un mito. E non mi riferisco solo ai benestanti.

Ma la Svizzera dovrà comprare la sua assenza da Bruxelles, e sarà un prezzo molto salato, perché l’Europa ha comunque generato una sicurezza straordinaria, di cui anche noi Svizzeri beneficiamo: la pace. Vi pare poco?

swissinfo.ch: Lei non è svizzero per caso, bensì per scelta. Perché ha voluto la nazionalità elvetica?

M.R.: Perché dopo tanti anni di residenza, scoprii di essere più a casa qui che là dove nacqui. Le mie figlie sono svizzere, volevo non essere da meno! Anche io ora sono la Svizzera, un quadrettino di cioccolato.

E per votare. Io sono appassionato di politica. Penso che sia la costruzione della polis, ossia della città. Giorgio Gaber diceva: “se potessi mangiare un’idea avrei fatto la mia rivoluzione”. Votando si fa una piccola grande rivoluzione. E poi sono felice di vivere in un paese dove si chiede la mia opinione. Mi fido di più di chi vota male che di chi parla bene e non vota…

swissinfo.ch: Che sentimenti prova nel suo paese di adozione?

M.R.: Io sono svizzero, un nuovo svizzero, uno” svitaliano”, come esisterà uno “sviturco” o una “albanvetica” o una chissà che altro. Ho sentimenti di riconoscenza, di passione, a volte anche di insofferenza.

swissinfo.ch: Nei suoi spettacoli lei non risparmia sferzate a certi politici. Che qualità e che difetti vede nei politici svizzeri?

M.R.: Quelli delle elettrici e elettori che li votano. Oggi un politico è simpatico, come lo doveva essere un comico. E al comico si chiede moralità e serietà, quella che si richiedeva ad un politico. Che vuole che le dica, magari farò il deputato svizzero a Bruxelles fra dieci anni… luce.

swissinfo.ch: In fondo anche il suo è un modo di fare politica. Che impatto hanno le sue critiche sul pubblico?

M.R.: Il pubblico ride e applaude. Ma poi un terzo di quello stesso pubblico vota per chi io sul palcoscenico derido. In teatro si può criticare tutto e ridere di tutto. Ma il teatro non può cambiare il mondo.

swissinfo.ch: Fare satira politica in Svizzera, dove non ci sono molte personalità che si prestano ad essere caricaturate, è più difficile rispetto ad altri paesi, come per esempio l’Italia?

M.R.: È come fare da mangiare per dieci persone con 500 grammi di pasta. Certe dichiarazioni di politici sono più vuote di ragli d’asino.

swissinfo.ch: Lei che è un attento osservatore della politica svizzera, cosa si aspetta dalle elezioni federali del 23 ottobre?

 

M.R.: Se ci azzeccassi sarei in un consiglio di amministrazione o farei il cartomante.

Ho un desiderio. Vorrei che la Svizzera giocasse a scacchi muovendo il bianco, non sempre il nero. Dobbiamo far vedere alle giovani generazioni che si può giocare, che si può avere il coraggio di prendere delle decisioni. I giovani sono pronti: le giovani generazioni svizzere, i Secondo e i Terzo aspettano un via libera da noi adulti.

Siamo ossessionati dal delinquente fino al punto di essere felici quando succede qualcosa. Vedo pure io che nella nostra società esistono casi di delinquenza, di furto e aggressione, ma sono episodi, non flagelli biblici. I frontalieri, per esempio, vengono anche per pulire ciò che noi sporchiamo.

Parliamo anche di un nuovo fenomeno, che non so come definire e di cui non conosciamo le conseguenze. I nuovi residenti benestanti. Una volta offrivamo sicurezza al denaro estero. Oggi chi porta denaro vi rimane accanto. Vuole viverci vicino. Cosa succederà con questa immigrazione abbiente? Un tempo si diceva “la barca è piena”. Forse che fra qualche anno si dirà “il panfilo è pieno”?

Massimo Rocchi nasce l’11 marzo 1957 a Cesena, in Emilia Romagna. Dopo la maturità classica, intraprende gli studi teatrali all’università di Bologna. Prosegue quindi la formazione di mimo in Francia, dapprima alla scuola di Etienne Decroux poi a quella di Marcel Marceau, dove nel 1982 consegue il diploma.

Nel 1986 si trasferisce a Berna. Realizza lo spettacolo di pantomima “Spiagge Italiane” e nel 1989 “Mammamia”, entrambi portati sul palcoscenico in Svizzera e in Italia. È l’inizio di una serie di creazioni con cui Massimo Rocchi diventa famoso in tutte le regioni linguistiche della Confederazione e non solo. I suoi spettacoli, che sono una lettura graffiante della società e del mondo politico, riscuotono successo anche in teatri d’Italia, Francia, Germania e Austria.

I suoi ultimi lavori sono disponibili in versione DVD e CD.

Oltre a cavalcare le scene teatrali, Rocchi ha lavorato anche per la televisione in diversi programmi in Italia, Spagna, Germania e Svizzera.

Nel 2003 è stato l’ospite d’onore della tournée del Circo nazionale Knie che celebrava i 200 anni di esistenza.

Tra le varie onoreficenze ottenute da Rocchi, da segnalare il Premio svizzero della scena nel 2010, il massimo riconoscimento elvetico nella categoria.

Dal 2010, l’artista è in tournée con la sua ultima produzione teatrale, “rocCHipedia”. In sintesi per Massimo Rocchi questo spettacolo “è la mia storia del paese che mi ha adottato. Sono le storie di una storia. È anche il desiderio di mostrare ai giovani svizzeri che la storia è quella che facciamo noi, a cui crediamo noi, che costruiamo noi. È un gioco e un atto d’amore, è uno smontaggio e un montaggio, è un momento di humor e un momento religioso.

Ho investito un anno d’investigazione, di prove, di studio. Ma è lo spettacolo più importante della mia vita. Perché mi ha richiesto molto coraggio parlare di argomenti che sono nelle menti di tutti, ma non sulle bocche di tutti: frode fiscale, segreto bancario, la Svizzera nata da battaglie che vanno dal 1315 al 1515, ma anche da una grande sconfitta, ossia dal Congresso di Vienna del 1815.”

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