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“L’Italia, quando fa squadra, è capace di realizzare grandi eventi”

Massimo Baggi: fa piacere sentir menzionare la Svizzera come modello o esempio. Michele Novaga

Dopo cinque anni, Massimo Baggi lascia la poltrona di console generale della Svizzera a Milano. Durante il suo mandato sono state molte le sfide affrontate: da Expo, sfociata in un successo, alle vertenze tra i due paesi, come quelle sulle questioni fiscali. swissinfo.ch ha incontrato il console uscente prima della sua partenza per Rabat, dove dal 25 gennaio sarà il nuovo ambasciatore svizzero in Marocco. 

swissinfo.ch: L’Expo è stata un po’ la spina dorsale del suo mandato a Milano. Come ha vissuto questo grande evento? 

Massimo Baggi: Sono stato nominato alla fine del 2010, proprio in concomitanza con la decisione di attribuire a Milano l’esposizione universale. Fin dall’inizio abbiamo strutturato un percorso per fare in modo che la locomotiva di Expo potesse tirare una serie di altri vagoni. Con Expo abbiamo fatto promozione economica, turistica, culturale, abbiamo raccontato una serie di temi legati a questa manifestazione. E questo ha funzionato. 

swissinfo.ch: All’inizio Expo era un qualcosa molto astratto. Come è riuscito a spiegare l’importanza di questo evento e creare un coinvolgimento? 

M.B: Attraverso tre argomenti forti. Innanzitutto, il tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, facile da coniugare e ricco di sfide da saper cogliere. Poi il secondo fattore che ha convinto i nostri partner a partecipare è che l’Italia è capace, quando fa squadra, di realizzare grandi avvenimenti. E quindi, anche se all’inizio il tema si declinava in modo molto astratto, qui c’era la consapevolezza che gli italiani ce l’avrebbero fatta come ci hanno dimostrato in altre occasioni. Anche noi dovevamo aggrapparci a qualche evento simile e, mancando un termine di paragone, siamo andati varie volte a Torino a parlare con il sindaco e le autorità locali per vedere come era andata con i Giochi Olimpici. Terzo e ultimo fattore è quello che con l’Italia abbiamo una relazione bilaterale estremamente importante e avevamo la convinzione che l’Expo ci avrebbe aiutato a portarla ancora in avanti. 

Massimo Baggi 

Il diplomatico è nato a Locarno nel 1964, ma è cresciuto a Bellinzona. Si è laureato in economia politica all’Università di Zurigo nel 1988 ed ha continuato la sua formazione presso l’Istituto superiore di studi in amministrazione pubblica dell’Università di Losanna (IDHEAP) e presso l’Università di Ginevra (programma di studi diplomatici). 

Fa parte del servizio diplomatico della Confederazione dal 1992 con un periodo di formazione presso la Missione svizzera all’ONU a New York e presso l’Ambasciata di Svizzera a Londra. 

Dal 1994 al 1998 è stato collaboratore diplomatico all’Ufficio per l’integrazione europea del Dipartimento federale degli affari esteri e del Dipartimento federale dell’economia. 

Dal 1998 al 2003 è stato consigliere responsabile per le questioni economiche presso l’Ambasciata di Svizzera a Delhi (India) e dal 2003 al 2006 consigliere incaricato per le questioni economiche presso l’Ambasciata svizzera a Mosca. 

Dal 2010 alla fine del 2015 è stato console generale della Svizzera a Milano. Grande appassionato di polo, è sposato con due figli.

Massimo Baggi sarà sostituito a Milano da Félix Baumann,  nato nel 1972 a Zurigo ed entrato nel 2001 al servizio del DFAE, per il quale ha già ricoperto varie funzioni a Berna e Mosca. Dal 2011 ha assunto il compito di capo dello Stato maggiore della direzione delle risorse a Berna.

swissinfo.ch:Si può quindi dire che negli ultimi anni ci sia stata una spinta in avanti delle relazioni tra Italia e Svizzera? 

M.B.: Assolutamente sì. Io mi ricordo che quando sono arrivato qui prevalevano toni aggressivi e prese di posizione forti soprattutto in ambito fiscale. Adesso questo non lo vediamo più: si è trovata un’intesa su quello che era il solo contenzioso che avevamo con l’Italia e siamo stati capaci di trovare una soluzione. Con l’Italia la relazione è estremamente forte e diversificata e abbiamo dimostrato ancora una volta che anche su questioni spinose riusciamo a trovare degli accordi. 

swissinfo.ch: Diciamo che l’accordo fiscale dello scorso 23 febbraio, in questo senso, è stato emblematico… 

M.B.: Era una questione che bisognava chiudere. I tempi sono cambiati dal 2008, con la crisi: tutti i paesi sono andati alla ricerca di risorse per gestire i propri bilanci e la questione dell’evasione da allora non è più quella che conoscevamo prima. I modelli di sviluppo in questo campo hanno dovuto cambiare in maniera importante soprattutto a livello regionale e non senza impatto. 

swissinfo.ch: Un problema che sussiste è quello dei frontalieri forse soprattutto a livello regionale: questa questione può avere una soluzione? 

M.B.: L’approccio alla questione del frontalierato in Ticino è cambiato negli ultimi anni. Il Cantone si è sviluppato nel Dopoguerra con la creazione di un mercato duale del lavoro: avevamo un mercato nel settore secondario per frontalieri e un terziario per lavoratori indigeni. Un modello che oggi non tiene più dato che più della metà dei frontalieri sono attivi nel terziario. Chiaramente la libera circolazione ha cambiato questo modello di sviluppo: credo che questo sia nella natura delle cose e credo che non sia un processo reversibile. 

Penso che la libera circolazione delle persone, che ha contribuito a far crescere la Svizzera e il cantone Ticino mantenendo la disoccupazione a livelli bassi, sia nel nostro interesse e credo che il modello di sviluppo del Ticino nel futuro sarà sempre più orientato sui settori ad alto valore aggiunto che permetteranno di abbordare la questione dell’apertura internazionale con più agio. Credo che questo sia un po’ la forza del modello svizzero: se vogliamo mantenere salari alti in Ticino dobbiamo produrre beni ad alto valore aggiunto esportabili. 

swissinfo.ch: A giugno 2016 si inaugura la nuova linea ferroviaria del San Gottardo che rappresenta un ulteriore tassello nell’ambito della circolazione di persone e merci. 

M.B.: Intanto diciamo che dall’ottica milanese quella che si sta preparando è una grande rivoluzione nel senso che da Milano, in direzione Nord, sarà possibile avere fenomeni di pendolarismo in giornata su Zurigo e Basilea che fino ad ora erano impensabili.

Ma il Gottardo è anche un bel cambiamento di paradigma perché con le persone viaggiano anche le merci e le idee e da sempre i collegamenti favoriscono lo sviluppo. Un corridoio che comunque va completato sia in Svizzera – perché a sud di Lugano non abbiamo previsto una nuova linea – che in Italia. Ma questo vale anche per la Germania, i Paesi Bassi. Questa linea è un tassello di un progetto ancora più grande di quello del corridoio 24 che collega Rotterdam a Genova. 

swissinfo.ch: Lei è stato nominato ambasciatore svizzero a Rabat: le relazioni tra Svizzera e Marocco sono ottime però la situazioni internazionale vive un momento particolare. 

M.B.: Mi sto proiettando sempre più in questa nuova funzione. Per me si chiude un ciclo e si apre un altro. La simbiosi con l’Italia e col suo territorio è stata molto forte per una serie di ragioni e di sicuro lo sarà anche in Marocco. Anche se per il momento è ancora un punto di domanda su come e cosa si potrà fare. 

swissinfo.ch: Quale è stato il momento più difficile del suo mandato?  

M.B.: Forse il naufragio della Concordia: abbiamo avuto paura.  

swissinfo.ch: Invece dal punto di vista politico? 

M.B.: Il momento del risultato del referendum su Expo nel Canton Ticino.  

swissinfo.ch: Il ricordo più bello? 

M.B.: Ce ne sono tanti: innanzitutto ricordo la visita della presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga, punto importante per tutti noi sia durante Expo che poi in occasione del 500esimo anniversario della battaglia di Marignano. E poi tanti momenti belli sul sito espositivo. Ma direi che bella è anche la considerazione degli Italiani per la Svizzera: abbiamo una relazione di prossimità, una lingua in comune. La nostra immagine è molto positiva e tante volte ho sentito menzionare la Svizzera come modello o esempio. Il che fa piacere. 

swissinfo.ch: Cosa le mancherà più di Milano? 

M.B.: I milanesi e gli italiani in generale. Gli italiani sono calorosi e questo all’inizio mi mancherà anche se sono ragionevolmente sicuro di ritrovare la stessa cosa in Marocco. Il nostro è un mestiere dove si cambiano soprattutto le persone perché i dossier e gli affari poi si ritrovano: Ma, in questo momento, sappiamo cosa lasciamo ma non sappiamo bene cosa troviamo. E poi mi mancherà il Centro svizzero con tutte le sue componenti. 

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