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Maria Grazia Cucinotta

Altri sviluppi

Le edicole di Napoli

Mostra i denti il pescecane

e si vede che li ha

Mackie Messer ha un coltello

ma vedere non lo fa.

Bertolt Brecht, L’opera da tre soldi

Si chiamano edicole ma non vendono i giornali, ce ne sono a

ogni angolo di strada a Napoli e persino nei cortili dentro ai palazzi:

sono dei piccoli altari all’aperto, «templi cristiani e insieme

pagani», come li chiama Roberto Saviano, che alla città vuole bene

nonostante tutto. Sono luoghi sacri fai-da-te, servono per celebrare

i santi protettori e i morti del quartiere senza andare tutti i

giorni al cimitero. Ci sono le offerte, le preghiere, i fiori, i ceri, gli

ex voto… È sicuro che al morto piace di più rimanere nelle vicinanze

di casa, lì dove è vissuto, in compagnia degli amici, insieme

ai parenti, ai vicini, ai passanti, con l’odore di fritto dei panzarotti

e i ragazzini che gli buttano la palla in faccia sopra alla fotografia.

È un po’ come se fossero ancora vivi: guardano, sentono, sono

rispettati.

È naturale che nell’edicola i morti stanno meglio. Intanto le

foto sono più belle che sulla lapide, almeno la mia è veramente

uno splendore, modestamente lo scatto me l’ha fatto mia sorella

Titina che è un talento, poi al laboratorio di sviluppo l’hanno

ingrandita, è la più grande di tutte la mia foto, e hanno anche

rinforzato il rossetto e la linea agli occhi. Poi io ho la cornice in

puro ossidal color oro che la pioggia non la sfiora neanche, si nota

proprio in mezzo al vicolo, spicca, anzi devo dire che sovrasta

pure l’immagine del santo medico, pace all’anima sua, che mi

perdoni, ma intanto si fermano tutti a mettere un cero e così pure

il santo si guadagna una preghiera in più, che di questi tempi non

è poco.

Ti dico solo che l’altare mio è più illuminato di quello di Diego

Armando Maradona a piazzetta Nilo, sì, dove c’è pure un capello

suo autenticato sotto vetro, tenuto come una reliquia, che

poi Diego è ancora vivo mentre io sono morta, anche se si direbbe

il contrario per quanto io brillo di luce nella notte… Ma è

ancora vivo, sì? Armando Maradona?

Scusate ma è un po’ che non frequento il calcio, anzi diciamo

che non sono stata mai tifosa veramente, lo facevo più che altro

per Tonino che ci moriva dietro alla sua squadra… e adesso chissà

come ci sforma che c’ho la foto cchiù bella ‘e Maradona.

Il titolo sul giornale invece non era tanto grande: «Ragazza

sessantaseienne uccisa da venticinque coltellate»… No, scusate è

il contrario: venticinque anni, sessantasei coltellate, mi sbaglio

sempre. Due coltellate e mezzo per ogni anno della mia breve vita,

solo venti dritte al cuore. Ci vuole tempo per dare tutte quelle

coltellate, pensate a quanto è lungo un minuto… Be’, ce ne vogliono

almeno tre senza fermarsi mai, e lui non si è fermato neanche

per riprendere fiato, questa volta aveva paura che non schiattavo.

Perché c’aveva già provato l’anno prima, in mezzo a corso

Garibaldi: è arrivato di corsa e mi ha dato quattro fendenti al

collo ma qualcuno l’ha fermato, sono stata dieci giorni in coma,

poi ce l’ho fatta. L’hanno mandato ai domiciliari perché dicevano

che era stato un raptus e un raptus non viene due volte, invece hai

visto che sorpresa, caro giudice?

Ma io tanto insieme a lui non ci tornavo neanche morta… E

lui l’ha capito che non avevo più paura, questi uomini qui se si

accorgono che siete diventate forti non lo possono sopportare.

Cadendo a terra ho sfondato la vetrina dell’alimentari di Michele.

Certo, se lo lasciavano in galera era meglio per tutti, anche per

Michele.

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