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“Una maggioranza considera ancora l’Europa come la propria patria”

Jonas Lüscher
Jonas Lüscher vincitore del Premio svizzero del libro nel 2017. Jan Krattiger

Lo scrittore svizzero Jonas Lüscher lancia un appello alla popolazione del Vecchio continente affinché scenda in piazza, il 13 ottobre, a manifestare per un'Europa unita. Un'occasione, afferma, per tessere nuove alleanze contro il crescente nazionalismo. Intervista.

È mezzogiorno di un venerdì di settembre e lo scrittore svizzero Jonas Lüscher sta aspettando il filosofo tedesco Michael Zichy sul binario 11 della stazione centrale di Monaco di Baviera. Da diversi anni i due s’incontrano regolarmente per discutere di politica. Qualche mese fa hanno deciso di non limitarsi più a scrivere e a dibattere, ma di passare all’azione: assieme a loro, cinque milioni di europei dovrebbero scendere in piazza il 13 ottobre contro il nazionalismo e per un’Europa unita, democratica e solidale. A poche settimane dall’appuntamento, sono una trentina le città ad aver risposto “presente” all’appello “13-10Collegamento esterno“, lanciato da Jonas Lüscher e Michael Zichy, e sottoscritto da 900 persone. Incontro con lo scrittore svizzero che dal 2001 vive a Monaco di Baviera.

swissinfo.ch: Cominciamo con una domanda un po’ grossolana: perché siamo seduti qui a parlare di Europa?

Jonas Lüscher: Perché la situazione è alquanto drammatica. Con Michael Zichy abbiamo un rituale: ogni dieci giorni ci chiamiamo e discutiamo dell’attuale situazione politica, ma siamo sempre più frustrati. Abbiamo così pensato di lanciare un segnale, poiché la nostra conclusione è sempre la stessa: abbiamo l’impressione che la maggioranza della popolazione voglia ancora una democrazia liberale e consideri l’Europa come la propria patria.

Biografia

Nato il 22 ottobre 1976 a Zurigo, Jonas Lüscher è cresciuto a Berna e ha studiato filosofia a Monaco di Baviera, città nella quale risiede dal 2001. Il suo primo libro “La primavera dei barbari”, satira sulle derive dell’economia e della finanza, ha ottenuto un importante successo di pubblico e critica. È stato tra l’altro nominato per il “Deutschen Buchpreis”. Il suo secondo romanzo “Kraft” (non ancora tradotto in italiano) ha vinto nel 2017 il Premio svizzero del libro.

swissinfo.ch: Ma questa Europa è in pericolo?

J. L.: I liberali di sinistra della generazione postbellica hanno sempre potuto contare sul fatto che la situazione stava fondamentalmente migliorando. Noi dobbiamo lottare per quasi tutto: contro la destra e i borghesi conservatori; dobbiamo imporre il congedo maternità, difendere lo Stato sociale, lottare per il diritto al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Ma stiamo progressivamente diventando una società sempre più liberale. Oggi la certezza di un futuro migliore è messa in discussione e a giusto titolo.

swissinfo.ch: Per far fronte a questa incertezza è dunque nata l’idea di una manifestazione europea, in programma il 13 ottobre?

J. L.: Sì. Se riuscissimo a far rinascere la consapevolezza che una società liberale, più sociale, pacifica e libera è possibile – e se questa consapevolezza si diffondesse per le strade d’Europa – allora avremmo un’opportunità di identificazione. Ciò potrebbe contribuire a contrastare questo sentimento d’incertezza, dal momento in cui il centro e la sinistra sarebbero nuovamente pronti a dire: “Dopo tutto, siamo in grado di agire”. È a causa di questa grande incertezza che da diversi anni i populisti di destra – con anche il contributo della sinistra – hanno inculcato nella popolazione l’idea che siamo fondamentalmente incapaci di agire, perché tutto è nelle mani dell’economia e della mondializzazione. Inoltre, si parla spesso della mancanza di decisioni alternative e ciò genera un sentimento d’impotenza.

swissinfo.ch: Lei ha affermato che l’appello alla mobilitazione ha suscitato reazioni di “sollievo e speranza”, ma anche che voi “dovete pagarne il prezzo”. Cosa implica un impegno di questo tipo?

J. L.: Il nostro lavoro militante è fondamentalmente noioso e terribilmente laborioso. Da quando abbiamo iniziato, due mesi fa, non abbiamo fatto nient’altro. Abbiamo scritto centinaia se non migliaia di mail ed è un impegno a tempo pieno. Ammiro le persone che dedicano tutta la vita a questo tipo di attività. Ora ho provato di persona cosa significa.

“Abbiamo l’impressione che la maggioranza della popolazione voglia ancora una democrazia liberale e consideri l’Europa come la propria patria”

swissinfo.ch: Cosa c’è di così noioso?

J. L.: Abbiamo deliberatamente formulato l’appello in modo aperto e relativamente vago. In sostanza diciamo: ‘siamo contro il nazionalismo e per un’Europa unita’ – senza nemmeno parlare di Unione europea. Si tratta del minimo comune denominatore, dall’estrema sinistra fino al centro, inclusa una maggioranza di conservatori. E malgrado ciò ci sono tante riserve e ognuno non guarda oltre il proprio orticello. A volte mi sdraiavo sul letto di notte e pensavo che sarebbe andato tutto a monte. Se non riusciamo nemmeno a metterci d’accordo su questo punto, come andranno le cose in futuro?

swissinfo.ch: La manifestazione si terrà in oltre 30 città. Un risultato non indifferente raggiunto in poco tempo…

J. L.: Dimostra che può funzionare, che esiste un bisogno di questo tipo. Al momento l’appello alla mobilitazione non ha però ancora acquisito la forza necessaria per andare avanti in modo autonomo, ma dovrà farlo affinché sia un vero successo. È interessante vedere come la risposta cresce più rapidamente nei paesi dove i bisogni sono maggiori. In Polonia, ad esempio, hanno aderito altre due città per un totale di sette.

swissinfo.ch: Qual è la stata la reazione in Svizzera? Sono previste manifestazioni?

J. L.: Sicuramente a Basilea e anche a Zurigo, dove si è creata un’alleanza che comprende, ad esempio, tutti i teatri della città. Ora devono svegliarsi anche i bernesi e i ginevrini devono unirsi. Naturalmente in Svizzera la pressione non è così grande, perché per la prima volta in trent’anni l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice, ndr.) è in calo. Tuttavia, ho la sensazione che anche in Svizzera si discuta di più d’Europa, anche in seguito alla presa di posizione di Avenir SuisseCollegamento esterno (think-tank liberale, ndr.) su una possibile adesione all’UE. Ricordo che quando avevo diciotto anni e vivevo ancora in Svizzera si poteva parlare apertamente di un’adesione. Negli ultimi dieci anni, però, il tema è diventato tabù. Ora l’apertura di Avenir Suisse ha rilanciato il dibattito.

swissinfo.ch: A cosa dovrebbe assomigliare la giornata del 13 ottobre per poter dire ‘è valsa la pena impegnarsi tanto’?

J. L.: Se nascerà un sentimento di solidarietà, avremo già ottenuto un buon risultato. Non si può sperare di raggiungere molto di più. Credo che per la popolazione ungherese, ad esempio, sia importante sapere che non è sola di fronte ai problemi che attraversa. Al loro fianco ci sono anche persone provenienti da Spagna o Norvegia.

La cosa divertente è che a me non piace proprio andare alle manifestazioni. L’ultima volta che vi ho partecipato è stato qui a Monaco di Baviera, per protestare contro la legge sulla polizia (il 10 maggio 2018, ndr.). C’erano così tante persone e soprattutto così tanti giovani. Nonostante solitamente abbia difficoltà con le folle, ho notato che c’è una grande solidarietà e la presenza di compagni di lotta e di alleati. Di fatto, è questo che mi piace: l’opportunità di renderci conto che abbiamo degli alleati.

Traduzione dal tedesco di Stefania Summermatter

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