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Missionaria svizzera rapita da Al Qaeda

Al Qaeda nel Maghreb islamico ha rivendicato il rapimento di Béatrice Stockli, la missionaria svizzera sequestrata in Mali a inizio gennaio. In cambio del rilascio della basilese, già rapita una volta nel 2012, il gruppo jihadista chiede la liberazione di alcuni prigionieri.

Béatrice Stockli è apparsa su un video inviato alla agenzia stampa mauritana Al-Akhbar tre settimane dopo il suo rapimento, avvenuto il 7 gennaio a Timbuctu, nel nord del Mali.

La donna, velata, dichiara che la registrazione è avvenuta il 19 gennaio. Nel video, non ancora autenticato dalla Confederazione, un uomo armato e incappucciato accusa la missionaria di Basilea di essere riuscita, con il suo lavoro di evangelizzazione, ad allontanare diversi giovani musulmani dall’Islam.

Per il suo rilascio, Al Qaeda nel Maghreb islamico (AQMI), rivolgendosi direttamente alle autorità elvetiche, chiede la liberazione di alcuni combattenti imprigionati in Mali e di Abou Tourab, uno dei fondatori del gruppo terroristico. Detenuto alla Corte penale internazionale dell’Aja per crimini di guerra, è accusato di aver attaccato alcuni edifici religiosi e monumenti storici a Timbuctu.

Un portavoce del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) ha affermato mercoledì di essere venuto a conoscenza del filmato in questione. La Svizzera chiede la liberazione incondizionata della persona rapita, ha detto, rifiutandosi di indicare se ci sia stata una richiesta di riscatto. Secondo una fonte vicina al dossier in Mali, oltre alle rivendicazioni pubbliche è stata anche avanzata una richiesta in questo senso, scrive l’agenzia di stampa AFP.

La donna era già stata rapita nella stessa regione nel 2012. Era stata liberata dopo una decina di giorni grazie a un mediatore del Burkina Faso. Una delle condizioni della sua liberazione era stata la promessa che non sarebbe più ritornata in un paese musulmano a predicare il cristianesimo, afferma l’uomo mascherato che appare nel video.

Malgrado gli avvertimenti del governo svizzero, Béatrice Stockli era ritornata a Timbuctu nel gennaio 2013, dopo che l’intervento militare internazionale guidato dalla Francia aveva cacciato i jihadisti che controllavano il nord del paese.

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