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Magritte, il poeta dei sogni e degli enigmi

'La Memoria', 1948. Collection de l'Etat belge, Musée d'Ixelles, Bruxelles, 2005, ProLitteris, Zurich

La Fondazione Beyeler di Basilea dedica una grande esposizione al pittore surrealista che ha maggiormente affascinato generazioni di persone, grandi e piccoli.

La mostra “Magritte, la chiave dei sogni” permette di riscoprire un centinaio di opere che non erano più state presentate in Svizzera da oltre 20 anni.

Creava degli strani enigmi, dei rebus senza risposta. E si divertiva perfino dei laboriosi tentativi che il pubblico e i critici intraprendevano per cercare di spiegare il suo mondo immaginario.

Ma ancora oggi, pur essendo stato ricopiato in tutti i modi, dall’arte alla pubblicità, il linguaggio delle immagini del pittore belga continua a sedurre e a sbalordire la gente.

È il caso anche a Basilea, dove la mostra “Magritte, la chiave dei sogni” ha tutte le carte in regola per diventare l’esposizione più visitata dell’anno in Svizzera.

Il piacere degli occhi

L’arte del pittore surrealista attira le folle senza nemmeno dover ricorrere, come Dalì, a paesaggi da dopo-catastrofe planetaria, in cui gli esseri viventi hanno subito trasformazioni mostruose e perfino gli orologi cominciano a fondere.

A Magritte bastava accostare teneramente il giorno e la notte in un solo quadro (‘L’Empire des lumières’) per creare un nuovo mondo in grado di turbare l’osservatore.

Gli bastava dipingere dei grandi uccelli con i colori del cielo e delle nuvole (‘La Grande Famille’) o delle navi con i colori del mare e delle onde (‘Le Séducteur’) per destare il piacere degli occhi – e ritrovare le sue opere sui poster appesi in milioni di case.

E, molto spesso, per suscitare emozione e stupore, si accontentava di oggetti banali – come una lanterna, un fiore, una mela, una scarpa, un uovo o una pipa – che non dovevano neppure avere una proprio carattere, una propria forza espressiva.

Per Magritte, che dipingeva con uno stile volutamente naïf, una foglia era una foglia e niente più, una mela doveva semplicemente rappresentare tutte le mele della Terra.

Surrealismo poetico

Ma quando i suoi oggetti si trasformano, si associano e perdono la loro funzione abituale e rassicurante, allora l’osservatore si ritrova di colpo in una nuova realtà, che comincia a sfuggirgli di mano, che non riesce più a controllare.

Quando Magritte utilizza la “chiave dei sogni” per spalancare le porte dell’immaginazione, allora le foglie diventano degli alberi (‘Les Princes de l’Automne’), le punte delle scarpe si trasformano in piedi umani (‘Le Modèle rouge’) e il paesaggio rimane definitivamente impresso sui cocci di vetro di una finestra, caduti per terra (‘La Clef des Champs’).

Il surrealismo di Magritte è un surrealismo emblematico e nello stesso tempo poetico, fatto di immagini banali e inverosimili, semplici e sconcertanti, che sorprendono la mente e accendono la fantasia.

“Pur partendo da una concezione molto razionale, Magritte sapeva mettere in scena il ‘mistero’ nei suoi quadri, creando un effetto molto forte sull’osservatore”, osserva Ulf Küster, il curatore dell’esposizione.

Rompere le catene della logica

René Magritte nacque nel 1898 a Lessines in una famiglia della piccola borghesia belga. Dopo un’adolescenza piuttosto tranquilla, turbata però dal suicidio della madre, Magritte cominciò ad interessarsi alla pittura e si iscrisse all’Accademia reale delle Belle Arti di Bruxelles.

A fargli scoprire una nuova dimensione dell’arte, al punto da non poter trattenere le lacrime, fu nel 1922 le ‘Chant d’Amour’ di De Chirico.

Lo stesso pittore italiano che André Breton, il fondatore e teorico del Surrealismo, considerava come uno dei pochi esempi da seguire sulla strada di una nuova concezione della pittura, che non poteva essere né figurativa, né astratta.

Per troppo tempo, scriveva nel 1925 Breton, i pittori hanno fatto un uso miserabile del “potere magico della raffigurazione”, cercando di rappresentare dei modelli di un mondo esteriore che può esistere tranquillamente senza di loro.

La pittura surrealista doveva partire invece da modelli puramente interiori, esplorando l’inconscio e il mondo dei sogni, allo scopo di rompere il “regno della logica”, permettere “all’immaginazione di riprendere i suoi diritti” ed esprimere “il vero funzionamento del pensiero”.

Il tradimento delle immagini

Una nuova visione che non poteva lasciar indifferente Magritte: così, nel 1927, sbarcò a Parigi per aderire al movimento artistico d’avanguardia.

Nei tre anni trascorsi a Parigi, prima di ritornare definitivamente a Bruxelles, Magritte non lasciò un grande segno all’interno del gruppo surrealista, dominato da artisti di enorme talento, ma anche da personaggi rissosi e provocatori.

Il pittore belga era invece una persona dallo spirito piuttosto modesto: anche dopo aver raggiunto una grande notorietà, continuò ad esempio a dipingere nella sua sala da pranzo, dove mangiava e riceveva gli amici.

Lasciò invece un’impronta eccezionale sul Surrealismo, creando una pittura nuova, tanto semplice nella raffigurazione, quanto originale nella concezione.

Il maestro belga non sognava, come molti suoi colleghi surrealisti, ma costruiva dei sogni che facevano sognare – e soprattutto riflettere. “Le mie opere sono dei sogni che non vogliono far addormentare, ma piuttosto svegliare l’osservatore”, spiegava lo stesso Magritte.

Come il suo famoso quadro della pipa (‘Il tradimento delle immagini’), sul quale Magritte aveva scritto beffardamente “questa non è una pipa”. Un apparente paradosso, con il quale voleva mettere a nudo il fragile confine tra realtà e immagine.

“L’arte di Magritte si distingue per la sua ricerca quasi filosofica sul rapporto tra immagine e percezione. Una componente che rimane ancora oggi di grande attualità, in un mondo dominato dal potere delle immagini e delle loro falsificazioni”, sottolinea Ulf Küster.

swissinfo, Armando Mombelli

Nato a Lessines nel 1898, René Magritte ha studiato presso la Scuola d’arte di Bruxelles.
Il primo quadro surrealista del pittore belga, influenzato soprattutto da De Chirico, risale al 1926 (‘Le Jockey perdu’).
Nel 1927 Magritte si è trasferito a Parigi per aderire al Movimento surrealista.
Nel 1930, dopo una prima rottura con alcuni colleghi surrealisti, il pittore belga è ritornato definitivamente a Bruxelles.
Magritte è morto nel 1967 nella capitale belga.

L’esposizione “Magritte, la chiave dei sogni” può essere visitata presso la Fondazione Beyeler di Basilea fino al 17 novembre 2005.

Allestita in collaborazione con il Kunstforum di Vienna, la Fondation Magritte di Bruxelles e il Museo Louisiana di Copenhagen, la mostra propone 95 opere realizzate dal pittore surrealista tra il 1926 e il 1960.

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