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Non si placa il polverone sull’autogestione

Le macerie dopo la distruzione del centro autogestito all ex macello di Lugano.
Il municipale liberale radicale Badaracco e la collega socialista Zanini-Barzaghi hanno asserito di non essere stati interpellati in merito alla distruzione dello stabile.

Non si fermano le polemiche sulla demolizione, scattata a sorpresa sabato notte, del centro autogestito all'ex macello di Lugano. La sezione cittadina dei Verdi ha sporto denuncia penale contro il Municipio, accusato di avere agito illegalmente e dure critiche sono giunte anche dal gruppo liberale in Consiglio comunale. Due membri dell'Esecutivo cittadino intanto precisano: "Della demolizione non eravamo stati informati".

Lo sgombero dell’ex macelloCollegamento esterno faceva parte di uno scenario già concordato con le forze di polizia e si sarebbe verificato nel caso in cui la manifestazione dei “molinari” di sabato fosse degenerata. Scenario che si è prontamente avverato nel momento in cui alcuni giovani si sono introdotti illegalmente nello stabile dell’ex istituto Vanoni, che si trova in Via Simen, nel quartiere di Molino Nuovo. Ma quanto è seguito, ossia la discesa in campo delle ruspe e la demolizione della struttura che negli ultimi vent’anni ha ospitato gli autogestiti, è stata una reazione proporzionata? Se lo chiedono in molti a Lugano e se lo chiedono soprattutto alcuni municipali, le cui opinioni vi proponiamo nel video qui sotto.

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Il municipale liberale radicale Roberto Badaracco e la collega socialista Cristina Zanini-Barzaghi hanno dunque asserito di non essere stati interpellati in merito alla distruzione dello stabile. La mancata inclusione dei due, a quanto scrive il Corriere del Ticino, sarebbe data dal fatto che gli altri cinque membri dell’Esecutivo cittadino (il sindaco leghista Marco Borradori e i due colleghi di partito Lorenzo Quadri e Michele Foletti, il PPD Filippo Lombardi e la PLR Valenzano Rossi) avevano dato per scontato la loro contrarietà alle ruspe dopo che Badaracco e Zanini Barzaghi si erano espressi in maniera avversa sullo sgombero.

Gli interrogativi sulla demolizione del Macello e sul via libera definitivo alle ruspe restano aperti. Intanto c’è una prima conseguenza legale: la sezione luganese dei Verdi del Ticino ha infatti presentato una denuncia penale nei confronti del Municipio, per violazione delle regole in ambito edìle, e messa in pericolo della vita altrui con possibilità di diffondere sostanze nocive.

Denuncia penale per la mancata licenza edilizia

“I rappresentati del Comune di Lugano hanno ammesso di non aver richiesto alcuna licenza edilizia che autorizzasse l’operazione”, si legge nel documento. Dunque un motivo per ritenere, sempre per il gruppo politico patrocinato dal legale Costantino Castelli, che la demolizione non sia stata attuata correttamente (non è stata cioè avviata dopo l’ottenimento di una licenza edilizia) e che possa aver provocato la diffusione nell’ambiente di sostanze pericolose, come l’amianto. Un parere a tal proposito è atteso anche dal Cantone: la Sezione protezione aria, acqua e suolo dovrà infatti pronunciarsi dopo che il Municipio avrà depositato la domanda in sanatoria (ossia retroattiva) per l’abbattimento, cosa che, come ha annunciato il sindaco Marco Borradori domenica sera alla RSI, avverrà nei prossimi giorni.

Una sostenitrice del centro autogestito porge un fiore alla polizia davanti alla struttura distrutta.


Anche il Partito socialista luganese è intervenuto nel dibattito depositando un’interpellanza con 13 domande sui dettagli dell’accaduto. Uno dei nodi centrali è sapere se la demolizione fosse davvero, fin dal principio, parte dello sgombero, e chi ne fosse informato.

E critico verso la decisione del Municipio è stato anche il partito della municipale Karin Valanzano Rossi, a capo del Dicastero Polizia. Il PLR, pur giustificando lo sgombero del Molino, condannano il comportamento degli autogestiti in via Simen e lodano gli sforzi al dialogo, giudicano comunque «sproporzionata e ingiustificata» la decisione di demolire l’edificio, «avallata senza essere stata oggetto di alcuna discussione da parte dell’intero Esecutivo».

La sezione dell’UDC chiede invece che siano le istituzioni cantonali e non quelle cittadine a dover cercare sempre il dialogo con chi non ha “il benché minimo rispetto dell’ordine pubblico, delle autorità e della legge, e che sia Bellinzona a prendersi le proprie responsabilità risolvendo il problema dell’autogestione, dossier cantonale e non prettamente comunale”. 

In attesa della reazione del Governo cantonale

Il Quotidiano della RSI ha cercato di mettersi in contatto con la Polizia comunale, che ha rinviato a quella Cantonale, la quale ha avuto, come è stato detto, il comando. Attualmente non è ancora possibile sapere se fosse effettivamente contemplata dal principio l’opzione di demolizione e se ci fossero le basi legali: sia il direttore del Dipartimento delle Istituzioni Norman Gobbi sia il comandante Matteo Cocchi sono infatti attualmente fuori cantone. Alla luce delle discussioni politiche in corso e degli atti parlamentari pendenti presentati oggi, ora spetta però al Consiglio di Stato in primis dare una risposta, non al Dipartimento né agli organi di Polizia.

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Le polemiche e gli interrogativi, quindi, non si placano. Quella dei centri autogestiti è una realtà conosciuta anche in altre città svizzere, e proprio di queste realtà Riccardo Bagnato ha raccolto le considerazioni di Sandro Cattacin, sociologo all’Università di Ginevra. Ecco il servizio del Telegiornale.

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Tvsvizzera.it/Ma.Mi. con RSI (Il Quotidiano e il Telegiornale del 31.05.2021)

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