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Londra vuole un accordo fiscale più favorevole

Londra vorrebbe riportare sulle rive del Tamigi i fondi nascosti in nelle piazze finanziarie offshore da molti evasori fiscali britannici AFP

Il governo britannico esige da Berna condizioni equivalenti a quelle concesse alla Germania per l’accordo sulla tassazione dei fondi depositati in Svizzera dai propri cittadini. La convenzione fiscale firmata nel 2011 sta suscitando infatti sempre più grandi opposizioni.

Le autorità britanniche hanno chiesto alla Confederazione di rivedere l’accordo Rubik dell’ottobre scorso, che regola la tassazione degli averi di cittadini britannici gestiti dalle banche svizzere. “I negoziati tra il Dipartimento federale delle finanze (DFF) e i rappresentanti di Londra sono in pieno corso. Il testo di revisione dell’accordo dovrebbe essere firmato entro pochi giorni”, indica Anne Césard, portavoce della Segreteria di Stato per le questioni finanziarie.

I negoziatori britannici riceveranno sicuramente quanto desiderano: la “clausola di nazione più favorita”, contenuta nell’accordo, permette infatti alla Gran Bretagna di rivendicare gli stessi vantaggi concessi ad altri paesi. In questo caso, alla Germania, che aveva firmato un accordo fiscale analogo nel settembre 2011 e che, pochi giorni fa, ha ottenuto nuove concessioni da parte elvetica.

Il governo svizzero ha infatti accettato di rivedere verso l’alto l’aliquota fiscale applicata ai patrimoni di cittadini tedeschi custoditi dalle banche svizzere fino all’entrata in vigore dell’accordo, nel gennaio del 2013. Su questi averi sarà riscossa un’imposta forfettaria del 21 – 41%, invece del 19 – 34% prevista inizialmente. Rimane invece invariato, al 26,4% (contro il 27-48% per la Gran Bretagna), il tasso dell’imposta liberatoria applicato dall’anno prossimo.  

Nel nuovo testo dell’accordo fiscale concluso con Berlino è stata inoltre soppressa la menzione relativa “all’accesso reciproco ai mercati”. Le autorità tedesche potranno infine presentare 1’300 domande per ottenere dati bancari di cittadini tedeschi, contro le 999 previste dalla prima versione dell’accordo.  

Crescente opposizione

Se le autorità britanniche sono interessate ad ottenere condizioni più favorevoli dalla Svizzera, è anche perché l’accordo Rubik solleva resistenze sempre più grandi nel Regno Unito – alla stessa stregua di quanto avviene in Germania. La convenzione fiscale non ha d’altronde ancora superato l’esame del parlamento.

“Questo accordo rappresenta un atto di tradimento del governo nei confronti del popolo britannico. In pratica, dà carta bianca alla criminalità organizzata da parte delle banche svizzere”, afferma Richard Murphy, un attivista che milita contro l’evasione fiscale.”

L’economista, sostenitore dello scambio automatico di informazioni sugli averi depositati dai contribuenti britannici nelle piazze finanziarie offshore, ritiene che il governo di Londra dovrebbe mettere sotto pressione la Svizzera, ordinando il ritiro delle licenze bancarie attribuite agli istituti finanziari elvetici. “Le banche che manipolano deliberatamente denaro rubato non dovrebbero più poter esercitare le loro attività sul suolo britannico”, dichiara Murphy.

L’accordo è “pieno di difetti”, sostiene anche John Christensen, direttore dell’organizzazione non governativa Tax Justice Network, che considera “completamente esagerate” le speranze del governo britannico di riscuotere tasse per 5 a 7 miliardi di sterline all’anno sui patrimoni dei cittadini britannici custoditi dalle banche svizzere. Coloro che hanno nascosto soldi all’estero “continueranno ad evadere le tasse, facendo ricorso a società fiduciarie, fondazioni o coperture assicurative, dal momento che questi strumenti rendono impossibile l’identificazione dei detentori reali dei patrimoni”, sostiene Christensen.

A suo avviso, l’entrata in vigore dell’accordo quasi un anno e mezzo dopo la sua conclusione “consentirà agli evasori fiscali di spostare il loro denaro in un’altra piazza finanziaria o in una filiale all’estero di una banca svizzera”. In base al testo della convenzione fiscale, la Svizzera dovrà tuttavia comunicare a Londra verso quali paesi saranno trasferiti i patrimoni dei cittadini britannici prima del 1° gennaio 2013, come pure gli importi dei fondi trasferiti e il numero dei clienti.

Critiche anche in parlamento

L’opposizione contro Rubik non viene solo dalla società civile. L’aliquota prevista del 27-48% è stata criticata anche da un rapporto sull’evasione fiscale elaborato da una sottocommissione parlamentare, formata da rappresentanti di diversi partiti (conservatori, laburisti, liberaldemocratici e nazionalisti scozzesi).

“Siamo preoccupati del fatto che i detentori di fondi dissimulati nelle piazze offshore ricevano un trattamento fiscale più favorevole a coloro che rispettano la legge. L’accordo ricompensa quindi gli evasori fiscali”, deplora il rapporto. In Gran Bretagna, i redditi più alti sono infatti tassati attualmente con un’aliquota del 50%, che dovrebbe scendere al 45% a partire dall’anno prossimo.

Alcuni parlamentari, come la deputata ecologista Caroline Lukas o i laburisti John Mann e Tom Blenkinsop, hanno inoltre sollevato obiezioni contro la convenzione fiscale nell’ambito di dibattiti tenuti in parlamento. Diversi deputati liberaldemocratici “mi hanno espresso dei dubbi in merito all’accordo”, rileva John Christensen.

Tono più moderato

Voci critiche si sono levate anche all’interno dell’Associazione britannica dei banchieri. “Questo accordo è un compromesso a cui il governo si è rassegnato per non alienarsi i suoi principali sostenitori e donatori. Sarebbe più ragionevole cercare di eliminare le scappatoie nel sistema fiscale del Regno Unito”, afferma una fonte altolocata, che vuole rimanere anonima.

In Gran Bretagna, si si può tuttavia notare che, a livello generale, il tono è più moderato e più improntato al pragmatismo rispetto alla Germania, dove Rubik suscita anche riserve di natura etica, osserva una fonte svizzera. Anche se si trovano all’opposizione, perfino i laburisti esitano a combattere questo accordo, “visto che i negoziati per la sua conclusione sono stati lanciati quando erano ancora al potere”.

Martedì, la Commissione europea ha dato il suo via libera agli accordi fiscali conclusi negli ultimi mesi dalla Svizzera con la Germania e la Gran Bretagna. Questi accordi sono “pienamente compatibili con il diritto europeo”, ha dichiarato il commissario per la fiscalità Algirdas Semeta.

La Commissione europea non si è ancora pronunciata invece sull’accordo raggiunto nei giorni scorsi da Berna e Vienna, approvato martedì dal Consiglio dei ministri austriaco.

Soprannominati Rubik, questi accordi introducono una ritenuta alla fonte sugli averi depositati dai cittadini di questi paesi nelle banche svizzere, preservando l’anonimato dei loro detentori. È inoltre previsto il pagamento da parte svizzera di un’imposta forfettaria per regolarizzare il passato.

Il primo accordo è stato concluso nel settembre 2011 con la Germania ed è stato riveduto nell’aprile scorso.

Il secondo accordo è stato raggiunto nell’ottobre dell’anno scorso con la Gran Bretagna. Anche Londra chiede ora una revisione del testo.

Entrambe le convenzioni fiscali continuano a suscitare opposizioni nei due paesi interessati e non sono state ancora ratificate dai rispettivi parlamenti.

Il 13 aprile, l’Austria è diventata il terzo paese a firmare un accordo Rubik con la Svizzera. Negoziati sono attualmente in corso con la Grecia, mentre le trattative con l’Italia sono bloccate da diverso tempo.

Traduzione di Armando Mombelli

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