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Lo sviluppo di Swisspeace

Il nuovo logo di Swisspeace, la fondazione svizzera per la pace Keystone

Negli ultimi anni, la fondazione svizzera per la pace ha praticamente triplicato le proprie risorse e gli incarichi ricevuti. Ma non è stato l'11 settembre a modificare la sua azione.

La fondazione svizzera per la pace ha recentemente adottato una nuova denominazione. Più sintetica, più “vendibile” all’estero, più facilmente memorizzabile: Swisspeace. L’istituto privato di diritto pubblico vuol essere un supporto scientifico per ricerche ed azioni in ambito di promozione della pace. Swisspeace nasce alla fine degli anni ottanta. Il suo motto? “Azioni scientifiche quanto possibile, pratiche quanto necessario”

“Dal 1998 la nostra dimensione è praticamente triplicata: ora impieghiamo direttamente circa 25 persone e ci occupiamo di molti progetti in modo sempre più professionale, sia dal punto di vista scientifico che da quello della loro messa in pratica” sottolinea Laurent Goetschel, direttore di Swisspeace.

Swisspeace è giuridicamente completamente indipendente dalla Direzione dello Sviluppo e della Cooperazione (DSC) della Confederazione. Tra i due istituti esiste tuttavia una stretta collaborazione: la DSC è in pratica il principale partner di Swisspeace e si avvale sempre più dei suoi rapporti e delle sue analisi.

Anticipare i conflitti, favorire il dialogo

Come contribuire alla promozione della pace? “Noi facciamo sostanzialmente leva su due centri di competenza ben precisi: il primo denominato FAST si occupa di captare le possibili origini dei conflitti cercando così di anticiparli. Il secondo, il KOFF, è nato lo scorso anno grazie alla collaborazione del Dipartimento federale degli affari esteri, e vuole essere un punto di contatto e di discussione tra le organizzazioni dello Stato e quelle non governative” precisa Laurent Goetschel.

In entrambi i casi, Swisspeace ha constatato come i suoi servizi siano molto ben accettati dai diversi attori in gioco, sia in Svizzera che nei luoghi d’azione. Per questo motivo, è già previsto l’allargamento delle attività del FAST ad una trentina di paesi chiave, sparsi per l’Africa, il Sud America e l’Asia centrale e orientale.

Cosa è cambiato dallo scorso 11 settembre? “Ovviamente la guerra in Afghanistan ha influito anche sulla nostra attività” precisa il direttore di Swisspeace. “Ma, fondamentalmente, la prevenzione dei conflitti e la ricerca delle loro cause è indipendente dagli eventi degli ultimi mesi. Il nostro lavoro non è stato stravolto dagli attentati anti-USA”.

A volte tuttavia le cose non funzionano come dovrebbero. “Capita che a nostri tempestivi avvertimenti su tensioni crescenti in determinate regioni, l’auspicata reazione degli apparati politici e amministrativi degli Stati si faccia attendere troppo a lungo” ricorda Heinz Krummenacher, responsabile di FASP.

Collaborazione con l’ONU

A riconoscimento del crescente grado di autorevolezza dell’istituto svizzero, nel dicembre scorso, Swisspeace ha organizzato su richiesta delle Nazioni Unite una conferenza in Germania sul tema della ricostruzione di una società civile in Afghanistan. Questo progetto è in fase di ulteriore sviluppo: l’obiettivo è la creazione di un vero e proprio forum sul tema.

“Permettetemi infine un’annotazione” ha aggiunto il presidente della fondazione Fritz. R. Staehelin, ex-direttore della DSC. “Tra pochi giorni si voterà sull’adesione della Svizzera all’ONU. Inutile segnalare che un eventuale sì popolare non potrebbe che rallegrarci: il nostro lavoro pratico ne risulterebbe di molto facilitato”.

Marzio Pescia

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