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Lo spettro dell’anarchia si aggira per la Svizzera

Michail Bakunin visse per lunghi anni in Svizzera, covando il sogno di abbattere lo Stato, fonte ai suoi occhi di ogni oppressione.

A Ginevra fu una figura chiave della prima Internazionale, nella sua villa presso Locarno progettò insurrezioni in Italia. Finì i suoi giorni a Berna, dove fu sepolto senza fasti.

Una semplice stele di pietra non lavorata, nessun titolo. Solo il nome, l’anno di nascita e di morte e un breve epitaffio, in francese: «Ricordatevi di chi sacrificò tutto alla libertà del suo paese».

È la tomba di Michail Bakunin, nel cimitero di Bremgarten, alla periferia orientale di Berna. Il camposanto sorge tra il grande complesso ospedaliero dell’Insel, lo scalo merci delle ferrovie e l’inceneritore dei rifiuti. Un buon posto, per un nobile russo convertitosi alla rivoluzione.

All’interno della cinta muraria, fra gli ampi viali alberati e le aiuole fiorite, è facile perdersi. Qualche monumento funerario è più sontuoso degli altri, ma per il resto qui tutti sono uguali. Nessun cartello indica l’ultima dimora del padre dell’anarchia.

Chiedo aiuto a un operaio del comune, che sta trapiantando delle viole. «Ah, Bakunin!», dice sorridendo. «Vengono in molti a trovarlo». Davanti alla tomba, in effetti, ci sono due candele. Non lumini per i morti, candele da cucina.

Dalla filosofia alla rivoluzione sociale

Michail Bakunin giunse per la prima volta in Svizzera nel gennaio del 1843, accompagnato dal poeta rivoluzionario tedesco Georg Herwegh.

Il giovane rampollo della nobiltà terriera russa aveva alle spalle una breve carriera militare. Lasciato l’esercito per insofferenza alla disciplina, si era dato allo studio della filosofia, con risultati promettenti, tanto da trasferirsi in Germania per prepararsi alla carriera accademica.

La filosofia tedesca era allora dominata dai grandi pensatori dell’idealismo, primo fra tutti Hegel. In Germania Bakunin entrò in contatto con la cosiddetta «sinistra hegeliana», abbracciandone la lettura in chiave politica del pensiero del maestro di Jena.

L’incontro a Zurigo con Wilhelm Weitling, fra i primi teorici del comunismo, lo confermò in questa scelta. Il comunismo di Weitling si fondava «sulle richieste più umane», scrisse Bakunin, che pure criticava i tratti autoritari del modello di società tracciato dal sarto autodidatta.

L’instancabile agitatore

Negli anni seguenti Bakunin si dedicò anima e corpo alla causa rivoluzionaria, gettandosi a capofitto nell’ondata insurrezionale che investì l’Europa nel 1848. L’impegno gli valse l’arresto e l’estradizione in Russia, dove finì dapprima in carcere e fu quindi deportato in Siberia.

Solo nel 1861, dopo una fuga rocambolesca attraverso il Giappone e gli Stati Uniti, riuscì a tornare in Europa. Nel 1867 si trasferì dall’Italia a Ginevra, per partecipare al congresso di fondazione della Lega della pace e della libertà.

La Lega riuniva democratici di tutta Europa, tra cui Victor Hugo e Giuseppe Garibaldi, ed era di stampo piuttosto borghese, senza velleità rivoluzionarie. Bakunin, la cui fama era pari all’irruenza, tentò di portarla su posizioni più radicali.

«La pace universale sarà impossibile finché esisteranno gli stati centralizzati attuali. Dobbiamo dunque desiderare la loro dissoluzione», tuonò di fronte ai delegati. Senza riscuotere molto successo. Un anno dopo Bakunin e i suoi seguaci lasciarono la Lega, per aderire all’Associazione internazionale dei lavoratori (la Prima internazionale).

Intanto le idee anarchiche prendevano piede all’interno del movimento operaio, soprattutto in Spagna, in Italia e nel Giura, dove Bakunin poteva contare sull’amicizia di James Guillaume, destinato a diventare una delle figure di spicco dell’anarchismo svizzero.

Anarchia contro comunismo scientifico

Ben presto, in seno all’Internazionale, cominciò tuttavia a profilarsi un conflitto profondo tra Bakunin, rivoluzionario caotico e appassionato, e il principale esponente del Consiglio generale dell’Internazionale, Karl Marx, colto e brillante teorico comunista.

Le divergenze vertevano sia sugli strumenti per realizzare una società socialista – Marx sosteneva la necessità della conquista del potere statale e di una transitoria «dittatura del proletariato», Bakunin voleva l’abolizione immediata dello Stato – sia sull’organizzazione dell’Internazionale.

La spuntò Marx, che al Congresso dell’’Aja nel 1872 riuscì a far espellere Bakunin e Guillaume. Ma fu una vittoria di Pirro: la spaccatura fra anarchichi e comunisti mise in ginocchio la Prima Internazionale, che si sciolse pochi anni dopo.

Bakunin, affaticato dal confronto con Marx e screditato per la fiducia che pochi anni prima aveva concesso all’ambigua figura del giovane rivoluzionario russo Sergej Necaev, si era nel frattempo trasferito a Locarno.

L’autunno ticinese

Salvo un lungo intervallo a Zurigo durante l’estate del 1872, quando cercò di legare a sé la nuova generazione di profughi russi presenti nella città, il Ticino divenne la residenza principale di Bakunin.

Stanco delle tante battaglie e delle tante sconfitte, il rivoluzionario russo ventilava ormai l’idea di acquisire la cittadinanza elvetica, per mettersi definitivamente al riparo dalle polizie di mezza Europa. Qualcuno gli suggerì che la cosa sarebbe risultata più facile se fosse diventato proprietario immobiliare.

L’occasione si presentò nell’estate del 1873. Grazie ai capitali forniti dall’amico Carlo Cafiero, ricco erede di un commerciante italiano, Bakunin poté acquistare un ampio appezzamento a Minusio, chiamato la Baronata, dove fece costruire una nuova abitazione.

L’idillio non durò però a lungo. Bakunin, che nel 1874 aveva partecipato ad un fallimentare piano di insurrezione a Bologna, dovette ben presto cedere la Baronata a Cafiero e traslocare a Lugano, dove riuscì a comprare a credito un’altra abitazione, Villa Besso.

Fu questa proprietà che gli valse una paradossale iscrizione nel registro delle sepolture della città di Berna, dove Bakunin si spense nel 1876, mentre era in visita da alcuni amici.

Lui, che aveva sempre combattuto la proprietà privata e che aveva rinunciato alle sue ricchezze e ai suoi privilegi per spargere il seme dell’anarchia in Europa, fu iscritto come «Michel de Bakounine, rentier».

swissinfo, Andrea Tognina

1814: Michail Bakunin nasce a Priamouchino, in una famiglia della piccola nobiltà russa.
1829: Bakunin entra nella scuola di artiglieria di San Pietroburgo.
1834: Inizia lo studio della filosofia tedesca, in particolare Fiche e Hegel.
1842: Viaggio a Berlino e a Dresda, contatti con la “sinistra hegeliana”.
1844: A Parigi conosce Proudhon e Marx.
1849: È fra i leader della rivoluzione a Dresda. Arrestato è estradato in Austria, poi in Russia.
1859: Esilio in Siberia.
1861: Fuga dalla Siberia in Europa, attraverso Giappone e Stati Uniti.
1868: Adesione all’Internazionale dei lavoratori.
1872: Bakunin è espulso dall’Internazionale.
1876: Bakunin muore a Berna.

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