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Lo shopping del Qatar nella Milano che non vuole la moschea

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di Aldo Sofia

C’era una volta la “Milano da bere”. Quella del benessere facile e apparentemente senza fine, simbolo del rampismo arrivista, del craxismo sfacciato, delle generose mazzette, delle tangenti ai partiti. Sommersa da “mani pulite”. E oggi ecco la Milano finita nel mirino, quello economico, dei petrodollari. Più precisamente nel collimatore di Suhami al-Thani, sceicco amante dello stile di vita occidentale, collezionista di Maserati, e, sembra, gran tifoso del Milan.

È lui, nemmeno trentenne, ma secondo cugino dell’emiro, a gestire il Fondo sovrano del Qatar, una cassaforte strapiena di petrodollari, e apparentemente senza ….fondo. Da cui ha prelevato i “quattro soldi” necessari all’ acquisto di un intero quartiere del capoluogo lombardo, Porta Nuova, a due passi dalla Stazione centrale, un insediamento da 290 mila metri quadrati e 380 unità abitative. E dove sorgono i nuovi grattacieli di Milano, quello dell’Unicredit (con 231 metri, il più alto d’Italia) e il “Bosco verticale” di Stefano Boeri, torre residenziale con i suoi vistosi alberi sulle terrazze, recentemente premiato a livello internazionale come “edificio innovativo”.

Valore stimato dell’area, circa due miliardi. Ma quanto abbia sborsato il Qatar è top secret. Sicuramente di più. Del resto, quando si tratta di fare shopping in Europa (“diversificare”, in gergo economico), i principi dello staterello sul Golfo non badano a spese. Si sbizzarriscono. Variano. Dal grande albergo di Londra alle case d’alta moda, dalla squadra di calcio con avvenire stellare a ben otto isolette greche, un po’ di beneficenza per le ribollenti banlieuex parigine, e già che ci siamo anche alcuni capolavori di Gauguin e Cézanne. E ora parlerà arabo anche la linea d’orizzonte, la “sky line” della “madunina”.

Business is business, e si dice che i soldi sono inodori. Ma in questa storia qualcosa di paradossale c’è. I grattacieli della nuova Milano finiscono nel forziere del Qatar mentre da mesi la città discute polemicamente se costruire o meno una moschea per i visitatori musulmani dell’Expo. Ma poi, i principini del piccolo emirato non sono forse gli stessi che vengono accusati di aver fatto arrivare, direttamente o indirettamente, i finanziamenti a quei gruppi islamisti, neo Califfato compreso, visti come minaccia all’Occidente, una delle bandiere delle campagne politiche del partito dei lumbard?

Ma chi se ne importa, se lo shopping é miliardario, e pure la plusvalenza felicemente incassata dai venditori. “Milano da bere”? Sì, il deserto ricco di petrolio mette tanta tanta sete.

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