La televisione svizzera per l’Italia

Lo chiede Obama, e Renzi “va alla guerra”

tvsvizzera

di Aldo Sofia

Recita l’articolo 11 della Costituzione che “l’Italia ripudia la guerra”. E precisa pure che la respinge anche “come mezzo di risoluzione delle crisi internazionali”. Ma poi ci sono le alleanze e le missioni internazionali sotto bandiera ONU. E Roma la guerra l’ha fatta, anche se coperta da nobili etichette: missione di pace e peace keeping, intervento umanitario e ” State building”. Dall’Iraq ai Balcani, dall’Afghanistan alla Libia, per citare i casi più noti, più controversi e anche più dolorosi (come la strage di soldati italiani a Nassiriya).

Tornano ora i venti di guerra, il nuovo nemico si chiama Stato Islamico, e l’Italia è chiamata a partecipare attivamente alla coalizione internazionale messa in piedi (finora con pochi risultati) dagli Stati Uniti. Ma è soprattutto l’entrata in scena di Putin sul teatro di guerra siriano a cambiare le coordinate, a sbloccare l’attendismo del governo del PD, e a coglierne anche vistose contraddizioni.

“Sbagliato”, aveva infatti detto Renzi ancora pochi giorni fa riferendosi ai bombardamenti sui santuari dello Stato islamico decisi dal presidente Hollande (ma la Francia, si sa, è tutt’altro che restia ad intervenire militarmente: fu Sarkozy a volere per primo l’attacco contro Gheddafi, e ancor più di recente sono stati i francesi a sbarcare in Mali per “stabilizzare” il paese e respingere l’avanzata della coalizione formata da jihaddisti e tuareg, alleati, in un inedito mix di radicalismo islamico e di indipendentismo, contro il governo (in realtà poco democratico) di Bamako. Ora, va alla guerra lo stesso premier che aveva criticato Parigi.

Per la verità, quella italiana sarebbe una partecipazione modesta, quasi simbolica. Una manciata di Tornado (al massimo quattro o cinque, si dice) messi a disposizione degli incerti alleati. Si racconta questo retroscena: assemblea generale dell’ONU, Renzi si apparta con Obama per qualche minuto, ed è in questo breve faccia a faccia che il capo della Casa Bianca (già al corrente dell’imminente mossa di Putin) chiede all’interlocutore un concreto impegno. Obama sa di dover rispondere, consolidando la sua impacciata e contraddittoria coalizione, all’offensiva del “nuovo zar”, in cerca anche si simpatia presso un’opinione pubblica occidentale sconcertata, impaurita dalle minacce degli radicali islamisti, e alle prese con l’immigrazione di massa sprigionata dalla tragedia siriana.

Così, la svolta di Renzi. Che evidentemente cercherebbe anche di ritagliarsi quel ruolo internazionale che sta inseguendo da tempo. Senza grandi successi. Si racconta anche che il premier-segretario abbia personalmente sofferto l’esclusione dell’Italia quando i leader di Francia, Gran Bretagna e Germania si sono recentemente riuniti all’Eliseo per discutere della crisi medio-orientale. Ne avrebbe “pagato” le conseguenze (cioè le rampogne renziane) Federica Mogherini, che il capo dell’esecutivo aveva quasi imposto quale Alta rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’UE, e che si è beccata il rimprovero di non essere riuscita ad evitare l’umiliazione inflitta a Roma e al suo “leader”.

Dovrà essere il parlamento a varare la nuova missione. E qui sembra che Renzi abbia numeri sicuri. Soltanto Cinque stelle e SEL hanno infatti preannunciato una dura opposizione ad una missione militare, che avrebbe comunque già ottenuto l’ok del capo dello Stato. Per quanto di portata estremamente limitata, la mossa comporta i suoi rischi. Non solo nel teatro di guerra, ma soprattutto eventuali rappresaglie del terrorismo islamico: sul territorio nazionale, in Paesi del Medio Oriente dove le bandiere nere e insanguinate dello Stato islamico hanno conquistato fette di territorio, sulla sorte di alcuni ostaggi italiani, o là dove sono operative le missioni di “peace keeping”: si pensi solo alla delicatissima presenza italiana nel Sud del Libano, sul confine con Israele, un lembo di terra arroventata, dove gli uomini di Al Baghdadi potrebbero essere tentati di operare la loro vendetta.

È comunque sul tornaconto politico che punterebbe Renzi. In definitiva, col minimo degli sforzi. Ma come reagirà l’opinione pubblica della Penisola? Perché val la pena di ricordarlo: si sa come una guerra comincia, molto più difficile capire come finisca. E la recente storia del Medio Oriente è ricca di esempi non proprio gloriosi per le “armate” occidentali. Italia compresa.

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