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Limitata l’esportazione di materiale bellico

Il materiale bellico obsoleto sarà rispedito al mittente o riciclato in Svizzera Keystone

Dopo le polemiche suscitate da alcune vendite controverse, il Consiglio federale ha deciso di applicare delle restrizioni all'esportazione di materiale bellico.

In futuro, il materiale da guerra obsoleto non fabbricato in Svizzera dovrà essere rispedito nel paese di origine.

Alla luce della polemica sui progetti di vendita di armi all’Iraq e al Pakistan, il Consiglio federale ha deciso venerdì di rivedere la pratica di esportazione di materiale bellico sinora applicata.

In linea di massima, il materiale da guerra obsoleto in dotazione all’esercito svizzero sarà venduto a prezzo modico o ceduto gratuitamente al paese d’origine.

Eventualmente, e a condizione che il paese d’origine dia il proprio accordo, il materiale bellico potrà essere venduto – dietro esibizione di una dichiarazione di non riesportazione – agli Stati che come la Svizzera aderiscono ai trattati internazionali di controllo delle esportazioni.

Se ciò non fosse possibile, il materiale bellico dovrà essere riciclato in Svizzera.

Iraq e Pakistan

La procedura per la vendita di materiale bellico all’estero era stata rimessa in discussione nel settembre del 2005, dopo che il Consiglio federale aveva deciso di sospendere l’autorizzazione di esportare 180 carri granatieri M113 (un’operazione da 12 milioni di franchi) verso l’Iraq via gli Emirati Arabi Uniti.

Su richiesta del Dipartimento federale dell’economia – responsabile del dossier – il governo aveva rivisto la propria posizione in quanto l’utilizzazione dei carri in Iraq non era stata chiarita. Da parte irachena, non era infatti giunta alcuna garanzia di un impiego del materiale bellico per soli scopi di polizia.

In seguito, la polemica aveva pure coinvolto la vendita di blindati di trasporto al Pakistan: per la Commissione di politica estera, la compravendita avrebbe potuto pregiudicare l’immagine della Svizzera, vista la situazione dei diritti umani nel paese asiatico.

Dichiarazione di non riesportazione

Per evitare che il materiale bellico esportato dalla Svizzera arrivi in Stati ai quali Berna non rilascerebbe un’autorizzazione d’esportazione, Berna intende chiedere, ai paesi importatori, dichiarazioni di non riesportazione. In futuro è previsto che tali dichiarazioni escludano anche il prestito e le donazioni.

La Svizzera verificherà inoltre che il governo del paese importatore consideri effettivamente la dichiarazione come vincolante. In casi particolari, la Confederazione si riserva il diritto di effettuare ispezioni successive.

In questo modo si vuole evitare il ripetersi della transazione del 2004 con gli Emirati Arabi Uniti, i quali erano venuti meno alla clausola del certificato di destinatario finale (end-user certificate) inviando i 40 carri M-109 elvetici al Marocco.

Governo su richieste concrete

Infine, in futuro il Consiglio federale deciderà, in linea di massima, soltanto in merito a domande di esportazione concrete. Non si esprimerà quindi più sulle richieste preliminari inerenti alle prospettive di una domanda d’esportazione. Questo compito sarà affidato al seco (Segretariato di Stato dell’economia).

Il Consiglio federale non prevede di modificare la legge, né la ripartizione dei compiti tra i vari dipartimenti, sebbene abbia incaricato i servizi del ministro dell’economia Joseph Deiss di esaminare se sia possibile precisare i criteri di concessione delle autorizzazioni d’esportazione a livello d’ordinanza.

Iniziativa del GSsE

In serata, il Comitato del Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE) ha fatto sapere di voler lanciare un’iniziativa per un divieto generale dell’esportazione di materiale bellico. A suo parere, le decisioni prese dal Consiglio federale non sono sufficienti.

Il fatto che il vecchio materiale da guerra dell’esercito possa ritornare nello Stato produttore senza limitazioni – scrive il GSsE in un comunicato – potrebbe creare controversi programmi d’armamento per vie traverse.

Per il lancio dell’iniziativa, il Gruppo conta sul sostegno del Partito socialista e dei Verdi.

swissinfo e agenzie

La legge federale sul materiale bellico vieta l’esportazione di armi e altro materiale da guerra verso i Paesi in cui è in atto un conflitto militare.

La definizione “materiale bellico” non comprende soltanto le armi, le munizioni, gli esplosivi e altri equipaggiamenti militari, ma pure le attrezzature concepite o modificate specificatamente per il combattimento o per l’istruzione al combattimento dei militi.

Negli ultimi tempi, la vendita di materiale bellico da parte della Svizzera ha suscitato parecchie polemiche, come nel caso dei 40 carri armati venduti agli Emirati Arabi Uniti, dirottati poi verso il Marocco.

Anche a causa di queste controverse transazioni, è stata più volte sollevata la questione se la vendita di armi sia coerente con la neutralità del paese.

Nel 2005, la Svizzera ha esportato materiale bellico verso 72 paesi per un totale di 257,7 milioni di franchi (2004: 402,2 mio. CHF).
Ciò corrisponde allo 0,17% (0,27% nel 2004) del totale delle merci esportate dalla Svizzera.
L’86 % circa (72%) del materiale bellico esportato è stato destinato ai 25 paesi che figurano nell’allegato 2 dell’ordinanza sul materiale bellico e che hanno aderito ai quattro regimi internazionali di controllo delle esportazioni (Gruppo di fornitori di articoli nucleari, Gruppo Australia, Regime di controllo della tecnologia relativa ai missili, Intesa di Wassenaar).

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