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Il Consiglio d’Europa visto attraverso gli occhi della Svizzera

Il Consiglio d'Europa, con sede a Strasburgo, è stato fondato nel 1949 dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale. Keystone / Patrick Seeger

La Svizzera è neutrale e non fa parte dell'Unione europea, ma partecipa al Consiglio d'Europa, che quest'anno ha compiuto 70 anni. Liliane Maury Pasquier, che rappresenta gli svizzeri in seno all'organizzazione da oltre un decennio, spiega come funziona.

swissinfo.ch: Cosa fa il Consiglio d’Europa?

Liliane Maury Pasquier: La gente confonde sempre il Consiglio d’Europa con l’Unione europea. Anche le persone che sanno cosa faccio a volte dicono: “Oh, vai di nuovo a Bruxelles”?

Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione nata dopo le devastazioni della seconda guerra mondiale, con l’idea di evitare che si ripeta una simile catastrofe. Ne fanno parte 47 Stati: tutti i paesi del continente ad eccezione della Bielorussia, l’unico paese europeo che ancora pratica la pena di morte.

L’organizzazione è meglio conosciuta attraverso la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la Corte europea dei diritti dell’uomo, che consentono a chiunque viva nel continente europeo di difendere i propri diritti se ritiene che questi siano stati violati dal sistema giudiziario del proprio paese.

Dal 1949 il Consiglio ha adottato e istituito 220 convenzioni, tra cui la Convenzione di Istanbul per combattere la violenza domestica e la violenza contro le donne, la cosiddetta “Convenzione di Lanzarote” per combattere gli abusi sessuali su minori, la Convenzione per la protezione dei dati, la Convenzione contro il terrorismo, contro il traffico di esseri umani, il traffico di organi – una varietà di settori, ma al centro dell’attenzione c’è sempre la volontà di proteggere i diritti umani fondamentali.

swissinfo.ch: Qual è il ruolo della Svizzera in seno al Consiglio?

LMP: [Nell’ambito dell’assemblea parlamentare] non può legiferare, ma può adottare risoluzioni che possono diventare la base di determinate convenzioni. Queste risoluzioni sono inviate ai Paesi come “raccomandazioni”. Riteniamo che questi suggerimenti siano alla base di poco meno della metà di tutte le Convenzioni del Consiglio d’Europa. 

Liliane Maury Pasquier – senatrice socialista, ostetrica di formazione – si appresta a ritirarsi dalla politica alla fine di quest’anno. Da 12 anni fa parte dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa a Strasburgo, che riunisce delegazioni provenienti da tutta Europa. Negli ultimi due anni ne è stata anche la presidente. Keystone / Anthony Anex

swissinfo.ch: Come può il Consiglio d’Europa garantire l’applicazione delle sue convenzioni?

LMP: Abbiamo gli strumenti del multilateralismo. Cerchiamo di andare avanti accompagnando uno Stato che non adempie ai propri obblighi, con sostegno e raccomandazioni. Non ci sono molte procedure di sanzione vera e propria. Ma se l’obiettivo è quello di proteggere la popolazione dagli abusi in questa o quell’area, è meglio proteggerla accompagnando un paese verso un miglioramento o escludendolo? Il Consiglio d’Europa non è una ONG – non si tratta di colpevolizzare o incolpare. Quando escludiamo un paese, non c’è più alcuna protezione.

“Si è discusso se fosse meglio mantenere la Russia come membro a pieno titolo o se fosse meglio che se ne andasse”

swissinfo.ch: Che cosa è successo nel caso della Russia, dopo l’annessione della Crimea?

LMP: L’assemblea ha votato a favore di una risoluzione in cui ha adottato sanzioni nei confronti dei parlamentari russi. In particolare, li ha privati del diritto di voto. In seguito, per cinque anni, non vi è stata alcuna delegazione russa all’assemblea parlamentare, ma, allo stesso tempo, la Russia è rimasta nel Consiglio e ha continuato a lavorare negli altri organi, ciò che ha creato una situazione problematica per tutta l’organizzazione.

Si è discusso se fosse meglio mantenere la Russia come membro a pieno titolo o se fosse meglio che se ne andasse, dato che aveva chiaramente violato il diritto internazionale. Considerando che la partenza della Russia significherebbe che la popolazione russa – più di 100 milioni di persone – non sarebbe più protetta dal sistema delle convenzioni, una netta maggioranza dell’assemblea parlamentare ha infine deciso di restituire il diritto di voto alla delegazione russa per permetterle di decidere se tornare.. 

Forum mondiale per la democrazia

L’intervista è stata fatta durante il World Forum for DemocracyCollegamento esterno a Strasburgo, una conferenza annuale dedicata ai problemi e alle prospettive della democrazia nel mondo. L’edizione del novembre 2019 era dedicata al tema “informazione e democrazia” e in particolare alle sfide poste dalle fake news e dall’erosione della libertà di espressione.

swissinfo.ch: Come viene percepita la Svizzera in seno al Consiglio d’Europa?

LMP: La percezione della Svizzera è generalmente buona. In primo luogo, alcuni dei miei predecessori e colleghi dell’assemblea parlamentare hanno lavorato sodo ed erano molto impegnati per lo sviluppo della democrazia, per esempio. Penso in particolare ad Andreas Gross, che è stato uno dei campioni del Consiglio d’Europa per le missioni di osservazione elettorale. 

Poi c’è il fatto che la Svizzera è un paese che, a priori, generalmente funziona bene. Il suo sistema di democrazia diretta, per esempio, è talvolta visto qui come una piccola opportunità di apprendimento per gli altri, ma a volte anche come un rischio. Ci sono paesi per i quali un sistema di voto completamente diretto è fonte di preoccupazione, in particolare con l’arrivo di movimenti nazionalisti e populisti.

swissinfo.ch: Come si comportano questi movimenti nazionalisti e populisti in tutta Europa in seno al Consiglio?

LMP: Sono rappresentati qui e ci sono diverse voci che si fanno sentire, talvolta voci che sono molto lontane dai valori fondamentali del Consiglio. Cerchiamo di limitarle, ma a volte, soprattutto in caso di bassa partecipazione, possono essere adottate risoluzioni bizzarre. 

Maury Pasquier nell’ufficio della delegazione svizzera a Strasburgo. Keystone / Lukas Lehmann

swissinfo.ch: Come è cambiata la sua visione della Svizzera durante il suo mandato al Consiglio d’Europa?

LMP: C’erano alcune cose che per me erano ovvie e che ora, guardandole a distanza, capisco come potrebbero sembrare discutibili. 

Un esempio è il nostro sistema di nomina dei giudici da parte dei partiti politici. Ciò significa che i partiti o i gruppi politici che hanno designato i giudici mantengono una certa influenza su di loro. Di recente abbiamo visto l’ombra di questa tendenza in Svizzera, quando il Partito popolare ha fatto pressione su un giudice che aveva preso una decisione che non era in linea con i valori dei partiti. Se continuerà ad accadere, dovremo cambiare qualcosa nel nostro sistema. In Europa è considerato problematico il fatto che i giudici siano nominati dai partiti politici. 

swissinfo.ch: La nuova politica estera svizzera, incentrata sugli interessi economici, va nella giusta direzione?

LMP: Non è ancora in vigore, ma mi rammarico per le modifiche proposte. Penso che sia un errore, non solo in termini di efficienza per i paesi interessati, ma anche perché potrebbe danneggiare l’immagine della Svizzera.

Il paese gode attualmente di una buona reputazione, una reputazione di neutralità e di una politica di aiuto allo sviluppo che non è legata al rendimento del proprio investimento. Con una politica più orientata alla difesa degli interessi economici, rischiamo di essere sempre più visti come un paese che difende i propri interessi con la pretesa di aiutare a combattere la guerra, la fame o la povertà. Soprattutto perché siamo un paese piccolo, non è nel nostro interesse vedere indebolita la nostra reputazione.

Traduzione dall’inglese: Andrea Tognina

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