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La Svizzera mette un freno all’immigrazione europea

La Svizzera ha reintrodotto i contingenti per i lavoratori provenienti dall'Unione europea. Keystone

Il governo svizzero ha deciso di limitare l'afflusso di manodopera dall'Unione europea. Cedendo alle pressioni della destra, ha prolungato di un anno la cosiddetta "clausola di salvaguardia" per i paesi dell'Est e l'ha estesa anche ai lavoratori provenienti dagli altri Stati dell'Ue.

Da sola, la “clausola di salvaguardia” non avrà che un effetto limitato sull’immigrazione; soltanto la somma di misure diverse potrà permettere di contenere il problema, ha dichiarato mercoledì la consigliera federale Simonetta Sommaruga. «Padronato, sindacati e cantoni dovranno fare la loro parte».

La ministra ha poi precisato che non si tratta di un «atto di inimicizia» nei confronti di Bruxelles, che «è e rimane il principale partner di Berna». «La Svizzera non ha fatto che applicare una clausola negoziata con l’Unione europea».

Questa misura, assieme ad altre, permetterà di avere un’immigrazione sopportabile dal punto di vista economico e sociale, secondo il Consiglio federale. Negli ultimi anni il numero di immigrati ha superato di 60-80’000 unità quello degli emigrati. Questa situazione ha avuto effetti positivi, ma anche negativi, su economia, mercato del lavoro, assicurazioni sociali, territorio, mercato dell’alloggio e infrastrutture.

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Freno di un anno dagli effetti limitati

La clausola di salvaguardia, prevista dagli accordi bilaterali, permette alla Svizzera di reintrodurre contingenti di corta durata, se il numero di autorizzazioni concesse a cittadini dell’Ue supera di almeno il 10 per cento la media degli ultimi tre anni.

Il primo maggio del 2012, il Consiglio federale aveva attivato per la prima volta la “clausola di salvaguardia” per i cittadini provenienti da Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Slovenia, Polonia e Repubblica ceca, suscitando l’ira di Bruxelles.

Ora la misura – che non riguarda i frontalieri – è stata estesa a tutti i paesi membri dell’Ue. Ai cittadini dell’Europa dell’est potranno essere concessi un massimo di 2’180 permessi; 53’700 a quelli provenienti dagli altri 17 paesi (i 15 “storici” più Malta e Cipro).

La misura, per stessa ammissione del governo, avrà però un effetto limitato poiché non potrà essere prorogata dopo il 2014. Inoltre, secondo le cifre dell’Ufficio federale della migrazione, fra marzo 2012 e febbraio 2013 il numero di permessi B (cinque anni) per i cittadini dell’Est europeo (sottoposti a contingente) è diminuito della metà a circa 3’500. Parallelamente però i numeri di permessi L di corta durata, allora non compresi nel contingente, è passato da 10’000 a circa 15’000, riducendo così l’impatto della clausola di salvaguardia.

Reazioni contrastanti dei partiti

La reazione di Bruxelles non si è fatta attendere. Il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz ha «espresso comprensione per i timori elvetici», ma anche qualche «dubbio quanto all’efficacia del provvedimento».

In Svizzera, il Partito socialista e i Verdi si rammaricano per la decisione del Consiglio federale. Nel migliore dei casi, «avrà un effetto placebo», affermano i due partiti. «Affinché la libera circolazione sia vantaggiosa per tutta la popolazione, non possiamo accontentarci di somministrare un sedativo. Al contrario, bisogna prevedere delle misure di accompagnamento efficaci, la cui applicazione deve essere controllata in modo severo», ha dichiarato il presidente dei socialisti Christian Levrat.

Il Partito popolare democratico (PPD) e il Partito liberale radicale (PLR) non celano invece la loro soddisfazione per una decisione che definiscono «coerente». Da notare che i democristiani vorrebbero perfino spingersi oltre, come hanno spiegato lunedì a Berna: difendono l’idea, lanciata dal presidente Christophe Darbellay, di negoziare con l’Ue una clausola di salvaguardia permanente.

Per l’Unione democratica di centro (UDC), questa misura è stata venduta come «un’arma miracolosa» all’epoca del voto sulla libera circolazione, ma resta insufficiente. Il partito è convinto che soltanto la sua iniziativa popolare “Contro l’immigrazione di massa” potrà risolvere il problema migratorio. La proposta, che sarà sottoposta a voto popolare nel giugno 2014, prevede di limitare annualmente il numero di permessi di dimora.

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Patronato e sindacati delusi

Anche tra le organizzazioni economiche regna un certo malumore. L’organizzazione mantello economiesuisse ritiene che la clausola di salvaguardia avrà un impatto negativo sulle imprese, le regioni periferiche e l’agricoltura e invita il Consiglio federale a vegliare affinché le relazioni con l’Unione europea non si deteriorino.

Dal canto suo, il direttore dell’Unione padronale svizzera Thomas Daum «deplora la decisione» e si dice preoccupato da un probabile aumento degli oneri amministrativi a carico delle imprese.

Infine i sindacati giudicano la misura del governo inappropriata e ritengono che, per lottare contro gli effetti negativi della libera circolazione – dumping salariale e mancanza di alloggi in primis – siano necessario rafforzare le misure di accompagnamento. «L’introduzione dei contingenti ha solo un effetto placebo».

Mentre gran parte dell’Europa è in crisi, la Svizzera mantiene la sua prosperità, ciò che attira diversi lavoratori stranieri.

Nel gennaio 2013 il numero di nuovi immigrati dall’Ue-17 è cresciuto di quasi il 33% rispetto a un anno prima. Per i cittadini dell’Ue-8 (Europa dell’est), l’incremento è stato di circa il 50%.

In gennaio, 5’550 immigrati dell’Ue-17 hanno ottenuto un’autorizzazione di dimora prolungata. Si tratta del più grande afflusso mensile dall’inizio del 2009.

Il principale paese di provenienza è la Germania, seguito da Italia, Portogallo, Francia e Spagna.

In totale, oltre 79’000 lavoratori dell’Ue-17 e 13’500 dell’Ue-8 sono giunti in Svizzera tra il febbraio 2012 e il gennaio 2013.

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