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Libera circolazione: una votazione cruciale

Svizzera ed Unione europea hanno imboccato la via bilaterale, che sembra soddisfare entrambi

Le relazioni tra Berna e Bruxelles proseguono da tempo sulla via bilaterale. Pur con qualche incidente di percorso, il bilancio è sostanzialmente positivo: è l'opinione del professor Laurent Goetschel, intervistato da swissinfo.

Per comprendere e analizzare lo stato attuale dei rapporti tra la Confederazione e l’Unione europea (Ue), così come le prospettive future, swissinfo ha intervistato Laurent Goetschel, professore all’Istituto europeo dell’Università di Basilea.

swissinfo: Da tempo la Svizzera ha imboccato la via bilaterale nei suoi rapporti con l’Ue. Non vi è il rischio che – a lungo andare – quest’ultima si stufi di negoziare accordi complessi con Berna?

Laurent Goetschel: Non credo proprio, altrimenti l’Ue si sarebbe già stufata da parecchio tempo. L’Ue – proprio come la Svizzera – ha effettuato una valutazione pragmatica delle proprie priorità e in seguito ha negoziato determinati accordi con la Confederazione. Questo modo di procedere è nell’interesse di entrambi.

Va comunque sottolineato che, negli ultimi tempi, la base per le discussioni è costituita dal cosiddetto «Acquis communautaire». Concretamente, i negoziati vertono ormai sulle modalità di inserimento nella legislazione elvetica delle norme europee.

swissinfo: Fino a quando la Svizzera potrà difendere le proprie posizioni in materia di fiscalità, resistendo alla pressione di Bruxelles?

L.G.: La Confederazione sta già facendo parecchi passi indietro, basti pensare che soltanto un paio d’anni fa le autorità affermavano ancora che non vi sarebbe stato alcun margine di discussione su questi temi. Recentemente, invece, ben tre ministri svizzeri si sono spostati a Bruxelles per parlare quasi esclusivamente di fiscalità!

Dal canto suo, la Svizzera cerca di elaborare soluzioni tali da accontentare sia l’Ue, sia i cantoni. Va comunque tenuto presente che anche la Confederazione ha interesse a trovare un accordo con Bruxelles. Le misure adottate in questo senso saranno poi verosimilmente presentate all’opinione pubblica come riforme in ogni caso necessarie, ma questo rientra nel normale marketing politico.

swissinfo: Quali sono le sue considerazioni in vista della votazione sulla libera circolazione delle persone (8 febbraio 2009)?

L.G.: Generalmente, quando deve esprimere il proprio verdetto alle urne, la popolazione ragiona soprattutto in termini di costi e benefici. Per quanto concerne la libera circolazione delle persone, i cittadini hanno potuto constatare che il paese non è stato invaso dagli stranieri e non vi è stata una massiccia perdita di posti di lavoro per gli indigeni.

Ovviamente, qualsiasi votazione concernente gli stranieri, l’apertura delle frontiere e del mercato del lavoro comporta però una forte dimensione emozionale, legata anche alla congiuntura economica e politica. Se – per esempio – la votazione coincidesse con un forte momento di pressione da parte dell’Ue in merito alle questioni fiscali, le carte in tavola potrebbero cambiare.

Personalmente dubito fortemente che la popolazione respinga la libera circolazione, ma è molto difficile formulare previsioni.

swissinfo: In Svizzera, ogni accordo concernente i rapporti con l’Ue viene sottoposto al voto popolare. Questa particolarità non costituisce un freno allo sviluppo dei rapporti tra la Confederazione e Bruxelles?

L.G.: Si tratta certamente di una formula piuttosto macchinosa, ma che nel contempo ha un grande vantaggio, in quanto permette di rinforzare e legittimare l’integrazione della Svizzera in Europa rispettando nel contempo la democrazia diretta.

Di conseguenza, anche se ci fossero state altre vie più rapide – ad esempio per introdurre la libera circolazione delle persone – non penso che nella Confederazione si sarebbe potuto fare a meno di consultare la popolazione. È vero che si avanza in modo più lento, ma l’efficacia è sicuramente maggiore. In definitiva, si tratta della via migliore per collaborare con l’Ue dopo il rifiuto di aderire allo Spazio economico europeo del 1992.

A quel momento, pochi avrebbero probabilmente immaginato che negli anni successivi sarebbero stati conclusi così tanti accordi bilaterali su temi importanti. Inoltre, si tratta di accordi che funzionano a dovere.

swissinfo: A suo parere, quale è la maggiore sfida nelle relazioni tra Svizzera e Ue?

L.G.: La votazione dell’8 febbraio costituirà un vero momento cruciale, poiché essa mette in gioco tutto quanto fatto finora. A parte questo, francamente non vedo una tematica che supera in importanza e complessità quanto è già stato affrontato negli ultimi anni.

Inoltre, non penso che a breve termine vi sarà un dibattito in merito all’adesione della Svizzera all’Ue. Se però la popolazione dovesse rifiutare in febbraio l’accordo sulla libera circolazione, sarebbe necessario ridiscutere completamente la strategia nei rapporti con Bruxelles.

Guardando ancora più in là, la nuova sfida sarà il prossimo allargamento dell’Ue… e la relativa nuova votazione sulla libera circolazione delle persone. Ma questo scenario non si verificherà probabilmente nei prossimi anni.

swissinfo, Andrea Clementi

Laurent Goetschel ha conseguito nel 1993 un dottorato all’Istituto di studi internazionali dell’Università di Ginevra. In seguito, ha lavorato come ricercatore in vari atenei svizzeri e all’Università di Harvard.

A partire dal 1997, ha insegnato scienze politiche all’università di Berna e ha diretto un programma di ricerca del Fondo nazionale concernente la politica estera elvetica. Tra il 2003 e il 2004 è stato consigliere politico della ministra svizzera degli esteri Micheline Calmy-Rey.

Attualmente, Goetschel è professore all’Istituto europeo dell’Università di Basilea e dirige la Fondazione svizzera per la pace.

La Svizzera prosegue la sua politica europea sulla via bilaterale. Dall’Accordo di libero scambio del 1972, la rete di intese è stata progressivamente ampliata.

Gli Accordi bilaterali I (conclusi nel 1999) vertono principalmente sulla reciproca apertura dei mercati in sette settori specifici: la libera circolazione delle persone, gli ostacoli tecnici al commercio, l’agricoltura, i trasporti aerei, i trasporti terrestri, gli appalti pubblici e la partecipazione della Svizzera ai programmi di ricerca dell’Ue.

Gli Accordi bilaterali II (2004) contemplano nuovi interessi economici ed ampliano la cooperazione ad altri settori: la sicurezza interna (Schengen/Dublino), l’ambiente, l’educazione e la formazione, i prodotti agricoli trasformati, la fiscalità del risparmio, le pensioni, la lotta contro la frode, la statistica e la cinematografia.

Nel suo Rapporto Europa 2006, il Consiglio federale (governo) è giunto alla conclusione che, attualmente, un ulteriore sviluppo dei trattati bilaterali esistenti costituisce il miglior modo per preservare gli interessi materiali e gli ideali della Svizzera in linea con la sua politica europea. L’adesione all’Ue rimane pertanto una semplice «opzione a lungo termine».

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