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Cresce la povertà, quanti voti avrà spostato?

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La lettura del voto - la sua analisi, le ragioni del trionfo del "no" al referendum costituzionale, gli errori personali e tattici di Renzi - è durata poco. Certo, si deve guardare immediatamente al futuro. Un coro favorevole ad elezioni anticipate. Ma quando? Improponibili - dice il presidente Mattarella - prima di procedere alla riforma della legge elettorale. Infatti, come fai a rinnovare il parlamento se voti con due diversi sistemi, una per la Camera dei deputati e un'altra per il Senato? E come ti muovi se prima la Consulta non si pronuncia sulla costituzionalità dell'Italicum votato a Montecitorio?

Si dice che Renzi, convinto di vincere, lasci una situazione istituzionale così complicata che nemmeno se l’avesse studiata a tavolino per far dispetto ai suoi rivali vittorioso. E c’è un’altra incognita: sicuri che vogliano precipitarsi alle urne alcune decine di parlamentari che, se la legislatura non si trascinasse fino alla scadenza naturale del 2018, perderebbero il ricco vitalizio parlamentare?

Intanto, si rischia di perdere di vista, dietro la cortina fumogena delle ipotesi più ragionevoli (accelerare la riforma elettorale), più furbesche (per esempio dei Cinque Stelle, prima feroci avversari dell’Italicum e ora disposti ad applicarla anche al Senato), o più calcolatori (appunto la conquista della doppia pensione per gli uscenti), c’è il rischio di nascondere uno dei motivi più profondi dell’esito della consultazione. E questo motivo ha un nome semplice e drammatico: si chiama povertà. Quella povertà in cui finiscono sempre più italiani. Quindi, non solo il tirar di cinghia, il disagio sociale, le rinunce obbligate facendo la spesa. No, proprio la povertà. In cui già vivono quattro milioni di abitanti. Lo dicono le statistiche. Negli ultimi anni, aggiornate sempre in peggio.

Ma non basta. Proprio mentre gli italiani venivano chiamati alle urne, due rapporti (CENSIS e ISTAT) rilanciavano un allarme di cui si è parlato poco, pochissimo. Cosa dice questo allarme che meriterebbe maggior attenzione: l’anno scorso la popolazione “a rischio povertà” è salita al 29 per cento, pari a 17,5 milioni di individui. Un italiano su tre. Al Sud la percentuale sale addirittura al 46 per cento. La “soglia” della povertà viene calcolata sulla base di un ventaglio di privazioni e problemi (debiti accumulati, impossibilità di affrontare spese non previste, numero di pasti proteici, volontaria riduzione delle visite mediche, eccetera) che decide a quanti passi, o a quanti centimetri, sei dall’orlo del precipizio. In testa alla classifica, Sicilia, Puglia, Campania.

Così Roberto Saviano scrive che al referendum “ha perso la politica che ignora il Sud”, e non si tratta solo di Renzi. Si erano fatte molte ipotesi, alla vigilia della consultazione, sui fattori che avrebbero “spostato” i voti in un senso o nell’altro: città e campagna, vecchi e giovani, istruiti e scolarizzati, e naturalmente anche sul peso degli italiani all’estero. Ma quanti voti contro il governo ha spostato una povertà così diffusa e crescente? Quanto ha pesato il vistoso aumento delle disuguaglianze? Quanto il fatto che cresce il divario fra il 20 per cento più ricco che possiede il 40 per cento dei redditi totali?

Ok, ora torniamo ad interessarci del teatrino della politica.

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