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La Svizzera litiga sull’obbligo di vaccinazione

Le nuove disposizioni sulle possibilità di rendere obbligatorie delle vaccinazioni in Svizzera sono controverse: il parlamento le ha approvate, ma l'ultima parola spetta al popolo. Keystone

Le vaccinazioni tornano al centro dei dibattiti in Svizzera, paese dove suscitano parecchie diffidenze. Fonte di discordia stavolta è il disciplinamento dell’obbligo, che verrebbe modificato con la revisione della Legge sulle epidemie. Il destino di quest’ultima è nelle mani del popolo.

Moltiplicazione degli scambi e grande mobilità a livello internazionale, crescita dell’urbanizzazione e mutamenti climatici: le trasformazioni delle condizioni di vita degli ultimi decenni hanno comportato anche un’amplificazione e un’accelerazione della diffusione di malattie trasmissibili. Un’evoluzione planetaria che non ha risparmiato la Svizzera.

L’apparizione di nuovi virus e di nuove caratteristiche di agenti patogeni – che nelle memorie collettive hanno lasciato impressi soprattutto acronimi e nomi quali SARS, polmonite atipica, H5N1, influenza aviaria, H1N1, influenza suina – ha evidenziato il bisogno di adeguare strumenti e strategie di sanità pubblica. Premessa indispensabile per prevenire, individuare precocemente, controllare e lottare efficacemente contro le malattie trasmissibili era l’adattamento delle basi legali alle esigenze attuali.

La Legge federale sulle epidemie (LEp) attualmente in vigore, infatti, risale al 1970 ed è ormai superata. In seguito a una sollecitazione dei direttori cantonali della sanità, il governo federale ha trasmesso al parlamento un progetto di revisione totale. La nuova normativa ripartisce in modo più chiaro i compiti e rafforza il ruolo direttivo strategico, di coordinamento e di controllo della Confederazione. L’esecuzione delle misure è ancora affidata ai Cantoni, ma viene istituito un organo permanente di coordinamento per migliorare la cooperazione.

In parlamento il testo ha avuto il sostegno di tutti i partiti ed è stato approvato nettamente: con 149 voti contro 14 e 25 astensioni alla Camera del popolo e con 40 voti contro 2 e 3 astensioni alla Camera dei Cantoni.

Rinviata alle urne

Dopo la decisione parlamentare, si è ripetuto quasi lo stesso scenario dell’anno precedente con la revisione della Legge sulle epizoozie, vale a dire sulle epidemie degli animali. Come allora, Daniel Trappitsch, un naturopata che presiede un’associazione critica nei confronti delle vaccinazioni, e i suoi accoliti hanno impugnato il referendum.

Questa volta, però, il fronte si è allargato: si sono mobilitati anche altri gruppi, tutti dell’area di destra conservatrice, anche se con argomenti diversi.

In totale i diversi promotori hanno raccolto più di 77mila firme valide. Il referendum è dunque riuscito e la nuova legge sarà sottoposta a votazione popolare il 22 settembre.

Vaccinazione obbligatoria non deve essere confusa con vaccinazione coatta. Nessuno può essere forzato a vaccinarsi contro la propria volontà. Anche la nuova Legge sulle epidemie (nLEp) non prevede multe o pene privative della libertà per chi rifiutasse una vaccinazione dichiarata obbligatoria. Ma per esempio, per proteggere i pazienti da una pericolosa malattia infettiva, il personale sanitario che rifiuta di vaccinarsi può non più essere impiegato in reparti sensibili.

Un obbligo contestato

Le ragioni degli avversari sono eterogenee. Ma il punto su cui converge la maggioranza degli oppositori, anche quelli di sinistra che non hanno partecipato al referendum, è l’introduzione della possibilità per la Confederazione di rendere obbligatoria una vaccinazione. Un diritto che oggi hanno solo i Cantoni. La questione aveva suscitato un dibattito controverso anche in parlamento.

“Qui c’è un ampliamento delle competenze che non è opportuno”, dichiara Yvonne Gilli, relatrice della commissione preparatoria della Camera del popolo. Medico di professione, la deputata Verde avrebbe voluto accordare al governo federale la facoltà di dichiarare obbligatoria una vaccinazione soltanto se c’è una “situazione straordinaria” e revocarla completamente ai cantoni.

All’articolo 6, la nLEp stabilisce che “vi è una situazione particolare se:

a. gli organi esecutivi ordinari non sono in grado di prevenire e di combattere la comparsa e la propagazione di malattie trasmissibili e vi è uno dei seguenti rischi:

1. un rischio elevato di contagio e di propagazione,

2. un particolare pericolo per la salute pubblica,

3. un rischio di gravi conseguenze per l’economia o per altri settori vitali;

b. l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha accertato l’esistenza di una situazione sanitaria d’emergenza di portata internazionale che rappresenta una minaccia per la salute pubblica in Svizzera”.

“In realtà è la legge attuale che dà ampio potere ai cantoni di rendere obbligatorio un vaccino per tutta la popolazione e in una situazione normale”, obietta l’altro relatore della commissione, Ignazio Cassis. Anch’egli medico, il deputato liberale radicale rileva che con la revisione, la facoltà di dichiarare obbligatoria una vaccinazione viene “limitata, precisata e contestualizzata”.

La nuova LEp prevede che “se esiste un pericolo considerevole, i Cantoni possono dichiarare obbligatorie le vaccinazioni di gruppi di popolazione a rischio, di persone particolarmente esposte e di persone che esercitano determinate attività”. La Confederazione può dichiarare l’obbligo per questi gruppi e persone, se c’è una “situazione particolare”, dopo aver “sentito i Cantoni”.

Un obbligo già a livello di situazione particolare, secondo Yvonne Gilli, “non è giustificato da considerazioni epidemiologiche”. Nelle nuove disposizioni, la parlamentare ecologista vede il rischio di un aumento delle “pressioni a favore dei criteri economici e non a quelli epidemiologici”.

Altre preoccupazioni

Gli interessi economici dei programmi di vaccinazione sono infatti notevoli: “possono rappresentare milioni di dosi”, osserva. Tuttavia Yvonne Gilli si distanzia nettamente da tesi di complotti che vedrebbero le autorità svizzere e l’Organizzazione mondiale della sanità al soldo delle industrie farmaceutiche. Così come si discosta decisamente da chi contesta l’efficacia di tutti i vaccini.

“È inevitabile che ci si preoccupi che le decisioni dello Stato non siano influenzate da interessi economici di parte”, commenta Cassis. Il medico ticinese sottolinea però che i meccanismi di controllo funzionano, “la trasparenza è totale” e “il rischio è ridotto al minimo”.

Quanto all’argomento di alcune sezioni giovanili dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), secondo cui con il rafforzamento dei poteri della Confederazione si “calpesta il federalismo”, il deputato liberale radicale replica: “Di fronte ai germi che non si fermano ai confini dei cantoni, penso che il buon senso debba potermi fare rinunciare a un po’ di federalismo, cui io tengo molto, per essere meglio equipaggiati e difendersi meglio dalle epidemie di malattie trasmissibili”.

Un’opinione ampiamente condivisa da Yvonne Gilli, la quale spiega che le uniche disposizioni della nuova LEp che lei contesta sono quelle relative alle vaccinazioni obbligatorie. “Sono convinta che se questa revisione sarà respinta, tutta la parte incontestata della nuova legge potrà essere attuata. Bocciandola, diciamo chiaramente che non vogliamo un obbligo di vaccinare in questa forma”.

Le modifiche nella ripartizione dei compiti e riguardo alle vaccinazioni obbligatorie non sono le uniche innovazioni introdotte dalla revisione.

Tra le novità, la nLEp prevede la possibilità di elaborare e attuare programmi nazionali in materia di resistenze degli agenti patogeni e di infezioni nosocomiali.

La nLEp permette un’

informazione differenziata e approfondita

della popolazione sulle malattie infettive, tra cui le malattie sessualmente trasmissibili. La Confederazione può informare anche nelle scuole.

Quanto all’argomento di alcune sezioni giovanili dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), secondo cui con il rafforzamento dei poteri della Confederazione si “calpesta il federalismo”, il deputato liberale radicale replica: “Di fronte ai germi che non si fermano ai confini dei cantoni, penso che il buon senso debba potermi fare rinunciare a un po’ di federalismo, cui io tengo molto, per essere meglio equipaggiati e difendersi meglio dalle epidemie di malattie trasmissibili”.

Un’opinione ampiamente condivisa da Yvonne Gilli, la quale spiega che le uniche disposizioni della nuova LEp che lei contesta sono quelle relative alle vaccinazioni obbligatorie. “Sono convinta che se questa revisione sarà respinta, tutta la parte incontestata della nuova legge potrà essere attuata. Bocciandola, diciamo chiaramente che non vogliamo un obbligo di vaccinare in questa forma”.

“Nel 1882, la legge federale  sulle epidemie, che includeva la proposta di vaccinazione obbligatoria, venne respinta da quasi l’80% dei votanti in occasione di un referendum. Attorno al 1883, la forte opposizione ai vaccini portò addirittura all’abolizione della vaccinazione obbligatoria in diversi cantoni della Svizzera tedesca. Gli oppositori sollevarono in primo luogo obiezioni di ordine sanitario, come ad esempio gli effetti secondari dei vaccini, causa di altre malattie. La legge sulle epidemie del 1886 (riveduta nel 1970), lasciò ai cantoni la responsabilità di organizzare campagne di vaccinazione e di introdurne l’obbligo; la maggior parte rinunciò a renderle vincolanti”.

Fonte: Dizionario storico della Svizzera

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